Benvenuti alla prima puntata di Disney Anthropology, la rubrica che si occupa di antropologia e mondo Disney. Partiamo subito con una frase ad effetto:
Walt Disney era un antropologo.
No, non era laureato in antropologia, e dubito che avesse avuto a che fare, ai suoi tempi, con gli antropologi suoi contemporanei. Ma, per certi versi, il papà di Topolino aveva uno sguardo che ben si avvicinava a quello di Boas e Malinowski.
Walter Elias Disney nacque nel 1901 a Chicago, ma trascorse la sua infanzia in Missouri, in una fattoria che il padre aveva acquistato vicino al fratello Robert. Era il quarto di cinque figli, e iniziò le scuole elementari a otto anni, così da poterci andare con la sorella minore. Trasferitosi a Kansas City da adolescente, cercò di farsi conoscere come fumettista per un giornale locale, ma venne definito “senza fantasia”.
Solo una volta spostatosi a Hollywood dal fratello maggiore, dopo il suo ritorno dal fronte europeo della Prima Guerra Mondiale, riuscì a iniziare la sua carriera vera e propria (e sposò nel 1925 Lillian Bounds, aiuto animatrice). Nel 1928 nasce Mickey Mouse (il nome gli è stato dato dalla moglie di Walt), e il suo successo arriverà grazie all’intuizione di Disney di aggiungere il sonoro al cartone animato Steambot Willie.
Il progetto si basava soprattutto sul far viaggiare con la mente gli spettatori dei suoi film. Far uscire nel 1937 al cinema qualcosa come Biancaneve era un azzardo: l’Europa era sulla soglia della Seconda Guerra Mondiale, e anche gli USA ne risentivano, vista soprattutto la crisi economica che avevano appena attraversato. Ma Disney era convinto che un cartone animato avrebbe potuto riportare la gioia agli spettatori…e così è stato!
Walt Disney e l’origine dei suoi film
Dobbiamo assolutamente considerare anche l’origine delle storie che Walt Disney aveva scelto per i primi cartoni animati che aveva deciso di produrre. Biancaneve era una storia europea (tedesca, per la precisione), nel 1940 esce Pinocchio, dal racconto di Collodi (italianissimo!), fino all’ultimo film che vedrà la supervisione diretta di Disney (prima della sua prematura dipartita a 65 anni), Il Libro della Giungla, uscito postumo nel 1967, dal romanzo omonimo di Rudyard Kipling. Eccola, la vena antropologica di Walt Disney: il fortissimo desiderio di far conoscere agli spettatori americani delle nuove culture, diverse dalla loro. È questo, lo scopo dell’antropologo: interagire con culture diverse dalla sua, fare da ponte fra la sua cultura e quella dell’alterità.
Si dice che Walt Disney, però, fosse razzista, oltre che antisemita. Queste voci sono state smentite dai suoi discendenti, ma anche se fossero state vere, non possiamo dare delle colpe oggi a un uomo figlio del suo tempo (ricordiamo che anche Malinowski, padre della ricerca sul campo in antropologia, era razzista, come evidenziano i suoi diari pubblicati postumi dalla seconda moglie). A causa di alcune parti considerate oggi controverse nei film più datati, infatti, su Disney+ sono stati inseriti dei disclaimer riguardo stereotipizzazioni e rappresentazioni di altre culture che potrebbero essere considerate offensive.
In questo viaggio che faremo insieme cercherò di dimostrare come in ogni storia raccontata dalla Walt Disney Company, dagli albori a oggi, ci sia un fondo di antropologia. Dal ruolo della donna negli anni ’30 di Biancaneve, fino all’uso della cultura Sami in Frozen 2 e il perché oggi Peter Pan e Gli Aristogatti sono considerati razzisti, risponderò alle vostre domande e cercherò di essere la vostra amichevole antropologa di quartiere (semi citazione quasi necessaria).
Avete domande? Dubbi? Perplessità? Fatecelo sapere!
Only hope that we never lose sight of one thing — that it was all started by a mouse.
Spero che non ci dimenticheremo mai di una cosa – che tutto è iniziato da un topo.
[Fonte: Youtube]
(Un ringraziamento speciale ad Antropoché, che mi ha indirizzata sulla retta via)
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