Padroni di Niente è il nuovo progetto discografico di Fiorella Mannoia, prodotto da Carlo Di Francesco. Un album scritto durante il lockdown e composto da 8 brani che riflettono il periodo storico che stiamo vivendo
Ritratta in un’emblematica copertina – ispirata al quadro Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich – Fiorella Mannoia torna con la stessa forza con cui l’avevamo lasciata. Se in Personale aveva proseguito un discorso iniziato in Combattente, in Padroni di Niente ritrova quei temi socio-politici a lei cari. Una sorta di fil rouge che lega i tre lavori – ma possiamo dire anche l’intera carriera artistica di Fiorella, che non si è mai tirata indietro nel trattare argomenti spinosi – e che ci trova testimoni di un processo di crescita interiore e di consapevolezza di sé e del suo essere donna e artista in continuo cammino, libera e indipendente, con ideali ben cementati.
Le canzoni bisogna saperle scrivere, nello stesso modo in cui bisogna saperle interpretare.
E questo, Fiorella, lo sa molto bene. Non si percepisce mai improvvisazione, ad ogni parola dona quel significato che merita, ogni canzone la indossa in maniera fluida, naturale ed elegante. Negli anni ha avuto il merito di restituire importanza alla canzone d’autore, selezionando accuratamente gli autori delle storie di cui si è fatta portavoce.
In lei abita quella voglia di ricerca costante del bello, di lungimiranza e prepotenza nel non accontentarsi.
Delle doti che negli anni, prima di lei, ho ritrovato solo in Mina. De Gregori, Bersani, Fossati, Giuliano Sangiorgi, Tiziano Ferro, Pino Daniele, Jovanotti e Niccolò Fabi, sono solo alcuni dei tanti nomi che hanno firmato canzoni per Fiorella. Ed anche questa volta sceglie di camminare insieme a parolieri e cantautori di spicco e che hanno qualcosa da dire.
L’apertura di Padroni di Niente è affidata alla titletrack, una canzone attuale più che mai, con un messaggio importante, di speranza, un invito a non abbandonarsi e a prendere le redini in mano. In questo brano la penna di Amara è imponente «L’uomo cammina e lascia la sua traccia e costruisce muri sopra gli orizzonti. La convinzione che non cambierà mai niente è solo un pensiero che inquina la mente». Niente è più vero e sincero di questo.
Chissà da dove arriva una canzone è il singolo nato dalla collaborazione con Ultimo. Un brano emozionante e profondo, che parla di futuro e di aspettative, perfettamente cucito addosso a Fiorella. «E chissà se poi la vita scorre o siamo noi a darle un senso a volte. Io non trovo qui una spiegazione. Ma forse è proprio dai tuoi occhi che arriva una canzone». E’ qui che ho avuto conferma di come Fiorella non dia nulla per scontato, di quanto sia aperta alle nuove generazioni e pronta ad un confronto con esse.
Si è rotto è una ballad raffinata, è il racconto di un amore, di “rughe intorno agli occhi” e che poi “amare un po’ di più” non è così difficile. Anche Olà è un brano d’amore, ma con ritmi meno classicheggianti e più moderni, un pop elettronico piacevole che confluisce alla voce di Fiorella nuova linfa. L’intensità dirompente del timbro dell’interprete romana è tutta in Eccomi qui, dove “l’amore è un brivido ed è tutto qui”.
Se c’è una cosa che ho sempre apprezzato di Fiorella è quello di non tirarsi mai indietro nel lanciare “frecciatine” random tramite canzoni, poi se Simone Cristicchi le fa da spalla allora siamo a cavallo. Ed è qui che nasce la canzone indignata, di quelle che piacciano tanto a me: La gente parla. «Si sprecano tante, troppe parole. Facciamo tanto, troppo rumore. Se posso dire una cosa che penso: ci vorrebbe solo un po’ di silenzio».
Sogna è la vera perla di Padroni di Niente, è una lettera aperta, una dichiarazione esplicita. «E ricordati che il tempo non aspetta, assapora ogni momento perché non ritornerà dietro ad ogni gesto c’è il percorso di una strada che nel viaggio scopre la felicità». Un brano che non ti stanca, che resta, che fa sognare.
Come in Personale, anche in Padroni di Niente torna la formula della “canzone sospesa”, uno spazio che Fiorella condivide con un artista emergente. In questo caso è la cantautrice Olivia XX – ho apprezzato la sua capacità di tenere testa alla più grande interprete sulla scena musicale italiana, insieme a Mina – con cui duetta in Solo una figlia, brano che chiude il disco. Ed è proprio nel finale che arrivano i brividi di dolore, quella morsa allo stomaco di una storia senza lieto fine troppe volte reale per non crederci.
Fiorella Mannoia non è leziosa nella sua grandezza.
Si espone, ancora una volta, senza remore, facendosi testimone di una stagione di vita, forse la più drammatica dell’era repubblicana, che coinvolge tutti noi. La Signora della musica italiana si fa portavoce di pensieri più profondi, caricandosi addosso tematiche quotidiane che ci riguardano da vicino.
In genere, quando mi piace davvero un album, consiglio di ascoltarlo. Ecco, questa volta no. Questa volta non vi consiglio di ascoltare Padroni di Niente, ma vi consiglio di comprarlo. Vi chiedo di contribuire a salvare la bellezza dell’arte, la nostra arte. Vi chiedo di aiutare a far nascere delle rose in un giardino che sta appassendo, che è chiuso al pubblico da troppo tempo e ha bisogno di qualcuno che semini per rifiorire e tornare a germogliare, perché ha ancora tanto da dare e da dire.
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