I Diavoli, attesissima serie tv tratta dall’omonimo romanzo di Guido Maria Brera, è in onda ogni venerdì su Sky con un cast eccezionale: Alessandro Borghi, Patrick Dempsey e Kasia Smutniak. Scambiamo quattro chiacchiere con la mente di tutto ciò
Guido Maria Brera, autore de I Diavoli, è un nome che negli ultimi giorni sta girando molto, complici le ultime vicende finanziarie che vedono il mondo nella stretta morsa di una pandemia globale in cui i giochi di potere e le superpotenze economiche non possono manovrare nella maniera canonica a cui siamo abituati. Brera infatti è uno dei più stimati uomini di finanza internazionali, spesso invitando in talk televisivi a cui giornalisti e opinionisti chiedono la propria visione sul presente e sul futuro economico.
Un uomo molto temperato, che narra questi giorni senza cinismo ma con un senso di concretezza e radicata convinzione degna di una persona che sa il fatto suo, non solo negli affari, ma con un talento prezioso che è quello dell’umanità.
Autore de I Diavoli e de La Fine del Tempo, nonché co-sceneggiatore della serie TV omonima, attualmente in onda su Sky e Now Tv, Brera racconta la crisi economica mondiale del 2008, raccontando in un perfetto mix di fantasia e realtà, quello che è lo scacchiere mondiale che tiene in ballo l’umanità intera; le partite su cui si giocano i futuri di tutti i cittadini mondiali, quelle che si giocano in sole quattro mura, quelle finanziarie.
Diavoli è una serie che mostra l’evoluzione degli uomini, la loro intuizione professionale e al contempo le insidie dell’animo che spingono anche i più astrusi uomini d’affari a compiere degli errori, così come a misurare le proprie emozioni seguendo i mercati.
Scambiamo dunque quattro chiacchiere con Brera, la mente di questo grande successo, ovvero della terza serie più vista di sempre su Sky: i Diavoli.
G.M. Brera è uno degli uomini di finanza più conosciuti e apprezzati a livello internazionale. Innanzitutto grazie per averci concesso del tempo.
Negli anni 2000 è volato a Londra senza conoscere la lingua e senza essere già un nome nell’alta finanza, eppure ha trovato la sua dimensione e ad oggi è il cofondatore del Gruppo Kairos, specializzato proprio in ciò. Una sorta di Massimo Ruggero?
Grazie a te. In realtà parliamo di un romanzo e Massimo Ruggero è una metafora, è la sommatoria di tutti quelli come me che hanno lavorato nel mondo della finanza e i quali ci si dovrebbero riconoscere e rispecchiare, se l’abbiamo disegnato bene come immagino. A parte il fatto che poi Borghi è bellissimo e il suo personaggio lo rappresenta egregiamente.
Il suo romanzo I Diavoli è un best seller che tratta dello scandalo finanziario nei vertici che muovono le fila dell’economia mondiale. Da due settimane è in onda anche la serie TV ad esso ispirata, con – tra gli altri Alessandro Borghi e Patrick Dempsey.
Un romanzo che potremmo definire quasi preveggente, che mostra come l’economia tenga banco su tutto, anche sulla salute, come sta venendo fuori negli ultimi giorni. Questo ci insegna che la storia si ripete?
Sì, il romanzo è profetico nel senso che, più che degli scandali noi abbiamo una visione piuttosto larga dello spettro politico, con tutti i pro e i contro, sia nel romanzo che nella serie. Soprattutto nella politica di oggi che è ad appannaggio dei sondaggi, e quindi non riesce a fare bene il suo lavoro, la finanza è un elemento regolatore. I Diavoli in particolare vengono dalla teoria del Diavoletto di Maxwell, che è colui che mette ordine sfruttando il Secondo Principio della Termodinamica, quindi non hanno assolutamente un’accezione negativa.
Abbiamo parlato di Massimo Ruggero, il coprotagonista de I Diavoli, interpretato magistralmente da Alessandro Borghi. Il primo episodio si apre con un monologo di Morgan, il mentore di Ruggero, (Patrick Dempsey) in cui parla degli squali della finanza. Chi sono costoro nella realtà e come possiamo definirli?
Il Diavolo di Morgan è preso da una lezione meravigliosa che fece Foster Wallace in un college americano che si chiamava “Questa è l’acqua”, e l’abbiamo adattata all’apertura della serie – con grande coraggio – essa racconta come la finanza è presente nelle nostre vite al pari dell’acqua, senza che noi nemmeno ce ne accorgiamo, e che Massimo in quell’acqua è uno squalo. Egli è la rappresentazione di ciò che si dice di lui nel libro, in particolare nella frase “solo i pesci piccoli fanno la schiuma”, come dire che i pesci grandi come gli squali non si sentono, non si vedono, navigano non a vista. E questo è il ruolo della finanza, nell’accezione non necessariamente negativa. Lo squalo è un pesce feroce ma che non si vede, appare all’ultimo, come la finanza che è sistemica, ci circonda come l’acqua in maniera impercettibile; ma soprattutto che gli uomini di finanza non sono più adepti all’ostentazione che c’era negli anni ’80 e ’90.
Torniamo un attimo a parlare del presente, pochi giorni fa Bankitalia ha strigliato il governo in commissione finanza poiché gli aiuti di stato sono tutti dati a debito. La risposta comune è che non si poteva fare altrimenti perché abbiamo il dinosauro del debito pubblico sul groppo. Ci avviciniamo alla situazione della Grecia che si racconta nella serie tv?
No perché l’Italia è molto diversa dalla Grecia. Il nostro paese ha un risparmio privato altissimo, è una potenza manifatturiera mondiale, avremmo da soli la forza di ricomprare tutto il nostro debito. È una questione dunque estremamente diversa. Abbiamo sì un debito pubblico notevolmente alto, ma non dobbiamo lavorare su di esso quanto sulla crescita, solo quest’ultima potrà diluire questo enorme deficit.
Una serie che in qualche modo racconta anche l’ascensore sociale e la meritocrazia e la contrappone invece a chi, oserei dire, è nato con la camicia. Le storie contrapposte di Massimo ed Ed, inizialmente in conflitto per lo stesso ruolo di vice CEO alla NYL il primo proveniente da una famiglia di pescatori amalfitana, il secondo dall’élite britannica. Esistono ancora queste differenze di vedute ai vertici?
Io venivo da Roma, ho frequentato l’università pubblica (la Sapienza), non conoscevo l’inglese né la matematica e la tecnologia, ma ero molto preparato ad elaborare un pensiero, e la finanza è stata per me un banco di pura meritocrazia. Non avevo doppi cognomi, non appartenevo ad alcun tipo di élite o club particolare, e la finanza mi ha accolto solamente per i miei meriti, e tutt’ora questa scienza è ancora altamente meritocratica. Nel caso della serie si vuole raccontare la vecchia finanza in contrapposizione con la nuova, cioè l’avvento di nuovi personaggi giovani e meno blasonati ma più talentuosi come Massimo, rispetto al vecchio tipico inglese aristocratico che aveva quel posto più per conoscenze che per capacità e talento.
Se dovesse descrivermi il “potere” in una massima, quale sceglierebbe e perché?
Aspetti, questa domanda non l’ho capita. Scriva proprio così. (ndr: risate)
È soddisfatto di come i registi hanno raccontato i personaggi del suo romanzo, nella trasposizione filmografica, o avrebbe preferito qualche sfumatura diversa?
Io ho partecipato in maniera quasi totale alla creazione di questa serie insieme alla Lux e a Sky, e tanti altri che ci hanno lavorato, da sceneggiatori e registi, quindi non posso che essere contento e soddisfatto del loro talento e di come hanno messo in piedi questa serie.
Negli ultimi giorni sono trapelate indiscrezioni riguardanti la seconda stagione dei Diavoli, da lei confermata in una diretta Instagram con Borghi. Può rivelarci qualche dettaglio in più in merito?
È tutto top secret ma una cosa posso dirgliela cioè che ci saranno anche questi periodi così particolari delle nostre esistenze. Quindi la serie entra anche nel merito di questo tema Covid-19, pandemia e giorni attuali.
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