Devil è il nuovo EP di Louise Lemòn, artista death gospel svedese, uscito il 29 maggio 2020 per Icons Creating Evil Art.
Il perché determinati artisti fatichino ad imporsi mi rimane oscuro. Trattasi, nello specifico, soprattutto di donne, e donne del Nord Europa: sebbene diversissime, due esempi tipici sono Susanne Sundfor, innovatrice geniale dell’elettronica attuale, e Myrkur, che ha saputo fondere tradizione e metal in una commistione còlta e complessa che non ha eguali.
Lo stesso si può dire di Louise Lemòn, svedese, che ebbe l’intuizione, nel 2018, con suo full lenght A Broken Heart is an Open Heart, di unire death metal e gospel: ovviamente, operazione che non va confusa con quella svolta da Manuel Gagneaux, che, con più aggressività – più maschile, in un certo senso – ha piegato al satanismo i canti afroamericani. L’idea fondante della musica della Lemòn è quella di creare oscurità ed evanescenza, atmosfera gotica e romantica: inizialmente, nel suo esordio Purge, accolta scopiazzando, purtroppo, Chelsea Wolfe e Regina Spektor, l’una in composizione l’altra in stile vocale, raggiungendo poi un più personale stile nel seguito, appunto A Broken Heart is an Open Heart.
Tutt’altra storia è l’ultimo ep, cinque tracce appena, intitolato, semplicemente, Devil. Da come si mostra, la bella Louise, sebbene ricerchi, con parrucconi e un certo atteggiamento kitsch, tutto si direbbe meno che sia in grado di scrivere splendide canzoni d’amore: e nel suo fin troppo breve EP risuona tanto della Tarja Turunen di In the Raw, la quale aveva però scelto, sebbene un concept grezzo, un’estrema raffinatezza del sound; qui, Louise, invece, ci consegna, già con la title track, un sound nuovamente lo-fi. Estremamente rallentato, ma allo stesso tempo ipnotico, fra chitarre distorte e una malinconica disperazione tipicamente femminile, nella sua forza e schiettezza. Ma, allo stesso tempo, la capacità di rialzarsi – emblematicamente rappresentata dalla splendida, catartica, e potente melodia che è inno di rivalsa (da una storia in cui tutte, senza eccezione, siamo incappate).
When I needed him
When I was bleeding for him
He didn’t walk out on me
Oh, he just left
Desolante perdita si ode in Forever Alone, un vero e proprio inno blues, dotato, però, della dinamica di un pezzo metal; inquietante e devastante, non controbilancia, quanto affossa, purtroppo, ancor di più, l’equilibrio di Devil. Gioiosi accordi di piano fanno poi da incipit a Taurus Woman, che abbraccia le sonorità di un brano da matrimonio anni ’80 – volutamente, come anche l’ironica cover ci riporta – e lo ribalta, trascinando quei suoni rassicuranti in un mondo fatto di oscura teatralità ambient.
I’m a taurus woman,
and I choose you
La breve e solenne Bathe in Gold trascende sonorità shoegaze contribuendo, ancora, a creare un sound personale per il lavoro di Louise Lemòn, e ci guida fino al brano di chiusura, la splendida All My Tears, che è andata diretta a finire nella mia playlist dei brani deprimenti, assieme a Mercy dei Muse e Alleviate dei Leprous.
Ma, forse, da donne, e in più col cuore infranto, è relativamente facile accostarsi alla malinconia, grigiore, ed elegante decadenza che si respira nella musica di Louise Lemòn, in particolare di Devil.
Difficile sarà la prova del tempo, nel muoversi su intelaiature rarefatte che, allo stesso tempo, devono supportare, come tele di ragno, pesi enormi: certo è che noi saremo qui ad incuriosirci sempre più di ogni nuova release di questa artista.
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