Paolo Virzì ha firmato un’opera urticante e claustrofobia, una commedia corale angosciante. Siccità getta uno sguardo su un futuro apocalittico e premonitore, consegnandoci un paese desolante che corre verso la deriva.
Presentato fuori concorso alla 79. Mostra del Cinema di Venezia, Siccità è un film pensato quando le strade della Città Eterna erano deserte a causa del lockdown. Un’opera che porta la firma di Paolo Virzì, sempre geniale nel raccontarci un’umanità senza pietismo né moralismo, un maestro nel mischiare commedia e dramma. Un lavoro scritto insieme alla regista e sceneggiatrice Francesca Archibugi, allo sceneggiatore Francesco Piccolo e allo scrittore Paolo Giordano.
Siccità è un lavoro corale che si svolge nella soffocante e inaridita Roma, dove non piove da tre anni e le acque del Tevere sono ormai un remoto ricordo. È qui che la città pullula di esseri umani disperati, arrabbiati, ipocriti, mitomani, spaventati, vanitosi, egocentrici, meschini. Sulle note della canzone di Mina Mi sei scoppiato dentro il cuore, si rimarca apertamente che il disastro climatico e l’ambiente isterico ed egoista è una evoluzione delle azioni umane.
È in questo scenario che facciamo la conoscenza di Antonio (Silvio Orlando), un uomo di mezza età che non vuole lasciare il carcere dove è rinchiuso ormai da anni, se non per riavvicinarsi alla figlia. Poi c’è Alfredo (Tommaso Ragno) un ex attore finito nel dimenticatoio che colleziona like sui social con le sue menate populiste mentre vive mantenuto dalla moglie Mila (Elena Lietti), cassiera che si consola con una storia clandestina.
Tra i personaggi più interessanti c’è Loris (Valerio Mastandrea), un conducente per turisti ed ex autista dei politici, un uomo alle prese con la convivenza fantasmatiche, e poi un ex sarto di lusso (Max Tortora) che è finito in disgrazia e vive in auto con il suo cane, e Sembene (Malich Cisse), un giovane immigrato.
Poi c’è Sara (Claudia Pandolfi), una dottoressa ‘terminator’ che lavora al pronto soccorso e che all’improvviso si ritrova a fare i conti con una nuova epidemia, mentre riflette sul suo futuro familiare con il marito Luca (Vinicio Marchionni), elegante avvocato che frequenta un’altra donna. Nello stesso ospedale c’è Giulia (Sara Serraiocco), una infermiera in gravidanza che vuole continuare a lavorare anche per evitare il compagno violento Valerio (Gabriel Montesi), un bodyguard che viene assunto dalla ricca e borghese Raffaella (Emanuela Fanelli), giovane ragazza che proverà ad ‘alzare la voce’ in una famiglia che la denigra.
E poi troviamo Valentina (Monica Bellucci), una diva affascinante e patinata che irretisce con il suo sex appeal un importante e compassato scienziato (Diego Ribon) che si dimentica ben presto dei suoi nobili valori per correre dietro alle apparenze brillantate anche di fronte ad una catastrofe naturale evidente ed allarmante. Un esempio lampante di quanto viviamo in una realtà disincantata che anche chi dovrebbe cogliere e raccontare le problematiche si lascia abbindolare, fino a scordarsi della propria missione.
Con quel suo immancabile guizzo, che fugge da ogni tipo di artifizio, Virzì riesce a far collegare dieci storie con abilità e con un montaggio serrato, inquietante e satirico. Ha regalato agli intrecci e alle relazioni un carattere rossiniano, allineando le vicende, una catarsi che mia aveva fatto amare l’opera meravigliosa che è Il Capitale Umano. Nel complesso, è un melodramma moderno ambizioso e intelligente, con quella vena di cinismo utile per rendere la pellicola angosciante.
Una nota di merito al lavoro speciale e straordinario fatto sulla fotografia firmata dal maestro Luca Bigazzi che riesce a dare all’azione una svolta frenetica e soffocante, soprattutto nel ritrarre la Città Eterna come se fosse un deserto umanizzato, con quel colore giallo che ci investe di una profonda agonia e ansia su presente/futuro distopico ed inquietante.
Lodevole la scelta di un cast a fuoco sulla trama, non ce n’e uno che non si sia sentito parte della storia. Attori che hanno saputo dare forza a personaggi complicati, un’ensemble forte su tutta la linea che ci ha restituito le vite complicate di persone comuni: medici, infermieri, attori, autisti, detenuti, avvocati, politici, studenti, immigrati, bodyguard. Tutti loro sono collegati da un filo rosso epidemico causato dall’emergenza climatica e che garantiscono, al tempo stesso, una profonda riflessione sul tempo di oggi.
In definitiva, Siccità è un film illuminante, straniante, urgente e magnificamente messo in scena. Non è perfetto, ma e lontano da quei classici luoghi comuni e qualunquismi che può portare questa tematica. Un’opera corale foriera di situazioni che ballano tra il sarcastico ed il tragico e che vede tutti i difetti, ma anche i pregi, dell’umanità in situazioni che sfiorano il paradossale, ma che ci fa comprendere che una redenzione è possibile in questa terra desolata che sembra senza futuro.
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Spunto intelligente ed interessante, scenografia ottima, effetti speciali fantastici, cast eccezionale, i personaggi ben caratterizzati, ma le scene si susseguono rapidamente in modo frammentario e superficiale per poi ben ricollegarsi nel gran finale. Mastandrea capace solo di fare sé stesso, come suo “fratello maggiore” Giallini. Tre stelle su cinque.