Quando è arrivato al cinema all’inizio del nuovo millennio, Le Fate Ignoranti ha avuto un impatto notevole sulla nostra società. Non solo per la storia che ha portato sul grande schermo ma per il fatto di aver raccontato delle persone che andavano a rompere quella comfort zone che si era creata il “pubblico medio”. A distanza di oltre vent’anni, il regista ha deciso di riprendere in mano quelle avventure tratte proprio dal film, realizzando uno spettacolo maestoso per Disney Plus.
A dir la verità avevo un po’ timore nel guardarla, questo per il bel ricordo che ho della pellicola. L’dea che si potesse distruggere un classico mi metteva un po’ d’ansia, ma così non è stato. Ferzan Ozpetek – assieme a Gianni Romoli – è riuscito nell’impresa di dare alla serie un senso di esistere, gli ha regalato una nuova vita. Non è stato affrettato o superficiale, ma ha utilizzato l’estrema minuzia nei particolari, realizzando un drama comedy brillante.
“Hai fatto bene ad accettare questo invito, sarà un viaggio bellissimo”
È sbagliato pensare che Le Fate Ignoranti racconti storie della comunità LGBTQ+, non è così. Parla di tante di amori che si intrecciano ed evolvono nell’arco di otto episodi.
Il deus ex machina della serie tv è lo stesso del film: Antonia (Cristiana Capotondi) è una donna elegante e raffinata rimasta vedova dopo la morte improvvisa di Massimo (Luca Argentero), al dolore della perdita deve associare anche la notizia della relazione extraconiugale del marito con Michele (Eduardo Scarpetta), un giovane artista che aveva “condiviso” l’amore della sua vita per un anno con quella donna apparentemente algida e “sciapa”.
Dapprima sconvolta, Antonia entrerà in punta di piedi nella vita di quel ragazzo grazie ad un quadro firmato “la tua fata ignorante” e a quella dei suoi eccentrici e pittoreschi amici, che per lui sono una vera famiglia. È proprio grazie a loro che Antonia scoperchierà il vaso di Pandora e si lascerà travolgere da quell’uragano di passioni, emozioni, amori e dolori. Riuscirà così a scoprire un lato di sé stessa che fino a quel momento era nascosto, imparando ad amare di nuovo.
Questa volta il regista ha voluto dare spazio a tutti coloro che vivono intorno alla casa di Michele. Ed è proprio questo il punto di forza de Le Fate Ignoranti di Ozpetek: il cast.
I personaggi secondari acquistano spazio, carattere e trama rispetto al film, diventando di fatto una serie corale di alto profilo. È intorno a questo gruppo che viene approfondito il triangolo Michele-Massimo-Antonia. Ci troviamo davanti non solo due punti di vista, ma quello di tutto il gruppo, come se fosse una grande storia di amore e sostegno reciproco: una famiglia che litiga, discute, soffre, sorride, ama. Ma che, nonostante i problemi della vita, riescono ad uniformarsi perfettamente, facendo emergere una sottile e stupefacente coralità.
Uno dei momenti più belli de Le fate Ignoranti è proprio legata al gruppo, a quando si sono resi protagonisti di un emozionante e liberatorio ballo sul terrazzo sotto le note di Mil Pasos, abbandonandosi per pochi istanti e mettendo da parte le preoccupazioni della quotidianità, accogliendo una spensieratezza ed una pace interiore trascinante, seppur temporanea.
Ozpetek ci presenta l’inedita coppia composta dalla psicologa Roberta (Anna Ferzetti) e dalla cartomante Annamaria (Ambra Angiolini), ma ci fa ritrovare anche il personaggio di Serra Yilmaz, protagonista di un bellissimo risvolto sul finale. Uno dei pezzi forti è certamente Luisella (interpretata da una strepitosa Paola Minaccioni) capace di dare quel pizzico di volgarità, ma allo stesso tempo mostrandosi adorabile nella sua semplicità. Meravigliosa è stata anche Carla Signoris che ha portato sullo schermo una Veronica – mamma di Antonia – irriverente e sorprendente.
Le Fate ignoranti è una “lezione di vita” attraverso lo sguardo intimo del regista sui due mondi di Antonia e Michele, dove la colonna sonora, guidata dal brano Buttare l’amore di Mina, culla la storia e la arricchisce dando allo spettatore il tempo di riflettere ed assimilare quanto stava vedendo. C’è una cura maniacale nella scenografia e fotografia che riesce a creare quell’atmosfera familiare ed etnica, una minuzia della regia nel raccogliere i primi piani che riescono ad entrare nel cuore dei personaggi.
Ozpetek sapeva benissimo quello che aveva creato vent’anni fa e per questo non l’ha stravolto o travestito con qualcosa di diverso, ma l’ha approfondito. Ho ritrovato la stessa voglia di scuotere gli animi dei più bigotti e tradizionalisti, facendoli entrare all’interno di una famiglia atipica attraverso gli occhi della borghesia rappresentata da Antonia. La storia è la medesima ma presentata in maniera discorde, più moderna, d’altronde ci separano due decenni dal film.
Grandi tavole imbandite, stoviglie dai colori accesi, storie d’amore che si intrecciano nella splendida cornice romana, quel terrazzo che crea una sorta di comune conviviale, dove confidenze, risate, problemi e discussioni sono l’appuntamento fisso della domenica a pranzo. Questo è lo scenario perfetto delle opere di Ozpetek che, ancora una volta, si manifesta profeta in patria. Un cineasta capace di narrare gli eventi con taglio tragicomico, fatte di risate amare e grandi compagnie, mettendo l’accento sui linguaggi non verbali, dove gli attori parlano con gli occhi.
In un vortice di lacrime e risate, Le fate ignoranti è quella serie che urla amore in tutti i sensi, senza mai essere banale, volgare e sessualmente esplicita, ma sempre molto romantica e profonda in ogni sua forma. È lo spettacolo per chi ha amato il film del 2001 e vuole approfondirne meglio la storia, tornando su quella terrazza carica di emozioni e sentimenti. Ma è un’opera anche per chi non si è imbattuto nel film e vuole essere travolto dal genio ozpetekiano. È una sorta di terapia di gruppo sui generis per l’elaborazione del lutto, un messaggio potente nel quale si legge speranza e voglia di tornare ad amare, nonostante un evento devastante.
Ed e forse nella serialità che abita la forma più alta d’espressione di Ozpetek, dove riesce ad esprimersi e ad innescare meccanismi che a volte nei suoi film lascia intenti, a ragion di logica, sviluppando le sottotrame e raccontando un pezzo anche delle sue origini, come si vede nell’ultimo episodio. Anche perché “per raccontare una grande storia d’amore non basta una vita”.
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Hai detto bene… la serialità è la dimensione perfetta per Ozpetek…. era già perfetto nei film, ma qui è stato meraviglioso! Bella recensione fantastica!!!