Rise Against: Nowhere Generation [Recensione]

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La band punk rock Rise Against torna sulle scene con il nuovo album Nowhere Generation, il primo dopo quattro anni, ed il primo con la loro nuova etichetta, la Loma Vista Recordings. Il concept punta il dito contro la classe politica americana, accusata di aver rovinato “l’American Dream”.

Essere una punk rock band statunitense di questo periodo è molto facile, soprattutto nel caso in cui ci sia da criticare la classe politica del proprio paese, ed è il caso dei Rise Against con il loro nuovo album Nowhere Generation. Nel caso specifico si critica una cosa che in questi anni è andata a scomparire gradualmente, ovvero il cosidetto “American Dream”, ormai un “sogno” lontano per la generazioni Y (che riguarda i nati dal 1981 al 1996) e Z (i nati dal 1997 al 2012). Altro highlight è il fatto che questo album si può considerare “scritto” anche dai figli dei membri della band, ed anche grazie al rapporto che essa ha con il suo pubblico.

I Rise Against si mantengono saldi al sound aggressivo che li ha sempre caratterizzati, da buona punk rock band. In Nowhere Generation il ritmo si mantiene sempre aggressivo, tranne che in un’occasione, in certi punti ci si può anche trovare sul classico

La prima traccia di Nowhere Generation è “The Numbers”, una buona traccia per essere l’apertura dell’album, sia musicalmente che testualmente, visto che possiamo considerare il testo come un “riassunto” di quello che è il resto del lavoro, in cui la band parla di “numeri”, di tante persone pronte a rivoltarsi al sistema che le ha sempre tenute in catene. Subito dopo arriva “Sudden Urge”, un singolo che non riesce ad attirare totalmente l’attenzione dell’ascolto, strumenti troppo “statici” e confusi nella composizione, insomma, manca qualcosa.

Forse esagero, ma a partire dalla title-track, “Nowhere Generation”, l’album presenta praticamente tutte canzoni punk rock, come non se ne sentivano da anni, almeno nella grande scena. Ed è proprio la terza traccia, che da brava title-track, rappresenta in toto le generazioni sotto il velo protettivo dei Rise Against, che insieme a “Talking to Ourselves”, possiamo definire le due tracce più melodiche, con la differenza che quest’ultima, in certi punti, si dimostra più aggressiva rispetto all’altra. Ma a fare sul serio è “Broken Dreams”, che non lascia spazio alle melodie, preferendo essere il più “pugno nello stomaco” possibile, essendo essa un “inno” di un progresso che non sta lasciando nulla alle nuove generazioni, piene di sogni spezzati.

E’ la prima volta che mi trovo di fronte ad un album abbastanza ripetitivo sotto tutti i punti i vista (tranne che per alcune sfumature specifiche) che riesco ad apprezzare senza rimanere annoiato e “capirlo” dopo poche tracce

Dopo il “tris” di tracce aggressive arriva una pausa, con “Forfeit”, una ballad completamente in acustico in cui è facile rimanere folgorati dal sound del ritornello che si amalgama perfettamente alla linea vocale. Dopo il break sonoro, Nowhere Generation ricomincia a spingerci verso le sue dure sonorità con “Monarch” e “Sounds Like” che si avvicinano, anche se di poco, ad un Hardcore Punk più leggero, a maggior ragione la seconda delle due tracce, che solo per i primi minuti presenta quel tipo di sfumatura, per poi virare su qualcosa di più “moderno”.

Nowhere Generation

Si torna in un ambiente più “calmo” con “Sooner or Later”, che insieme a “Middle of Dream”, è considerabile la traccia più sottotono dei Rise Against nel loro nuovo album, Nowhere Generation, nessun punto saliente presente nelle due tracce, ed in più in alcuni tratti sembrano essere simili. L’album si chiude con “Rules Of Play”, una canzone che rialza di poco il livello rispetto ai due precedenti singoli, ma rimane sempre molto confusa a livello strumentale, un “errore” molto presente in questo lavoro.

Come dicevo Nowhere Generation è uno dei pochi album che si possono definire “ripetitivi” ma che meritano di essere valutati positivamente. I Rise Against presentano un punk rock che in certi tratti può essere definito puro, con le tracce salienti che sono principalmente la terza, la quarta e la quinta traccia, per poi, purtroppo abbassarsi di livello, ma senza mai andare sotto quella linea che avrebbe fatto perdere interesse al resto del lavoro.

Nowhere Generation

Marco Mancinelli
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