È stato un film atteso da anni, nella speranza che prima o poi la tecnologia sviluppasse la capacità di mettere in scena quanto richiesto. E finalmente quel giorno è arrivato. Gemini Man è il risultato. Il primo film in cui un attore viene digitalmente ringiovanito e, non contenti, la versione giovane del suddetto attore affronta la versione più vecchiotta, quella reale, non digitalizzata. Come giustamente recitano i tagline sui manifesti, Will Smith vs Will Smith.
Dalla sapiente mano di Ang Lee, da un grande attore come Will Smith e dall’ausilio tecnologico ed economico che Hollywood mette a disposizione ci si aspetta che il cinema ne ottenga qualcosa di nuovo. Pensate a quanti e quali usi si potrebbe fare di questa tecnologia figlia (o forse madre?) di tutte quelle app che ritoccavano l’età degli utenti dai selfie che mettevano a disposizione. Eppure né la sapiente mano del grande regista né l’ennesima buona prova del grande attore ottengono il risultato sperato.
Gemini Man è un film che nonostante tutto non riesce a proporre qualcosa di veramente innovativo. Sì, le prestazioni del protagonista (e del suo doppio) sono convincenti, ansiosamente realistiche, controverse e ricche di pathos. Ma ancora una volta sembra di avere a che fare col classico film d’azione. Dai soliti veterani di guerra che vivono in splendide magioni o maestosi yatch (fosse davvero sempre così…), al solito intrigo/piano malefico all’interno di CIA, FBI o chi per loro, al solito scontro a fuoco in cui il protagonista è comunque troppo forte per un agente segreto speciale super mega corazzato. Insomma, i cattivi hanno sempre una pessima mira e il buono vince sempre. Come sconfiggerlo? Ricreando il clone, più giovane, più scattante, più forte del buono. La grande trovata è tutta qua. E quello che poteva aprire tutto un filone di indagine interiore e di ri-scoperta di se stessi si risolve in una zuffa a colpi di motociclette.
Questo clone più giovane poteva dare il via a un interessante intreccio tra tema del doppio e complesso edipico. Il giovane che affronta il vecchio, il figlio che affronta il padre, ma dove il figlio e il padre sono la stessa persona, dove il primo incarna il lato malvagio e il secondo quello buono. Si poteva richiamare Dr. Jekyll e Mr. Hyde e farli incontrare con l’Edipo Re. Mettere insieme Stevenson e Sofocle non era scontato. Se poi a quello ci si univa il tema solo vagamente accennato degli orrori della guerra… Il “vecchio” parla spesso del tormento che prova nelle numerose vittime che ha provocato con il suo talento da cecchino ed è stanco di uccidere. Il “giovane” Smith prova invece una forte ebbrezza da videogame, adora il massacro e uccidere il “vecchio” costituirebbe la sua definitiva maturità ed emancipazione. Hai voglia a raccontarne di storie, se si posassero un attimo i mitra.
Ma invece il fascino che esercita l’imbracciare pistole, bazooka e fuciloni sempre più grossi ha una forza irresistibile a cui è impossibile dire di no. Il risultato è una riproduzione cinematografica di Call of Duty e dei tanti altri sparatutto in prima persona che affollano le pareti dei playstore da molti anni. Una riproduzione – è giusto riconoscerlo – di ottima fattura. Gli effetti speciali sono all’avanguardia, le scene dei combattimenti corpo a corpo sono affollate di spettacolari coreografie. Per non parlare di una digitalizzazione di Will Smith da lasciare sbalorditi. Sul serio: sembra di vedere il Genio della Lampada e il Principe di Bel-Air che si azzuffano fino alla morte.Ma Gemini Man si riduce veramente a questi pochi aspetti.
Il blockbuster continua a rimanere fermo immobile su certi canoni da più di cinquant’anni. Si spera anche che il gusto di un grande come Ang Lee riesca a fornire quel guizzo in più per spingersi veramente in avanti. E invece i soliti cliché, la solita fabula, il più classico degli happy end. Il futuro nel cinema non può essere solo migliorare costantemente gli effetti speciali a scapito della sceneggiatura. C’è tanto ancora da esplorare, da mettere in luce, da indagare in questo mondo. Ma se il futuro è Gemini Man, allora meglio una partita a un bel videogame: almeno in questo caso si è attivi piuttosto che guardare passivamente gli altri giocare.
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