Andrea Laszlo è giunto al suo terzo album, “Una lunghissima ombra”.
Come “Uomo Donna” ed “Ecce homo” prima ancora, il suo stile conferma le sue caratteristiche più nitide: ascoltare Andrea Laszlo è un po’ come immergersi in un’esperienza onirica, trattenere il respiro sotto l’acqua e vedere quelle poche bolle che escono dalle nostre labbra chiuse, per poi svegliarci o tornare in superficie e chiederci cosa sia successo poco o tanto tempo fa.
“Una lunghissima ombra” ci proietta immediatamente in un mondo che va oltre la nostra esperienza quotidiana. Il buio, brano d’apertura, ci trascina secondo dopo secondo al di là di una fanfara in cui si può riconoscere una versione storpiata del Bolero di Ravel: eccoci entrare dall’altra parte, nel mondo di Andrea Laszlo. Si tratta di un brano strumentale o forse addirittura di un’overture noise, in una formula che Laszlo ripeterà più volte nel corso della sua opera.
Sono le delicate note di Ricordo tattile a darci poi il primo vero punto di partenza dell’album. Il suo incedere terzinato d’altri tempi può richiamare le atmosfere degli anni Sessanta, sebbene i versi ci portino alla disillusione di questa decade un po’ maledetta: l’ossessività, la ripetizione di certe frasi assomigliano al tentativo di aggrapparsi a un singolo ricordo felice per dare un senso a una realtà troppo distorta rispetto alle nostre aspettative.
Il disturbo uditivo provocato da Neon genera un passaggio faticoso sebbene rapido che ci spinge verso le note liete del pianoforte di La notte. Seguito da un morbido flauto, il discorso melodico del brano si arricchisce di cori, batteria, percussioni, perfino fischi. Ai nostri sensi si schiude, come il fiore tante volte menzionato da Laszlo, un mondo placido, pregno di ricordi e di speranze, chiusa infine da una distorsione acustica.
Nuovamente un flauto apre le melodie della mente libera e poetica di Laszlo per arrivare a Colpevole. Le atmosfere oniriche seguono quanto già tracciato da La notte, mentre i profondi respiri del finale del brano ci introducono a Quando. “E’ colpa del respiro”, dice Laszlo, “se soffro tanto, ma son vivo”. Vivere è tanto bello quanto brutto, è un’esperienza immensa e bellissima, che richiede però di attraversare tante prove, tante sofferenze.
Dopo esserci sentiti colpevoli, Quando ci ricorda le varie colpe esterne a noi che scandiscono la nostra vita, tappe fondamentali nella vita di ciascuno di noi, in una lunga sequenza di ricordi, sensazioni e misteri dell’animo umano, con un particolare approfondimento sull’amore e il sesso.
Aspetterò: la melodia ritmata e ripetitiva di uno scacciapensieri si incrocia col ritmo di un treno per poi schiudersi, nella tipica formula di Laszlo in “Una lunghissima ombra”. Di niente è fatto tutto, capire che la vita è impossibile da capire se non vivendola, comprendere che essa è solo un insieme infinito di continui presenti… Cosa aspettare quando il tardi diventa presto?
Mentre il brano sfuma nel consueto sfarfallio acustico, la voce di un bambino ci accenna la melodia di Per te. L’elenco di cose indicibili che si farebbe per una persona di notevole importanza per noi è il fulcro di questo brano, un modo per riempire una vita da vivere mentre si aspetta, laddove il tempo stenta ad esistere se non come un flusso continuo ed inesorabile.
La voce del bambino che poi si va a trasformare in quella dall’adulto rende allo stesso tempo sia il desiderio un po’ ingenuo di fare qualunque cosa per una persona particolare sia come, in fondo, si rimanga sempre un po’ bambini nella vita e benché il tempo scorra in una direzione il nostro presente resti sempre ancorato a noi, come eravamo, come siamo, come saremo.
Ma il tempo passa. Ce lo dice perfino il conto alla rovescia stile L’anno che verrà all’inizio di Un momento migliore. Il tempo passa, ma Laszlo sceglie di restare bambino, nonostante gli insegnamenti genitoriali, nonostante il corso della vita. Perché le esperienze vissute, le delusioni amorose, le disillusioni che la vita porta costringono ad affrontare incertezze, dubbi esistenziali quasi strazianti e definitivi. La soluzione migliore sembra quindi chiudersi in un ritorno forzato, irrealistico all’infanzia, quel momento migliore indicato nel titolo, agognato da tutti, irraggiungibile per chiunque.
L’armonia di flauti di Diffrazione ci porta a Pienamente. Consci del ciclo della vita, e quindi come in sintesi alla nascita prima o poi necessariamente conseguirà la morte, è importante vivere pienamente questa nostra esistenza. Per viverla pienamente Laszlo fa appello alle emozioni e all’amore. Poco altro conta, alla fin fine.
Il gioco delle emozioni, il loro peso e la loro energia sono come un uragano nel petto che fermare non si può. Planando sui raggi del sole ci fa volare sopra il livello normale dell’esistenza umana, andando verso una dimensione superiore, eterea, in cui come angeli diventiamo capaci di planare sui raggi del sole. Una evoluzione di quel sogno di bambino che già Per te ci aveva accennato, nel tentativo di vivere la realtà attraverso altre lenti, senza sovrastrutture, senza costrizioni. O bambini o angeli: esseri puri, con emozioni sincere, dove il tempo sembra sempre uguale e non passare mai.
Le dissonanze di Spiragli sfociano quindi in Quello che ero una volta. Un nuovo richiamo a un passato idealizzato, quando ero un uomo migliore, per poi chiudere con Rifrazione e il successivo Non è reale il cerchio aperto da Diffrazione. Quante volte ce lo siamo detti, da bambini come da grandi, non è reale? Il tentativo ingenuo, disilluso ancora prima di pronunciarlo, che la realtà non fosse quello che in realtà era, che la vita fosse diversa da come si srotolava davanti ai nostri occhi? Eppure in fondo, cosa è reale di una vita che non riusciamo a comprendere mai veramente? Cosa può essere definita come realtà quando ogni definizione certa sfugge al nostro controllo?
Il flusso di coscienza che ha caratterizzato tutto “Una lunghissima ombra” scema improvvisamente con la titletrack. Una lunghissima ombra, brano che chiude l’omonimo album, distingue nettamente due figure, che in un certo senso sono le due metà di uno stesso individuo. Il suo presente, adulto, maturo, consumato e formato dalla vita e dalle esperienze, guarda il suo passato, bambino, ingenuo, tutto ancora da costruire e da crescere.
Questa lunghissima ombra che si proietta quando viene sera, un po’ la fine che si avvicina, il peso di tanti ricordi, sogni svaniti, emozioni profonde: con questo ultimo brano, Laszlo compie un’ultima e distaccata disamina sull’esistenza e sul suo senso. Ammesso che ce ne sia uno.
“Una lunghissima ombra” costituisce una prova molto importante per Laszlo. La forza della sua poetica costringe l’ascoltatore a confrontarsi costantemente e in maniera piuttosto pungente col senso della vita, l’effettiva validità e soggettività delle scelte, il valore dei ricordi. Si può sostenere che a livello di tematiche Laszlo faccia un’ulteriore passo avanti rispetto ai suoi precedenti lavori, in una crescita costante, seppur piuttosto dilazionata, della sua opera.
Lo stile dell’album ricalca le opere precedenti, in particolare “Uomo donna”. La formula proposta è infatti quella di una sorta di flusso di coscienza musicale in cui un filo conduttore unisce tutti i brani dell’album, in un concept unito musicalmente e tematicamente da questi suoni di sottofondo, disturbanti, dissonanti, eppure tipici della cacofonia della nostra quotidianità.
Certe soluzioni compositive fanno pensare addirittura al lato un po’ naive del Progressive degli anni Settanta, su tutti i Camel di “The Snow Goose” e di “Moonmadness”, seppur non manchino anche vaghe reminiscenze pinkfloydiane. A livelli di testi risulta spontaneo accostare le immagini, i sogni di Laszlo a quelli di un altro cantautore che con la sua fantasia ci ha fatto viaggiare verso altri mondi: Franco Battiato. Chissà che Laszlo non ci possa condurre a una nuova era del cinghiale bianco. Per il momento possiamo tuffarci nuovamente sotto la superficie dell’acqua, a trattenere il fiato mentre “Una lunghissima ombra” si proietta davanti a noi per ricordarci chi siamo, chi eravamo e, magari, chi vogliamo cercare di essere.
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