La poesia dopo il diluvio. Su “L’ultima poesia” di Gilda Policastro

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È uscita a settembre scorso per Mimesis l’ultima fatica di Gilda Policastro, L’ultima poesia. Scritture anomale e mutazioni di genere dal secondo Novecento a oggi.

Fatica dell’autrice Gilda Policastro – che in circa duecento pagine condensa gli ultimi sessant’anni della scrittura poetica d’avanguardia, sperimentale e di ricerca, italiana ma con un inevitabile sguardo a quella francese e anglosassone – e anche per il lettore, soprattutto se non pienamente esperto, che si vede catapultato in un saggio denso di riflessioni, storie, eventi (tra tutti emozionante il ricordo del famoso Festival Internazionale dei Poeti a Castelporziano nell’estate nel ‘79), nomi grandi e meno grandi, tecniche. Il libro è corredato di un centinaio di preziose note (alcune esplicative, altre di approfondimento) e di un glossario ragionato delle procedure sperimentali utilizzate dal 1960 al 2020. Lettura a tratti impegnativa, quindi, sì, ma molto interessante e completa.

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Gilda Policastro, L’ultima poesia. Scritture anomale e mutazioni di genere dal secondo Novecento a oggi, Mimesis

Il testo parte da un momento preciso e cioè dalla pubblicazione dell’antologia I novissimi, pubblicata nel 1961 a cura di Alfredo Giuliani e che rappresenta la nascita del Gruppo 63, il movimento di Neoavanguardia che segna una rottura nel mondo della poesia. Così infatti Sanguineti scrive nel volume Il Gruppo 63: quarant’anni dopo (Pendragon, 2005) per definire gli appartenenti al Gruppo e per spiegare l’ambiguità di quel Novissimi, che:

era l’etichetta più ambigua possibile, perché pigliava due piccioni con una sola fava. Da un lato gli ultimi semplicemente, i più giovani e innovativi, ma dall’altro gli ultimi, cioè quelli che chiudono veramente un ciclo. Dopo di noi il diluvio.

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I NOVISSIMI. Poesie per gli anni ’60 a cura di Alfredo Giuliani. Prima Edizione 1961
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I NOVISSIMI. Poesie per gli anni ’60 a cura di Alfredo Giuliani. Prima Edizione 1961 – Quarta di copertina

Il percorso di Gilda Policastro parte quindi da questa rottura e dalla previsione del diluvio conseguente, per capire se e come la poesia è sopravvissuta, come si è trasformata – nelle forme, nei contenuti e nel linguaggio –, se e dove si è spostata.

Tra i tantissimi, cito i nomi di cui mi è piaciuto rileggere. Inevitabile, Nanni Balestrini, a cui sono dedicate molte pagine, «poeta anomalo che secondo la vulgata “non ha mai scritto un verso di suo pugno”» (pag. 45) bensì utilizzando il procedimento del collage (o cut-up) e una macchina IBM. Balestrini agisce «ricombinando e rimodulando testi (o immagini) e pezzi di testi (o immagini) per lo più non suoi» (pag. 53). Ecco che questa attività ha fatto nascere «l’idea del poeta “pigro”, che non scrive di suo pugno nemmeno un verso (Bifo), del “riciclatore” (Umberto Eco), dell’autore “muto”, per solipsismo o eccesso di pudore (Guglielmi), o addirittura di un letterato prestato alla tipografia (ancora Eco, il più accanito)» (pag. 54).

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Nanni Balestrini

Ma qual è il fine di questo smontare e rimontare testi in maniera così accanita che sembra valere tanto la pena? Ce lo dice Balestrini stesso durante una lezione presso la scuola di scrittura Molly Bloom di Roma il 10 aprile 2018 e che Policastro riporta a pagina 55:

La vita stessa è un collage, la nostra vita non è fatta di narrazioni compiute, ma di occasioni irrelate. Usciamo di casa e ci capitano tutta una serie di cose non connesse.

La Neoavanguardia ha reso esplicita anche una necessità, quella di una nuova modalità di interazione e dialogo con il pubblico, che fossero più vivi e partecipati; che diventassero un’interconnessione attiva e pulsante. La poesia torna quindi alla sua dimensione orale, dimensione originaria, e dalla fine degli anni Novanta «ai poeti comincia ad essere richiesto di saper leggere, stare sul palco, portare il proprio corpo in scena e renderlo disponibile all’incontro col pubblico» (pag. 68). A proposito di poeti orali e performativi, cito i nomi di Sara Ventroni e Lidia Riviello, alle quali Policastro dedica dense e interessanti pagine.

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Sara Ventroni durante un reading

Andando avanti con la lettura del saggio, si arriva a Nathalie Quintane che, insieme a Christophe Tarkos, è anticipatrice della “prosa in prosa” e di cui Policastro ci parla del testo più conosciuto, Remarques (pubblicato in Francia nel 1997 e tradotto in Italia nel 2015 con il titolo di Osservazioni):

In una performance presentata al festival Proposta 2003 di Barcellona, l’autrice, rimanendo in scena di spalle, ascolta col pubblico la propria biografia riprodotta da un registratore in francese e poi in inglese, prima di cominciare a leggere lei stessa nelle sue lingue, precisando che non si tratterà più di traduzione ma di “different sentences”.

Gilda Policastro, L’ultima poesia, pag. 105

Le “sentences” in questione sono annotazioni dal sapore domestico e familiare che hanno come oggetto azioni di tutti i giorni; sono osservazioni «che oscillano dalla banalità alla tautologia alla dissociazione e che vanno per lo più riferite a stati di contemplazione svagata o di transito» (pag. 106).

Le annotazioni sono davvero brevi e, sebbene Quintane utilizzi la prima persona, l’io è un io generico, che si muove in spazi familiari a chiunque, una casa o una macchina. A questo io «accade ciò che può accadere a chiunque, posto nelle medesime condizioni […]: Everyman o l’io-noi» (pag. 107).

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Nathalie Quintane, Osservazioni

Vale la pena riportarne alcune. Osservazioni nate durante viaggi in macchina:

A volte, un dosso che non ci aspettavamo taglia una frase a metà.

Quando in successione, ho visto il parafango destro di una macchina, la fiancata destra e la parte posteriore, è perché mi ha superato.

E un’osservazione nata in ambiente domestico:

Oltre un certo numero di cose piuttosto piccole, hanno inventato le scatole.

«È sorprendente – scrive Policastro (pag. 108) – che da un’operazione così fredda scaturiscano durante le performance reazioni empatiche da parte degli spettatori: la registrazione di un vissuto troppo comune dovrebbe risultare scarsamente interessante e assai poco catartica, stando ai principi dell’estetica classica». È proprio l’ordinarietà ripetuta e mostrata nuda e senza orpelli a scatenare l’effetto di straniamento. Spesso è proprio la banalità la cosa che viene più difficilmente in mente; Quintane la esplicita, la mostra, la sottopone agli occhi e alle orecchie del fruitore e non è più una banalità, bensì una piccola epifania, così scontata da non averci pensato mai nessuno.

Proseguendo, nel saggio hanno il loro spazio i “neo-novissimi”, espressione con cui Policastro definisce:

quegli autori contemporanei che dai predecessori degli anni Settanta ereditano l’istanza antilirica pur tenendo fermo, al di là di affinità e discendenze più o meno riconosciute o plausibili, lo scarto storico e materiale prodottosi nell’arco del cinquantennale intercorso tra le esperienze della nuova avanguardia e della sperimentazione attuale.

Gilda Policastro, L’ultima poesia, pag. 127

Tra i Novissimi 2.0 Policastro inserisce la già citata Sara Ventroni, Vincenzo Ostuni, Marco Giovenale, Andrea Inglese, Michele Zaffarano e Gherardo Bortolotti. L’eredità appare legittima «in ragione degli analoghi presupposti teorico-pratici: i prelievi di realtà attraverso la procedura del montaggio e la preminenza assegnata al linguaggio (o meglio ai linguaggi), oggetto tra gli oggetti della poesia […] Comune è inoltre la convinzione che solo a partire da un rinnovamento delle forme e dei codici letterari si possa restituire un’idea di mondo non contraffatta […] e non asservita alle istanze dominanti, sul piano del consenso di pubblico e delle condizioni di mercato» (pag. 129).

Alcuni dei nomi citati sopra danno vita nel 2006 al progetto di “scrittura plurale” Gammm, acronimo dei nomi dei cinque poeti del gruppo: Gherardo Bortolotti, Alessandro Broggi, Marco Giovenale, Massimo Sannelli, Michele Zaffarano. A loro si aggiungeranno Andrea Inglese e Andrea Raos una volta uscito Sannelli.

La post-poesia, la poesia dopo il diluvio. La previsione di Sanguineti era sbagliata.
Certo è una poesia diversa, cambiata – anche se, scrive Policastro a pagina 128, «resiste il tenace radicamento della poesia contemporanea, almeno nella declinazione egemone, premiata dalle grandi collane e dai contesti ufficiali se non dalle vendite, in un retroterra piangevole e un po’ petulante, pascoliano senza Pascoli (ovvero senza la cupezza e l’odore di morte delle sue apparenti scampagnate) e dannunziano senza più Fiume (o la guerra o le donne)».

È ad ogni modo una poesia che si è trasferita su altri luoghi, nella rete più che altro, che lontana da intrappolarli ha aiutato i testi ad acquisire fluidità. Una poesia aumentata, aperta a tante possibilità e a contaminazioni di ogni sorta.

Il diluvio doveva porre fine a tutto e invece il saggio termina con una speranza: a voi, leggendo, scoprire quale.

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L’autrice Gilda Policastro
Federica Gallotta
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