Alskar di Nina Nesbitt: l’amore caleidoscopico [Recensione]

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Alskar è il nuovo album di Nina Nesbitt, uscito il 2 settembre 2022 per Cooking Vynil.

Nina Nesbitt ha esordito nel mondo del pop internazionale nel 2014, ma non è mai riuscita ad affermarsi a differenza di molti altri artisti con i quali ha condiviso gli anni della gavetta. Complice il dilemma interiore che lei e molti altri cantanti nati come scrittori di canzoni altrui condividono: vale la pena lanciarsi da soli o continuare a scrivere per artisti più famosi?

Nonostante alcuni suoi abbiano scalato classifiche e l’abbiano resa un nome noto, è con Alskar (uscito questo 2 settembre) che spera di affermarsi all’interno della scena pop internazionale. L’album è stato prodotto durante la pandemia, è nato dopo un viaggio in Svezia in cui l’artista è andata a trovare la nonna, ma ha necessitato di duro lavoro in questi anni per essere perfezionato. Diverse sessioni sono state portate avanti da remoto, ci sono stati più ostacoli (come un altro viaggio in programma dell’artista, annullato causa pandemia), ma si nota sin dal primo ascolto che dietro a questi brani c’è grande impegno. La collaborazione con i produttori produttori Jack & Coke, SHY Martin alla scrittura e Manon Grandjean al mixer sono una garanzia di qualità, ma sono i testi che colpiscono per la loro sincerità e

Alskar si apre con Gaol, contenente un minuto di modi per dire “I love you”. È sempre interessante quando un album si apre con un’introduzione non musicata, ma ho particolarmente apprezzato questa: l’artista ha descritto Alskar come contenente canzoni su diversi amori e in quest’introduzione si possono sentire non solo diverse voci, ma anche diverse lingue, suoni e versi di animali. È un primo modo per dire che l’amore è intorno a noi in molti modi diversi. Per realizzarlo, Nina ha chiesto ai fans di mandare note audio in cui dicevano le tre parole più importanti al mondo. Il titolo significa amore in gaelico scozzese, l’artista infatti voleva iniziare e chiudere l’album con la stessa parola. 

Il primo brano di Alskar è Teenage Chemistry, ritmato ed orecchiabile, e racconta di una relazione con toni famigliari che rimandano ai primi amori adolescenziali. Serate passate ad ascoltare musica, la ricerca di mantenere privato ciò che si vorrebbe urlare al mondo, sentirsi liberi e capiti solo l’uno dall’altra… L’artista chiede di poter continuare a sentirsi come quando aveva 18 anni. Un brano carino come apertura, ma decisamente non uno dei migliori dell’album. No time (for my life to suck) arriva subito dopo ed è parte delle ragioni per cui il primo brano non convince: questo brano è infatti molto più particolare dal punto di vista del sound, si distacca dal pop per muoversi verso un sound più alt e racconta di sentimenti molto più complessi rispetto a quelli del primo brano. La paura di avvicinarsi a qualcuno perché si tratta di un salto nel vuoto e il bisogno di considerare se ci si possa permettere di soffrire mentre si stanno gestendo già situazioni complesse è un sentimento comune a molte donne e ci sono pochi brani disposti ad andare così in profondità e a parlare di argomenti così specifici. Questo è il primo brano che lascia intendere la maturità dell’artista in termini di scrittura e la sua voglia di mettersi a nudo con essa. Anche Pressure Makes Diamonds è una canzone definitivamente introspettiva ed autobiografica, per questo forse molto meno condivisibile per il pubblico. Il ritmo anni ’80 e il ritornello efficacissimo lo rendono però uno dei gioiellini dell’album: è stato uno dei primi singoli rilasciati dall’artista, giustamente. Insieme alle problematiche dovute alla carriera particolare, Nina non teme di esporre anche la difficoltà di essere una bella donna che spesso viene relegata alla diade santa – puttana, in quel gioco a perdere che tutte conosciamo bene. Non è difficile credere che la carriera musicale obblighi le donne a fare i conti maggiormente col loro aspetto e soprattutto con la loro reputazione: questa canzone mostra chiaramente l’intersezione di due tensioni proprie all’artista, quella di cercare di trasparire il più chiaramente ed efficacemente su carta e pentagramma, insieme a quella di non essere percepita come un essere monodimensionale solo sulla base delle sue relazioni e del suo aspetto.

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Dinner Table, la quinta canzone di Alskar, è uno dei brani che più parlano di amore, senza quasi mai nominarlo e senza parlare di una relazione amorosa. Il brano parla di tre generazioni di donne: Nina, la madre e la nonna. L’artista si confronta all’una e all’altra, si cerca nelle loro scelte e impara dai loro errori, più spesso li ripete e se ne accorge solo più avanti. È il brano più particolare dell’album e promette di portare alle lacrime.

When you lose someone parla della perdita: di un amore, di una persona cara, di qualcuno di importante che per qualche motivo se ne va. È un brano molto d’impatto nonostante le sue parole siano semplici, una triste ballad che descrive ciò che l’artista ha imparato della perdita e come gestirla. I should be a bird è un altro brano interessante, che racconta di una relazione in cui l’artista si sente intrappolata perché non riesce ad uscirne come vorrebbe. È troppo ferita per poter tornare a camminare solo sulle sue gambe, ma stanca di dover gestire situazioni pesanti causate dal partner. Colors of you è la più bella ballad dell’album:

“They might only see you in black and white, but I’ll never do.

I’m in love with the colors of you”.

L’amore è raccontato nella sua forma più forte e prorompente in Alskar, la musica diventa più intensa con l’intensificarsi delle emozioni descritte nel testo e la voce dell’artista si sposa perfettamente con lo stile e la melodia. La forza di Nina Nesbitt non è infatti data da una voce particolarmente riconoscibile o uno stile fuori dal comune, ma dalla sua intelligenza nel creare brani che per quanto famigliari risultano perfetti. I suoi testi così specifici non possono essere condivisi da tutti, solo alcune delle scene particolari possono essere capitate ad ognuno, ma quando ci si riconosce scatta la scintilla e non si può non innamorarsi del brano che più si sente vicino. Cita tra le sue più grandi influenze Taylor Swift, una delle più grandi cantautrici del momento, in una delle ultime interviste rilasciate, dicendo che è stato grazie a lei se ha preso in mano la chitarra a quindici anni. Limited Edition è un brano orecchiabile molto pop con un testo che emana sicurezza in cui l’artista parla di serate passate in clubs fino a tardi e di come non si scomponga se qualcuno la guarda con sguardo giudicante: “Who are they kidding? I’m limited edition”. Anche questa è schiacciata tra due canzoni molto più efficaci, è seguita infatti da Older guys: un brano sicuramente autobiografico in cui l’artista racconta di una relazione sbilanciata in cui il partner, molto più grande, ha approfittato della sua innocenza e ha sfruttato il suo bisogno di mostrarsi all’altezza per umiliarla. “I feel fucking stupid that I was crying over older guys”, sospira Nina ora guardando indietro con la maturità della donna che allora non era, ma che per fortuna è diventata – da sola. Heirlooms riprende il filone delle aspettative sociali che Pressure Makes Diamonds introduceva, ma è una riflessione più matura sulla maternità alla quale l’artista ha pensato molto nel periodo finale della scrittura. È una “lettera a un bambino (ancora) mai nato”, scritta in collaborazione Zoom con Scot Dave Gibson, da poco diventato padre.

La canzone finale dà il nome all’album, Alskar, ed è un’altra tra le più forti: l’artista si rivolge al suo partner, con cui per la prima volta vede davvero un futuro, “I’ll give you my heart, let’s tear it apart”. È uno dei pezzi più interessanti in termini di produzione, gli strumenti annoverano corni e trombe per dare una sensazione di grandiosità e conferire al brano l’importanza un po’ sacrale che una bella chiusura deve avere.

Non ci sono brani mal riusciti in Alskar: ogni canzone è un pezzo a sé, ma è anche armoniosamente inserita all’interno della collezione. Salvare solo un alcuni brani su Spotify sembra un tradimento, perché sono interconnessi come parti di un cuore pulsante. Questa è l’immagine che si associa a questo album, quella di un organo pulsante, che nello sforzo conferisce vita.

Giulia Scolari
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