Il melodramma targato Netflix è tornato con 12 episodi nella quarta stagione. Abbiamo visto e recensito la serie tv in anteprima.
Non sai mai cosa aspettarti da Virgin River, poiché dramma e pace sono interconnessi in ogni capitolo e quest’ultimo di certo non è diverso rispetto agli altri. La terza stagione si è rivelata probabilmente la peggiore rispetto alle due precedenti e alla quarta. Avevamo assistito ad un tiepido sforzo da parte degli sceneggiatori di dare enfasi ed energia alle storie dei personaggi che si andavano perdendo lungo la strada, con trame artificiose e lente ed un pathos quasi pari a zero. Le cose, fortunatamente, sono cambiante nel quarto capitolo, dove la narrazione riprende vigore, consegnando allo spettatore un motivo per cui seguirla.
È passato più di un anno da quando abbiamo assistito al finale della terza stagione che ci ha lasciato le vicende a metà, con ancora tutto da definire. Come alcuni ricorderanno, c’era così tanto dramma in corso tra la bella Mel Monroe (Alexandra Breckenridge), che ha lasciato Los Angeles per trasferirsi nella cittadina di Virgin River, e l’affascinante Jack Sheridan (Martin Henderson), il proprietario del pub ristorante. La prima aveva confessato al compagno di aspettare un figlio, ma che non sapeva se era suo o del marito defunto Mark in quanto aveva utilizzato gli embrioni congelati di quest’ultimo. Una rivelazione arrivata proprio mentre il secondo aveva chiesto alla donna di sposarlo.
La storia riprende proprio da qui, con Mel e Jack felici della lieta notizia e alle prese con la gravidanza che vogliono tenere segreta ai cittadini di Virgin River, una piccola città nel nord della California, almeno per i primi tempi. Tra alti e bassi la coppia riesce a superare anche i vecchi traumi del passato dell’ex soldato, il quale dovrà fare i conti con il ricordo di una terribile tragedia che lo aveva devastato durante l’infanzia. Nel frattempo i rapporti con l’ex compagna Charmaine (Lauren Hammersley), con la quale Jack aspetta due gemelli, si ammorbidiscono, ma il colpo di scena sul finale potrebbe cambiare tutto.
Nel quarto capitolo ritroviamo come sempre Doc (Tim Matheson) alle prese con la moglie Hope (Annette O’Toole) che deve fare i conti con le conseguenze del terribile incidente d’auto al quale era stata coinvolta alla fine della terza stagione. Ma la donna deve elaborare anche la notizia della morte di Lilly (Lynda Boyd), la sua migliore amica.
Ci sono, inoltre, tantissimi cliffhanger e misteri da risolvere durante tutto il percorso, tra tutti l’arrivo nel paesino di Denny Cutler (Kai Bradbury), il nipote di Doc che nasconde un segreto che verrà svelato nel finale. Tra le new entry troviamo il dottor Cameron Hayek (Mark Ghanimé), si tratta del nuovo medico della clinica che farà breccia nel cuore di molte donne e che rimane affascinato da Mel, diventando una minaccia per Jack.
Nella quarta stagione di Virgin River ritroveremo Preacher (Colin Lawrence), l’amico e collega di Jack, alle prese con la ricerca del piccolo Christopher (Chase Petriw) e della madre Paige (Lexa Doig), che è scomparsa. Un accenno thriller riguarda anche la storia di Brady (Benjamin Hollingsworth) che è stato preso dalla polizia e trasportato in carcere con l’accusa di aver tentato di uccidere Jack.
Ma è proprio durante il quarto capitolo che scopriremo chi ha sparato davvero a Sheridan nel finale della seconda stagione. È in questo contesto che Brie (Zibby Allen), che decide di restare a Virgin River, farà di tutto per aiutare Brady, collaborando con Mike (Marco Grazzini). La sorella di Jack, inoltre, continuerà a fare i conti con le pretese del suo ex fidanzato che l’ha violentata e per il quale ha deciso di lasciare la città in cui viveva.
Fin dalla prima stagione abbiamo visto come Virgin River somigli più ad una soap opera piuttosto che avere un approccio seriale. Esattamente come una soap opera, lo spettacolo si alterna tra pace e guerra, tra momenti più tranquilli e quelli più agitati, in cui la comunità mantiene e svela segreti nel corso degli episodi.
La narrazione segue una precisa scrittura, dove la conversazione ed il sentimento della comunità hanno la precedenza sul dramma intenso. Il che va bene, tuttavia, anche perché i fan dello spettacolo hanno bisogno della loro comfort zone, di quelle trame un po’ sdolcinate che sono accoglienti e calde, anche se prevedibili. Peccato solo perché alcuni archi narrativi funzionerebbero di più se gli venisse concesso un po’ più di tempo per svilupparsi.
Sappiamo che in ogni episodio si presenterà una sorta di caso medico che verrà risolto brillantemente. Così come sappiamo che non ci saranno grandi colpi di scena o almeno non come se fossimo in Squid Game o Game of Thrones. Alla fine è una serie tv rilassante e senza pretese, ma che continua a farsi seguire e a creare empatia con il pubblico che si lascia coinvolgere dalle storie.
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