Underdressed at the Symphony di Faye Webster: recensione

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Underdressed at the Symphony  (1 marzo) è il quinto album di Faye Webster, che nel 2024 supera i dieci anni di carriera, a soli 26 anni.

Faye Webster è un’artista che mastica musica. Padre e madre musicisti, il fratello suonava in una band e lei ha sempre amato intraprendere qualsiasi opportunità sonora. La sua precoce maturità musicale deriva da diverse esperienze variegate, dal ruolo di bassista in una punk band di Atlanta, fino alla passione per i concerti presso la Symphony Orchestra di Atlanta.

Proprio quest’ultima abitudine “terapeutica”, come lei ama definire, ispira il titolo dell’ultimo album. “Underdressed at the Symphony” richiama infatti la necessità salvifica della cantante di andare improvvisamente alla Symphony Orchestra, senza sapere cosa ci fosse in repertorio, con vestiti inadeguati ma senza porsi alcun problema a riguardo.

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Quel che conta è la musica. E Underdressed at the Symphony conferma questo mood.

Ci sono alcuni elementi chiave come il suono della chitarra, il suo modo di cantare, le ripetizioni e le linee melodiche interrotte e imprevedibili. Tutto condito da uno spirito, ironico, menefreghista, schivo, che si declina in sfumature jazz o in languidi trip sonori.

Alcuni spunti ironici si possono intuire già dai titoli come “”eBay Purchase History” o “Tttttime”, mentre il lato romantico (o “anti romantico” come lei stessa definisce), viene fuori in brani come “But Not Kiss”, il primo singolo, dove canta :

“I want to sleep in your arms, but not kiss

I long for your touch, but don’t miss

Don’t want to regret any of this”

La mancanza di volontà di seguire uno standard melodico classico, con strofa-bridge.ritornello, è una linea guida di questo album, non ci sono singoloni easylistening come “Kingston”.

Quel che si nota ad un primo ascolto è che Faye Webster vuole far suonare la band e ascoltare gli strumenti. In molte tracce la sua voce viene messa in secondo o sparisce per lasciare spazio a flussi melodici ben congeniati.

 In “Lifetime” per esempio troviamo violini, batteria con dei piatti quasi jazz, piano ed un basso lento, calmo, che tiene unito il tutto. Tutti gli strumenti si guadagnano uno spazio di rilevanza, il gioco dell’artista è proprio prendersi il tempo di valorizzare ogni componente della band creando un sound coeso che scivola via inaspettato. Uno dei brani più riusciti dell’album.

“Thinking About You”, “Wanna Quit All Time”, “But Not Kiss”, “Lifetime”, hanno tutte delle lyrics minime con pochissimi versi ed una conclusione con una ripetizione ossessiva della stessa frase/parola creando un bellissimo loop. Ricorda gli esperimenti di Kurt Vile (“Let Me Get There” potrebbe stare benissimo in questo album) e Courtney Barnett, complice anche una affinità con l’utilizzo della chitarra con lo steel pedal. Nella composizione di questo album ha partecipato anche Nels Clinè, dei Wilco, che porta un tocco di Yacht Rock nell’album.

Oltre le ripetizioni, Faye Webster gioca molto con l’autotune, utilizzandolo di più rispetto a prima.

Conosciamo tutti le sue indubbie doti vocali ma, in “Feelin Good Today”, queste vengono stravolte dall’utilizzo di un autotune esasperato che trasforma la voce in uno strumento aggiunto.

Unico feat presente è Lil Yatchy che, dopo il suo ultimo imprevedibile album ed il singolo con Fred Again e Overmono, lo troviamo in una nuova veste al fianco della sua ex compagna delle medie. Nel video della loro nuova canzone, “Lego Ring”, possiamo vedere i due giocare ai videogames mimando i suoni con strumenti giocattoli. L’impressione è proprio questa: due amici (bravissimi) che si divertono suonando con cambi ritmi insoliti.

In conclusione,  “Underdressed at the Symphony” è un album privo di hit che passeranno alla storia, ma dubito fortemente che Faye Webster volesse perseguire questo obiettivo.

Faye Webster poteva solcare una strada pop come Arlo Parks, o aulica come Weyes Blood, invece dimostra di voler fare altro, di scoprire nuove carte nel suo repertorio variegato e fare un ulteriore step musicale nella sua carriera. Sarà molto interessante e curioso vedere la trasposizione live di questi brani. Poco importa essere “Underdressed”, in fondo Giorgio Armani diceva che  “L’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare” e Faye Webster ci sta riuscendo benissimo, album dopo album.

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