“Un giorno capiranno chi sei veramente”
“Perché, chi sono?”
“Tu sei il fabbricante di lacrime”
*entra in scena Christian De Sica* “Estica-…”
Ah no.
Io ero partita con le migliori intenzioni, giuro, quando ho deciso di vedere Fabbricante di lacrime: ci ho provato a mettere da parte l’opinione che ho del libro da cui è tratto (una delle cose peggiori che abbia letto nel 2022), e visti anche i commenti al vetriolo su Threads mi sono detta ehi, magari è un trash sano e divertente come Twilight.
Sto rimpiangendo Kristen Stewart e la sua faccia da triglia morta. E anche un po’ le fiction italiane stile L’onore e il rispetto, perché qua di rispetto non ce n’è proprio per niente, e nemmeno di onore.
La trama e i personaggi
Nica (Caterina Ferioli) resta orfana in un incidente stradale, la spediscono in un collegio che a confronto Heidi a Francoforte era a un rave party, il Grave (così si chiama questo ridente edificio a là Addams), dove tutti sembrano usciti dal set di Mercoledì (okay che il film è su Netflix, ma non mi sembra giusto riciclare anche le comparse) e dove la proprietà privata non esiste (Karl Marx ne andrebbe fiero). C’è un flash forward, a diciassette anni Nica viene adottata da una coppia che (sorpresa!) decide di prendere con sé anche Rigel (Biondo, quello di Amici, che qui non è più biondo), altro orfano dall’allegria contagiosa (nel senso di contagiosa tipo il vaiolo o una malattia così, potenzialmente letale e infestante) e che suona il pianoforte come un angelo sceso in terra (d’altronde, non è che potevano avere lì Biondo a caso, doveva almeno suonare il pianoforte).
Peccato che Nica e Rigel non si sopportino, e lui le sussurri minacciosamente di stargli lontano per qualcosa come il settanta percento del film. Un po’ come faceva Edward con Bella in Twilight, no? Ma almeno Edoardino aveva un motivo abbastanza lecito per respingere la cara Isabella Marie Swan, qui Rigel sembra solo… estremamente infastidito dall’umanità in generale, ma soprattutto da quella mezza pippa di Nica. E dico mezza pippa con tutto l’affetto possibile, eh.
In pratica sto ragazzo ha la scritta MALESSERE impressa sulla fronte, e ovviamente le ragazzine gli vanno appresso come le zanzare con lo zampirone. Lui ha anche un tenero soprannome per Nica, Falena… perché Nica è il nome di una farfalla. Ho già detto che è un gran burlone, no? E anche piuttosto abituato alle risse, dato che ogni tre per due fa a botte con qualcuno. Si diverte anche ad acchiappare inermi farfalline e a fingere di ammazzarle, pura poesia cinematografica.
Nica invece è una specie di Biancaneve con l’istinto di sopravvivenza di un gatto in tangenziale, lei salva animali indifesi sentendosi San Francesco d’Assisi e fa la crocerossina con Rigel anche se lui è adorabile quanto un orso assetato di sangue. Gira coi cerotti in borsa e li colora coi pennarelli, si vede che è cresciuta guardando Art Attack con Giovanni Muciaccia e Neil il Grande Artista.
Ho già detto che ha anche dei flashback del periodo trascorso nel collegio degli orrori che le fanno avere attacchi di panico e incubi? Ma dov’è il Telefono Azzurro quando serve? Il 118? La Protezione Animali? Bah.
Che poi, ci sono anche delle scenette vagamente zozze, messe così, per destabilizzare lo spettatore, che si becca Biondo che dal nulla maneggia un paio di tette, che si limona Nica a tradimento, per poi spingerla via di nuovo… insomma, una piaga umana e sociale.
Anche i personaggi secondari si tagliano con un grissino, eh: fra Billie (Nicky Passarella, professione tiktoker), Miki (Sveva Romana Candelletta), Lionel (Alessandro Bedetti, che va beh, lui poetico a modo suo), e poi i genitori adottivi, il professore di scienze (sembra che facciano solo scienze per tutto l’anno scolastico, ma va bene così). La performance recitativa è più o meno ai livelli di Amore 14 di Moccia (ma almeno non abbiamo perle alla The Lady di Lory Del Santo, ringraziando il cielo… a parte il “NON TOCCARMI CON QUESTA CASUALITÀ” che mi ha fatta letteralmente VO-LA-RE, neanche Costantino Vitagliano avrebbe potuto fare di meglio).
Ma chi è il Fabbricante di lacrime?
Lo so che ve lo siete chiesti: ma quindi, chi è il Fabbricante di lacrime?
Eh, questa è una bellissima domanda, perché concretamente non l’ho capito nemmeno io. La cara Nica esordisce a inizio film con questa storia del Fabbricante di lacrime che forgiava le lacrime per far piangere la gente, che era una delle leggende più conosciute al Grave… e poi basta. Ma è così anche nel libro, è come se questa figura misteriosa protagonista delle storie sussurrate (sì, anche queste) fra i bambini dell’orfanotrofio fosse… vuota. E inutile. Questo incipit ai tempi mi aveva convinta a prendere il romanzo, nella speranza che fosse un fantasy stile Fallen… e invece, l’amara scoperta.
Ve lo assicuro, non ho bisogno del caro Fabbricante per versare fiumi e fiumi di lacrime, mi è bastato vedere questo film e sentire la loro recitazione a bassa voce (già ho problemi di udito, poi ci si mettono anche loro a complicare la situazione…).
Per la regia di Alessandro Genovesi (abituato a film più o meno comici come Soap Opera e La peggior settimana della mia vita, probabilmente è questo il motivo per cui Fabbricante di lacrime è venuto fuori divertente senza volerlo), con i protagonisti dalla capacità attoriale così legnosa che forse far recitare Pinocchio insieme alla Tavoletta di Ed, Edd e Eddy non era poi una così cattiva idea, Fabbricante di Lacrime cerca di cavalcare l’onda del successo del romanzo omonimo della scrittrice (non più senza volto, dopo il reveal da Fabio Fazio) Erin Doom: il libro è stato il più venduto del 2022, uno dei primi a diventare famosi con il fenomeno del #booktok e a dare inizio al filone dei romance italiani (per la maggior parte editi da Salani) che vede fra le protagoniste la stessa Doom, Rokia, Carrie Leighton e Arcadipane. Più o meno tutte scrivono di amori tormentati, di coppie ai limiti del tossico, di protagoniste svampite o quasi che si innamorano di ragazzi belli belli in modo assurdo, malesseri tatuati e con una vaga ossessione per fare idiozie più o meno violente (ho letto l’intera trilogia di Better della Leighton e sebbene io abbia comprato tutti e tre i libri all’uscita e li abbia letteralmente DIVORATI, riconosco che fosse sempre la stessa storia trita e ritrita, he was a boy, she was a girl, ecc ecc).
Sono una ragazza semplice, okay? Se c’è del malessere su carta, mi ci fiondo (ma anche irl non è che sia tanto differente la situa eh).
Ringrazio solo che duri un’ora e quaranta e che sia riuscito a riassumere quel poco di trama che c’era in seicento e passa pagine (che potevano benissimo essere quattrocento eliminando tutte le situazioni cringe e le ripetizioni inutili). C’è da dire però che parecchie “sottotrame” rispetto al libro sono moooolto abbozzate (ma forse è meglio così, l’agonia è durata meno). Questo film è stato un contentino per le fan del romanzo e un modo per Netflix di accaparrarsi qualche views in più sfruttando il fenomeno BookTok, ma è oggettivamente fatto male. Salvo la colonna sonora solo perché hanno messo una canzone di Olivia Rodrigo, perfettamente in tema col mood “drama adolescenziale un po’ dark un po’ Katy Perry in Teenage Dream“.
Concludo con una perla trovata su Threads:
Potete trovare Fabbricante di Lacrime su Netflix… e la mia sanità mentale nel sacco dell’umido.
Voto: 2 (un Amplifon a orecchio per riuscire a sentire i dialoghi).
[Fonte: Instagram – Threads – TV Time]
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