Primal Fear: Metal Commando [Recensione]

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Esce oggi, 24 luglio, sotto Nuclear Blast, il nuovo album dei Primal Fear “Metal Commando”. Un album con cui la band tedesca torna alle origini, e con cui vorrà entrare ancora nelle parti alte delle classifiche di tutto il mondo.

E’ il 13esimo album per i Primal Fear, una delle band di punta dell’heavy old school tedesco, e per me la parola “old school”, in alcuni casi, vuol dire che la band probabilmente, per tutta la durata dell’album farà gli stessi identici riff degli album precedenti, ed anche con le stesse linee vocali di sempre. E tutto questo, personalmente mi porta molta noia, pensando soprattutto che queste band in alcuni casi si ritrovano dove non dovrebbero essere.

Capiamo già dal titolo, “Metal Commando”, quanto questo album possa essere “old school”, ma comunque, avevo previsto quanto la band potesse essere monotona già dagli ascolti degli album precedenti. Quindi ecco, non aspettatevi una recensione sufficiente, anche perchè non ci si potrebbe aspettare diversamente per una band che da anni fa le stesse cose (come del resto tante altre band del loro genere)

Le tracce sono tredici, per quasi un’ora di ascolto. E come ho già detto, i Primal Fear per un’ora intera fanno, più o meno, la stessa identica cosa.

Si comincia con “I Am Alive” che è un po’ l’emblema di quello che sarà il resto dell’album, lo stesso riff ripetuto più volte, supportato da una linea vocale piatta. Segue la seconda traccia, “Along Came The Devil”, con il suo “tradizionale” riff heavy usato da altre, tantissime band, del loro stesso genere, il tutto accompagnato dal solito testo che parla di diavoli e di quanto siano simpatici, giusto per essere il più duri possibili.

Si cambia genere con “Halo”, terza traccia dell’album, e si passa appunto dall’heavy tradizionale al power metal, e che possiamo definire come l’unica traccia ascoltabile dell’album, o meglio, la meno inascoltabile. In questo album trova spazio anche il tentativo di essere “moderni”, o meglio, di cambiare tipo di riff, con “The Lost & The Forgotten”. Ci riescono eh, ma purtroppo tutto viene rovinato dal testo, il classico “ehi guarda quanto sono duro a non avere una certa idea”.

Si lo so, sono troppo duro, ma in casi come quello dei Primal Fear non riesco a trattenermi, pensando che probabilmente questo album, povero di idee, verrà definito un capolavoro.

Si torna al power metal con “My Name is Fear” seguita poi da una ballad, “I Will Be Gone”, completamente in acustico senza nessun lato positivo. Ed è tutto dire, visto che di solito, quando mi trovo ad ascoltare album del genere salvo sempre le ballad. Per fortuna arriviamo alla terz’ultima traccia dell’album, “Howl Of The Banshee”, e ci ritroviamo ancora davanti alla stessa identica cosa delle tracce precedenti. Invece con la dodicesima traccia possiamo dare, un piccolissimo merito, ad essa, con un solo veramente ben costruito a differenza degli altri presenti dell’album, la traccia in questione si chiama “Afterlife”.

L’ultima traccia, “Infinity”, dura tredici minuti, una traccia lunga, con interruzioni a caso, senza una struttura ben definita. Un consiglio, ai Primal Fear, ma anche ad altre band heavy che tentano di fare tracce lunghe. Non fatelo, le tracce lunghe lasciatele ai gruppi prog.

L’album, finalmente, finisce, inutile dire che i Primal Fear, fanno parte di quelle, tante, band, old school, che invece di finire la carriera con dignità, continua ad andare avanti senza nessun talento e senza nessuna “fantasia”. Molto male, perchè come loro, tante altre band dovrebbero lasciare spazio a nuove band, che siano degne o meno.

Primal Fear
Marco Mancinelli
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