Strade Perdute – Lost Highways è un film di David Lynch del 1997 che si inserisce perfettamente all’interno della poetica surrealista del regista, ma che, a quasi trent’anni dall’uscita, ancora spicca per la sua eccezionalmente ben scritta trama.
Qualche tempo fa, in una uggiosa serata di un’insolitamente piovosa primavera, mi è ricapitato di guardare Lost Highways – Strade Perdute, in italiano –, uno dei tanti lavori di David Lynch. Un’effige degli anni ’90: la prima volta che lo vidi, una decina d’anni fa, mi era parso un diamante sporco incastrato nella melma rossastra – come il sangue finto – sua estetica pre-decadente, nelle sue circonvoluzioni dovute allo straniante montaggio, e nell’unto del cerone messo sulla bella faccia di Bill Pullman.
Mi era parso un film strano. Certamente noir, ma permeato da una melensità, dovuta alla colonna sonora, curata da Trent Reznor in persona, fra Lou Reed e This Mortal Coil, che ne avevano smorzato il fascino. Una sottile ironia, malcelata soprattutto nelle venature tragicomiche superficiali dei personaggi – poliziotti grassocci, ricconi stereotipati. La me ciecamente femminista di dieci anni fa non aveva compreso molto della stramba trama di Strade Perdute, ed un necessario rewatch a più di trent’anni è stato fonte di un’epifania comparabile, forse, all’aver capito il finale di Rebuild of Evangelion 3.0 + 1.0.
Sinossi e premesse di Strade Perdute
Siamo ad Hollywood, metà anni ’90. Interpretato da Bill Pulman è il sassofonista Fred Mason, che vive in una bella casa, e con una bella moglie, Reneè, interpretata da Patricia Arquette (recentemente vista in Severance-Scissione). Fred è paranoico. Odia le registrazioni video e sospetta, senza reale ragione, che la moglie lo tradisca. Vede ovunque uno strano omino con evidente cerone bianco e rossetto nero (Mystery Man, interpretato da Robert Blake). Si circonda di strani individui della Hollywood ricca ed annoiata, che nella sua mente associa a papponi di bassa lega. Fra i tanti sospettati di essere amanti della moglie, il nome “Dick Laurent” spicca fra gli altri. Un bel giorno, strani videotape contenenti registrazioni della coppia addormentata iniziano ad apparire sulla porta di casa. Un altro giorno, Fred scopre di aver accoltellato Reneè a morte. Arrestato, viene condannato alla sedia elettrica. Parte del team investigativo sono i due piedipiatti interpretati da Louis Eppolito e il navigato John Roselius.
Tutti i giorni si assomigliano in un reparto di isolamento di una prigione federale, per i condannati nel braccio della morte. Ma, si sa, negli USA anche la morte può morire ed una guardia carceraria scoprirà, al posto di Fred, il giovane Peter (Balthazar Getty), un ricciolino di bell’aspetto con qualche passato per furto d’auto e che, incredibilmente, occupa la cella di Fred. Nonostante lo shock, grazie anche alle coccole della fidanzata Sheila e dei due genitori all-american-parents, il giovane Peter tornerà presto ad occupare il suo posto di lavoro come meccanico, e il cliente abituale – nonché gangster locale – Mr Eddy (Robert Loggia). Ennesimo riccone hollywoodiano che si diverte a trattare Peter da bambino proletario quale è. Peter, però, inizierà a breve una relazione con la escort di turno di Mr Eddy, Alice. Nient’altro che Reneè, ma biondo platino.
Analisi di Strade Perdute e spiegazione
David Lynch è sempre stato interessato ai diritti umani, tout court, sebbene non a voce alta: di personaggi queer ne è piena la sua produzione. Persone di tutti i tipi che si muovono nella semovente tela tracciata dalle intricate sceneggiature dei suoi lavori. Tele sporche, sebbene scintillanti delle pailettes di abiti costosi: c’è una sorta di male, là fuori, dicevano su Twin Peaks. Il male eterno, immutabile, e ineluttabile del Demone BOB, in Lost Highways, assume una sfumatura diversa, e diviene interno: non è una creatura aliena all’umanità a causare dolore e morte, ma è l’intrinseca violenza dell’essere umano. Essere umano maschile. Fred è, infatti, un uxoricida. Ha ucciso sua moglie per gelosia, per vendetta, per rivalsa: se non può averla tutta per sé, nessun’altro potrà averla. Fred teme la verità delle sue azioni, come odia le macchine da presa. E sono l’improvvisa trasformazione nel giovane Peter, la faida con Mr Eddy, l’intensa attività sessuale di ambedue la chiave per comprendere Strade Perdute: solo, folle, colpevole, nel braccio della morte, Fred trova la sua loggia dorata, né grigia né nera, in cui scappare. E desiderare di essere un giovane, povero, senza particolari talenti, ma con enorme successo con le donne, e, sostanzialmente, di buon cuore. Fred è invece Mr Eddy: violento, crudele, possessivo, depravato.
Nella sua scissione mentale, Fred immagina l’incolpevole Reneè come una Lilith dalle sembianze di Marylin Monroe: un demone dai capelli ossigenati, un corpo perfetto, ed un incredibile appetito sessuale (incluso il cameo di Marylin Manson nell’orgia finale). La distorsione della realtà, il passaggio da Reneè ad Alice – nome già evocativo di un viaggio astrale in una tana del bianconiglio fatta di autostrade notturne – è il disgustoso tentativo di Fred di discolparsi da un crimine orrendo. Fred che è come Mr Eddy, ma vorrebbe avere la purezza di cuore di Peter.
Sminuire la donna, renderla oggetto da possedere, oggetto per le più depravate fantasie: un oggetto che, però, talvolta, è ben felice di farsi usare. Che pare trarre piacere dall’essere sfruttato. Escamotage mentale di Fred che fa sì che la sporca Alice, dalla faccia di Reneè, meriti in realtà la propria morte. Il buon vecchio “se l’è cercata”, ma magistralmente scritto dal genio di David Lynch. Ami il sesso estremo? Guadagni dei soldi tramite il tuo corpo? Ti piace approcciare gli uomini più giovani di te? Sei una puttana che deve morire. Una storia, quella di Strade Perdute che, una volta trovata la chiave di lettura, permette di traslare nell’universale il problema dei mostri. Del resto, gli eventi dei giorni correnti, nel Belpaese, continuano ad insegnarcelo. Strade Perdute, infatti, uscì solo due anni dopo dall’omicidio di Nicole Simpson, il femminicidio per eccellenza negli USA.
E l’Uomo Misterioso?
Il Mystery Man è il demiurgo del piccolo universo artificiale creato dal collasso della mente di Fred. Lui sa che Peter, Fred, e Mr Eddy, nonché Dick Laurent, siano tutte facce della stessa medaglia. Lo stesso uomo, il cui onore è stato messo in discussione, ed ha scelto la via della violenza per ristabilirlo. È letteralmente l’Uomo Nero dell’infanzia: egli registra la morte di Mr Eddy, registra la morte di Reneè; è la realizzazione di ogni incubo di Fred. È un Bianconiglio travestito da alieno: lui può aprire il portale per il mondo inventato, dove gangster e Marilyn Manson si incontrano, e dove Fred può trovare ogni giustificazione possibile ai suoi atti mostruosi.
Strade Perdute: i risvolti true crime nella vita reale
Sebbene il protagonista del film effettivamente paghi per le sue colpe – Lynch non giudica l’utilizzo della sedia elettrica di per sé, ma usa il meltdown mentale causato da tale prospettiva per costruire un noir – le connessioni reali, in termini di femminicidi, di Strade Perdute, sono stati fin troppe. Infatti, un prominente membro del cast venne incriminato per l’omicidio della propria moglie: Robert Blake (morto in marzo 2023), interprete del Mystery Man, venne infatti processato – e trovato innocente per insufficienza di prove – dell’omicidio, compiuto nel 2001, della moglie Bonny Lee Bakley, ad Hollywood. Come se non bastasse, l’interprete del poliziotto che segue Peter/Fred, Louis Eppolito, era un notorio poliziotto corrotto della NYPD. Infine, Natasha Wagner, interprete di Sheila – fidanzata “ufficiale” di Peter – è la figlia di Natalie Wood: la donna morì in circostanze misteriose nel 1981, a largo dell’isola di Santa Catalina, California.
Strade Perdute, nonostante la sua estetica superata, che Lynch ha saputo svecchiare nell’ultima stagione di Twin Peaks senza però snaturarla, ha goduto di eccellenti performance e di una scrittura assolutamente benedetta: un lavoro attualissimo, che ricorda ad ogni cinefilo quanta violenza nel mondo ci sia ancora verso di noi, verso le donne. Colpevoli solo di essere diverse dagli uomini.
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