“Luogo di dolore ed ultima speranza: ero obbligato ad interpretare Napoli all’interno di queste polarità. Luogo di sangue e di ceneri, di fiori e di vino, una città che ti tende una mano mentre nell’altra nasconde un coltello”.
Nel 1974 l’antropologo americano di origini italiane Thomas Belmonte vive per alcuni mesi a Via Sedile di porto e scrive un libro: La fontana rotta (Einaudi) che è uno dei racconti migliori sulla città di Napoli, allo stesso modo i dischi di artisti come Claudio Domestico, in arte Gnut, sanno riassumere l’essenza di questa città e raccontarla attraverso brani entrati ormai nel novero dei nuovi classici del cantautorato italiano e partenopeo.
Nun te ne fa’ il nuovo album di Gnut che esce per la Beating Bum di Piers Faccini, che già pubblicò Hear My Voice, è il quarto lavoro in studio del cantautore partenopeo. E’ in uscita il 14 ottobre per Beating Drum.
In un’epoca di pubblicazioni veloci e pronte all’uso quello di Gnut è un percorso in netta controtendenza. Lo stesso autore racconta che questo disco ha cominciato il suo cammino nel 2014. Quaranta canzoni, troppe per entrare in un solo disco, in mezzo la nascita di un figlio, la pandemia, altri due album, il successo del suo singolo con Capitan Capitone e le collaborazioni con Alessio Sollo.
Finalmente il processo giunge a compimento e Nun Te Ne fa’ prende forma, dieci canzoni di cui due in italiano, la produzione affidata al fido sodale Piers Faccini che programma l’uscita contemporanea anche in Francia dell’album. Nun te ne fa’ sembra riassumere in una sola espressione l’approccio di Gnut alla musica, un tipo di atteggiamento che in anni di avvenimenti catastrofici per il mondo esterno ed interno a noi tutti è vitale per sopravvivere a giorni, mesi ed anni complicati. “Voglio dirti che sto bene” dice Gnut in Anche per te, uno dei due brani in italiano che rimettono a posto la bilancia delle emozioni spesso troppo sbilanciata verso l’angoscia.
La musica di Claudio Domestico è un antidoto verso la rincorsa folle verso uno schianto completo, parole che sanno rimettere a posto i pezzi sparsi del cuore e dello stomaco. Chi volesse trovare nella sua musica istruzioni per l’uso alla vita rimarrà deluso, di Gnut va assaporato l’approccio e l’attitudine alla scrittura ed alla (ri)lettura della realtà che circonda lui e noi, vedi alla voce Nun te ne fa’ title track che scava a fondo dentro l’ascoltatore per trovare il punto esatto dove si incontra la nostra voglia di resistere, senza cedere al quotidiano che appiattisce tutto e tutti, la canzone poi sfocia in una cosa popolare che cita appunto la tradizione della Nuova compagnia di Canto popolare.
Altri brani, come quello di apertura dell’album o Ammore quanno è ammore sono vere e proprie pietre preziose in grado di portare questo disco ancora più in alto e candidandosi immediatamente a diventare nuovi classici del repertorio di Claudio.
Duje Vicchiarielli si veste di pop ricordando alcuni brani della carriera solista di Francesco di Bella, con cui lo stesso Gnut collabora tenendo corsi di songwriting. All’album hanno collaborato, oltre al già citati Faccini in veste di produttore, Alessio Sollo in fase di scrittura, Simone Prattico alla batteria, il violinista Michele Signore, Luca Rossi alla tamorra e Fausta Venere storica voce della Nuova Compagnia di Canto popolare. Oltre a questi nomi di assoluto rilievo riconosciamo anche la preziosa voce di Ilaria Graziano che fa incursione nel disco. Un ensemble capace di radunare musicisti di grande esperienza e qualità capaci di produrre un risultato di grande valore, spoglio di orpelli superflui ma capace di suonare vivo e appassionato.
La copertina del disco, ci dice lo stesso Gnut è una foto di suo padre, l’artwork chiude in qualche modo un cerchio personale e rende questo disco una sorta di fotografia del tempo che passa e che lascia tracce sul nostro volto e dentro di noi, restano così le canzoni che raccontano i giorni, i mesi gli anni ed i ricordi che ci portiamo dentro, cercando sempre però di guardare avanti.
“Solo di rado i napoletani hanno occasione di usare il loro talento per un’utopia” scrive sempre Thomas Belmonte ne La Fontana Rotta, e sicuramente Nun te ne fa’ di Gnut, col suo messaggio e la sua qualità sono questa utopia.
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