Dubioza Kolektiv – #fakenews [Recensione]

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Fake news è il nuovo album dei Dubioza Kolektiv, una delle formazioni più importanti della scena balcanica. Il suo sound, inconfondibile, affonda le radici nella tradizione antagonista tanto cara ai ragazzi cresciuti tra la fine degli anni 90 e i primi duemila.

Un sound tanto caro al movimento no global che aveva in artisti come Manu Chao uno dei suoi nomi di riferimento.

Non a caso la prima canzone che apre l’album dei Dubioza Kolektiv “Cross the line” vede il featuring dell’artista francese. Il titolo del disco allude al bombardamento mediatico che porta a deviare molti dalla retta via dell’informazione sana e della narrazione scevra da contaminazioni dolose. Sono gli stessi componenti della band a spiegare l’idea alla base del loro ultimo lavoro:

Nell’era delle bufale on line, del giornalismo acchiappaclick, della propaganda e disinformazione, è difficile capire quale sia la verità. Questo è il motivo per cui le nostre canzoni cercano di ridimensionare e ridicolizzare il fenomeno delle fakenews: immigrati e rifugiati non fanno parte di una grande cospirazione, la marijuana non è una droga di ingresso verso sostanze più pesanti, i robot non ci porteranno via il lavoro e l’intelligenza artificiale non conquisterà il mondo a breve. Quello che invece è più probabile è che la letale combinazione di avidità politica e cambiamento climatico renderanno il mondo sempre più inospitale in un futuro non poi così distante”.

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I Dubioza Kolektiv nascono nel lontano 2003, in Bosnia ed Erzegovina, insieme alle sonorità locali dei Balcani, mescolavano influenze musicali provenienti da tutto il mondo come ska, punk, reggae, elettronica, hip-hop. Altra figura imprescindibile per una formazione di quella provenienza è di certo Goran Bregovic, ma i Dubioza fattisi strada a colpi di live epici hanno saputo ingrandire i loro orizzonti musicali quasi a sfociare nella dance.

I brani dei Dubioza Kolektiv sono in inglese, spagnolo e un ironico esperanto che mescola parole comprensibili da chiunque. Una sorta di linguaggio migrante che fotografa perfettamente il meltin’-pot musicale pienamente in linea con la loro visione del mondo. Si diceva in principio che questa band è la logica continuazione di quel movimento no global che si è perso dopo i primi anni del duemila, #fakenews porta il livello del confronto sulle nuove tecnologie e sui linguaggi nati dalle macerie di quegli anni. Degna di nota è anche la citazione del Pinocchio di Collodi nella copertina mai tanto azzeccata. Dentro questo aggiornamento musicale però convivono tante tracce di quello che c’è stato prima. Un album che, nel complesso, riesce a tenere sempre alto il ritmo senza concedere nulla a discapito della qualità e della varietà dei brani.

Raffaele Calvanese
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