L’esordio alla regia di Pilar Fogliati, “Se Amadeus mi dovesse chiamare a Sanremo? Accetterei, ma…” – Intervista

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Romantiche segna l’esordio alla regia di Pilar Fogliati, attrice brillante e ironica, dotata di grande talento. 

Un film scritto a quattro mani – da Pilar Fogliati e Giovanni Veronesi – nel quale vengono raccontate le storie di quattro ragazze romane diverse tra di loro che si dimenano tra insicurezze, sogni, ostacoli, paure.

C’è Eugenia Praticò, un’aspirante sceneggiatrice di origini palermitane, arrivata nella Capitale per esaudire i suoi desideri e far produrre il suo copione ‘Olio su mela’; Uvetta Budini di Raso, una giovane aristocratica slegata da realtà, pronta per debuttare nel mondo del lavoro; Michela Trezza, promessa sposa di un carabiniere, è abituata a vivere in provincia a Guidonia nella quale ha trovato la sua comfort zone, almeno fino a quando non compare nella sua vita un vecchio amico d’infanzia per il quale aveva una cotta; Tazia De Tiberis, dominatrice e bulletta di Roma nord, una ragazza che tende a ‘bacchettare’ le sue amiche dispensando consigli e avere tutto sotto controllo, anche il suo fidanzato. 

In occasione dell’anteprima speciale di Romantiche, al cinema dal 23 febbraio, ho avuto il piacere d’intervistare Pilar Fogliati, abbiamo parlato della sua prima volta dietro la macchina a da presa, dei nostri trent’anni, del gender gap cinematografico radicato a livello culturale, di Sanremo e molto altro ancora.

L'esordio alla regia di Pilar Fogliati, "Se Amadeus mi dovesse chiamare a Sanremo? Accetterei, ma..." - Intervista

Romantiche è una commedia attuale che  offre uno spaccato attuale sulle ragazze della tua generazione. Per te ha segnato il debutto alla regia, che esperienza è stata?

È stata tutta una prima volta, perché non riesco a suddividere i ruoli che mi hanno coinvolto nella creazione del film: dai personaggi alla regia, passando per il montaggio e a tutto il comparto della post-produzione che mi hanno impressionata. 

A proposito di regia, lo vedi un settore ancora prettamente maschile? Visto che le donne sono ancora poche e dopo Lina Wertmüller non c’è stata ancora una figura femminile che potesse raccontare il nostro mondo. E se magari ti senti un apripista a riguardo. 

Per quanto riguarda il ruolo femminile è un dispiacere il fatto che una domanda del genere sia necessaria, perché sarà bello il giorno in cui si giudicherà un film se è buono o no e non differenziandolo se è stato diretto da un uomo o una donna o se abbia un punto di vista maschile o femminile. Non mi sento di prendermi la responsabilità di rappresentare un apripista, perché ce ne sono di più competenti di me.

Però quello che mi farebbe piacere, oltre all’importanza di avere gli incontri fortunati, come per me sono stati Giovanni Veronesi e la produzione Indiana, è magari prendere seriamente un’idea e avere coraggio, perché sono una persona che si sminuisce. Le donne hanno più difficoltà nel concretizzare un’idea, probabilmente perché hanno una pressione maggiore o perché magari hanno avuto meno possibilità di fare e allora sentono la responsabilità di realizzare una cosa perfetta, mentre gli uomini non hanno paura di sbagliare. 

Lo vediamo pure a Sanremo come il ruolo della donna sia striminzito e penalizzato, anche per quanto riguarda la classifica generale. 

Ho letto un articolo interessante proprio a riguardo che diceva che se sei una donna il monologhetto lo devi fare per forza per dimostrare che non sei una valletta. E invece è dignitoso essere vallette così come avere un messaggio da raccontare o non averlo proprio. Adesso abbiamo toccato i due estremi: l’esterno della valletta e l’estremo che devo dimostrare per forza che ho qualcosa da dire. E poi finalmente arriverà il momento in cui vai lì e dimostri ciò che sei: se hai qualcosa da dire, lo dici, e se sei bella vai lì e fai vedere quanto sei bella e non c’è nulla di male. E quindi saremmo anche noi libere di mostrarci di essere perfette o imperfette.

Con Odio il Natale hai scardinato il pregiudizio che a 30 anni, per sentirsi complete, bisogna essere sposate, avere un compagno o dei figli. Senti su di te questo peso sociale? 

Sì, lo sento, sono sincera, non sono immune. E non perché intorno a me c’è qualcuno che mi mette pressione, ma più perché c’è questa idea di tempo che c’è stata proposta per anni dove a 18 anni devi sapere che cosa vuoi diventare e a 30 anni come minimo devi avere un compagno o una relazione stabile. Vorrei sentirmi libera di raggiungere gli obiettivi quando mi sento pronta, perché se diventassi mamma o moglie senza sentirmi pronta sarebbe peggio. Quindi, quello che nella serie abbiamo voluto scardinare in modo leggere è proprio il fatto che ognuno ha i suoi tempi e menomale che ognuno ha i suoi tempi.

Un po’ come Romantiche, rivendicare il diritto di non essere speciali o di esserlo o di sbagliare. Perché adesso alla donna viene dato modo di esprimersi, però deve essere perfetta, bella, intelligente. Invece può essere stupida, brutta o dire cose poco interessanti. Un po’ come questi personaggi che non sono delle eroine, ma sono donne ordinarie: hanno dei dubbi e hanno delle piccole crisi esistenziali.

Quella che ti rappresenta di più delle quattro che hai raccontato nel film? Poi ti dico quello che mi è piaciuto di più.

Ecco, si. Poi mi dici qual è il tuo personaggio preferito perché a me interessa più sapere il parere degli altri perché io voglio bene a tutte in quanto tutte e quattro abitano dentro di me. Però posso dire che ognuna di loro ha una parte che invidio, magari quella parte del carattere che non ho il coraggio di esprimere e in loro l’ho messa bella grande e definita. 

Se Amadeus l’anno prossimo ti dovesse chiamare come co-conduttrice accetteresti? 

Si, certo che accetterei. Magari farei un dialogo invece che un monologo.

Isabella Insolia
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