Nel 1985 usciva una delle pietre miliari di Franco Battiato: il futuristico Mondi Lontanissimi.
Kate Bush, con Breathing, del 1980, aveva affrontato il terrore del futuro di un feto che vive, ancora, all’interno del grembo della madre in un mondo post-apocalittico, contaminato da radiazioni: l’Apocalisse s’era avverata. Kate, da cui una certa Bjork ha preso a piene mani, si agita all’interno di una bolla, connessa all’esterno tramite un cordone ombelicale.
Franco Battiato, invece, profeta frate conterraneo, nel 1985, si liberava del suo pessimismo cosmico e del suo esistenzialismo filosofico, e, per quanto anche lui abbia parlato abbondantemente di feti, pubblica Mondi Lontanissimi. Un lavoro che non sarebbe sbagliato definire cyberpunk.
Credo che ormai sappiate che sono un’accanita seguace della letteratura scientifica e sci-fi, e che trovo ludibrioso scovare profezie in opere vecchie di decine di anni – profezie realizzatesi. Tante di Arthur Clarke, molte di Heinlein, infinite di Asimov. Meno del bestiale e violento Ballard, fin troppo futuribili quelle di George Stewart e mere disquisizioni quelle di Vinge.
Ecco, Battiato dà un colpo di spugna al generico pessimismo e sacro terrore dell’ignoto che pervade la letteratura fantascientifica e crea un colorato affresco, per dirla a là Gaber, di come
…l’uomo più evoluto
Che si innalza con la propria intelligenza
E che sfida la natura
Con la forza incontrastata della scienza”
Abbia raggiunto e conquistato le stelle. Battiato lascia parlare, in Mondi Lontanissimi, la sua filosofia e quella di altri, ma la sua voce stessa si eclissa e le sue opinioni personali sono mascherata da un oggettivismo scientifico e darwiniano.
Il viaggio inizia dalla Via Lattea, fortemente ritmata e debitrice del flirt che Battiato ebbe con la world music. Ecco, cosa si ascoltava in Italia nel 1985? Ah, era uscita We Are The World, Madonna spopolava come sempre, e i Righeira, amici miei. I Righeira. E Battiato aveva l’ardire di parlare di via lattea e viaggi interstellari. Si prosegue con Risveglio di Primavera, che smuove leggende con atmosfere new wave già esplorate dalla già citata Kate Bush e synth che risultano attualissimi nel 2019. Uno degli inni del nostro monaco è però No Time No Space: un maestoso invito all’esplorazione del cosmo. Un alieno che chiede come gli umani siano riusciti a raggiungere le stelle? Un cosmonauta che torna sulla Terra? Quasi organistica, No Time No Space indugia su rallentamenti e accelerazioni improvvise in worm-hole sonori e
“telescopi giganti per seguire le stelle”
Franco Battiato non poteva immaginare che nel 2019 non ci sarebbero state “avanguardie di un altro sistema solare”, ma forse avvertiva che un tale messaggio di orgoglio e speranza sarebbe stato più che necessario.
Come necessaria è l’avanguardistica Personal Computer – un po’ Kraftwerk, non trovate? – che nel 1985 era limitato al possedere un Commodore; brano che evoca, fra intrusioni organistiche, liriche e danze del sud-est asiatico, grandi visioni di giganteschi alveari umani sotterranei: creature multiformi e colorate che vivono la loro vita in un lontano futuro.
La neoclassica Temporary Road spezza il futurismo e ci lancia nel ‘700 di un’operetta in inglese. Ciò che però ha reso grande Mondi Lontanissimi è la quaterna finale di canzoni, che inizia con Il Re del Mondo che, escatologicamente, anticipa l’apocalisse: rombi di aerei, echi di guerra, belle case bombardate e fiori rovinati. Chi è il Re del Mondo? Battiato non lo rivela, ma è una sorta di Demiurgo che porterà l’umanità alla Rovina Finale. Solipsismi si ripetono in monadismi di Chanson Egocentrique, tuttora uno dei brani più amati del nostro: uno dei migliori esempi di elettropop che ora va tanto di moda.
Ci siete mai stati a Tozeur? E’ una cittadina tunisina, addormentata nel deserto roccioso. Un avamposto prima del nulla del dasheret, un “villaggio di frontiera”. Per la sua particolarissima architettura e la vicinanza ad una delle zone umide più grandi dell’Africa del Nord – il Chott el Djerid – è una popolare meta turistica. Che a quanto pare ha particolarmente emozionato Battiato, tanto da renderla nuova Houston futuristica in cui si preparano viaggi interstellari – o è solo un bel sogno?
Che per un istante torni la voglia di vivere ad altra velocità?
Quei treni che si muovono lenti, bruciando carbone, lasciandosi dietro solo la desolazione e la mollezza della vita di frontiera, mentre qui siamo incollati alla terra arida. La Via Lattea, nella notte scura del deserto, riluce biancastra e lontana.
Il finale di Mondi Lontanissimi è affidato a L’Animale: dopo tanto parlare di evoluzione, di homo novus, di grandi scoperte scientifiche e visioni grandiose antigravità, Franco Battiato ha sentito la necessità di affidare l’epilogo del suo album ad uno dei più carnali dei suoi brani. Perché alla fine, il Nostro, è un grande cantore dell’umana natura.
“L’Animale che mi porto dentro vuole te”.
Mondi Lontanissimi è un album da riscoprire, per la sua modernità e la sua grande e mai riconosciuta influenza su tutto il pop italiano posteriore: un’onda lunga che dura tuttora.
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