Colorama è il terzo capitolo dell’avventura di Don Antonio. Un disco che segna il ritorno del musicista romagnolo a una musica strumentale e idealmente pensata per il cinema.
Tutti abbiamo nella mente le urla di Wanna Marchi e la serie di Netflix che di recente ha portato di nuovo alla ribalta uno dei personaggi più discussi che ha attraversato la società italiana dagli anni 80 ai 2000. Ma dietro questa serie, anzi proprio davanti c’è una canzone che nasce dalla penna e dalla chitarra di Don Antonio. Tutta la serie, infatti, si avvale della colonna sonora tratta dal disco Colorama, un album che lo stesso autore definisce così:
“La mia musica nasce sempre come una colonna sonora per film non ancora girati. Il fatto che in questo caso si sia confrontata con lo schermo prima ancora della sua uscita ufficiale, in un progetto così importante ed ambizioso,è stato un bellissimo imprevisto“
Si perché l’album che Don Antonio ha registrato insieme ai The Graces, duo toscano formato da Luca Giovacchini e Piero Perelli, nasce spontaneo ed anche nella sua realizzazione non vede molte sovrastrutture. I quattordici pezzi che compongono il disco vengono registrati dal in studio e cercano di creare una mappa di colori e sfumature collezionate nel viaggio. Il taccuino degli appunti sonori ed emotivi di un musicista che come pochi altri in Italia, negli ultimi quindici anni ha portato la sua musica a spasso per i continenti e per i generi, mantenendo sempre una linea riconoscibile.
Don Antonio infatti ha alle spalle una carriera lunga e ricca di soddisfazioni che ha saputo contaminarsi con generi molto diversi tra loro. Dopo gli anni con Sacri Cuori e innumerevoli collaborazioni internazionali, dopo l’avventura americana con Alejandro Escovedo con questo album si vuole segnare un ideale ritorno a casa.
Il disco è composto da 13 brani in prevalenza strumentali ed uno, Cinque minuti di te, che ha anticipato il disco. Il brano che è stato scelto da Netflix come sigla della serie dedicata a Wanna Marchi nasce come una canzone italiana degli anni ’60, arrangiata come un brano da orchestrina da ballo, è affidata alla voce di Daniela Peroni.
Il disco di Don Antonio ci fa viaggiare senza il bisogno di muoverci necessariamente. I paesaggi che evoca sono di volta in volta polverosi, angusti, sconfinati e familiari. La sua musica dimostra come le distanze possano sembrare incolmabili solo prima di premere play.
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