Uscita a giugno del 2003, La Meglio Gioventù è una delle migliori rappresentazioni dell’Italia del secondo dopoguerra. Un’epopea capace di ricostruire gli anni del conflitto generazionale, del Sessantotto, dell’emancipazione, dell’alluvione di Firenze, delle Brigate Rosse, della strage di Capaci, dello scandalo “Mani Pulite”.
Sei ore. Due atti. Ogni sequenza, una riflessione. Un lungo, intimo, appassionante e maturo ritratto di un Paese in costante trasformazione. È questo La Meglio Gioventù di Marco Tullio Giordana: un luogo privilegiato per la costruzione lucida di una memoria condivisa e travolgente, capace di parlare ad un pubblico esteso. Il racconto si dirama in quasi 40 anni di storia sociale. Al centro ci sono le vite di due fratelli, che si intrecciano con delicata maestria nello scorrere dei decenni.
«Siamo stanchi di diventare giovani seri o contenti per forza, o criminali,
Pier Paolo Pasolini, La meglio gioventù
o nevrotici: vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla
vita, chiedere, ignorare. Non vogliamo essere subito già così senza
sogni».
La Meglio Gioventù è radicato negli intimi dettagli familiari. Palleggia tra il privato e l’attualità civile. Racconta le vicende della famiglia Carati, appartenente alla piccola borghesia romana. In particolare, narra le storie melodrammatiche dei due fratelli: Nicola (Luigi Lo Cascio), la parte romantica e idealista, umano e sensibile; e Matteo (Alessio Boni), quello introverso e tormentato, pessimista e decadente.
Prima Parte – La Meglio Gioventù
Nell’estate del 1966 – anno dell’alluvione di Firenze – sembra che le strade dei due fratelli siano delineate. Nicola è uno studente di medicina, pronto per una vita convenzionale come professionista. Matteo invece è un filosofo meditabondo con l’aspirazione di diventare uno scrittore; legge Baudelaire e gli esistenzialisti, e sembra pronto a diventare un hippie.
Ma la vita porta le persone in strane direzioni. E allora, quella serena innocenza viene spazzata via. I due ragazzi si ritrovano – quasi – inconsapevolmente in bilico sul precipizio di uno dei periodi più tumultuosi della storia italiana. Matteo salta intenzionalmente gli esami e diventa un ufficiale di polizia, mettendosi in opposizione al nascente movimento giovanile. E Nicola diventa un medico hippie, che lavora con i malati di mente e partecipa alle manifestazioni con i lavoratori a Torino.
Intorno a loro si muovono personaggi che custodiscono storie interessanti. Le sorelle Francesca (Valentina Carnelutti) e Giovanna (Lidia Vitale); gli amici Carlo (Fabrizio Gifuni), Berto (Giovanni Scifoni) e Vitale (Claudio Gioe); Giulia (Sonia Bergamasco), la fidanzata di Nicola, una comunista in erba, che si troverà dalla parte opposta della legge rispetto a Matteo e Giovanna, quest’ultima che diventerà un magistrato durante gli “anni di piombo” degli anni ’70.
Giorgia (Jasmine Trinca), schedata come schizofrenica, è una ragazza problematica di 16 anni, orfana di madre e originaria di un piccolo paese dell’appennino abruzzese. La giovane vive in una clinica e, a causa di gravi e ignote vicende familiari, non parla quasi mai e ha paura del contatto con gli altri. A Palermo, Matteo – che si presenta come Nicola – incontra Mirella (Maya Sansa), una giovane fotografa amatoriale, dolce e forte nell’affrontare le controversie della vita.
Nella prima parte del film, che termina nel 1980 con il matrimonio di Carlo e Francesca, i personaggi vengono uniti e separati durante il corso della storia. E vediamo Giulia scivolare nell’ideologia del terrorismo radicale. Lasciando Nicola e la figlia Sara. Un passaggio documentato da Giordana con una meticolosità e inevitabilità sorprendente.
Seconda Parte – La Meglio Gioventù
Nell’estate del 1982 – quando l’Italia sta per alzare la sua terza coppa del mondo – i personaggi, invecchiati per gentile concessione di alcuni effetti di trucco meravigliosamente sottili, si allontanano da alcuni epicentri del cambiamento sociale per andare incontro ad altri, ugualmente significativi. Per alcuni di loro la routine prende il sopravvento, altri si mostrano vulnerabili e mortali. Sale un senso di sconfitta, di sogni non realizzati e di opportunità mancate.
Mentre Nicola è intento a crescere e sostenere Sara (Camilla Filippi), ormai adolescente, Giulia fa di tutto per rivedere la figlia, facendo i conti con le scelte che l’hanno allontanata da lei. Ma si accorgerà ben presto che la sua nuova vita non ha vie di fuga. Matteo, invece, è sempre più sfuggente e malinconico. Nemmeno l’aver ritrovato Mirella, ora bibliotecaria, sembra scuoterlo. Così, insoddisfatto di tutto, prende la strada del non ritorno.
Una presenza importante per la famiglia Carati e per il corso della storia è quella della madre (Adriana Asti), una donna forte e straziante, capace di patire con dignità dolori e lutti; ma anche una maestra dolce e fragile, innamorata della famiglia e dei suoi alunni. La storia poco alla volta, attraverso lo sguardo interiorizzato di Nicola, che diventa sempre di più il personaggio principale, si addentra nei tumultuosi anni Novanta. Quando l’Italia piangeva Falcone e Borsellino ed era invasa dallo scandalo tangentopoli.
La Meglio Gioventù combina perfettamente la storia sociale e politica con il melodramma romantico. Racconta le storie di Nicola e Matteo, usandole per rivelare la storia della loro generazione e dell’Italia moderna.
Certo, un film – adattato a serie tv – di sei ore è una sfida, ma è vero anche che un grande film di sei ore è un regalo. È proprio la lunghezza della pellicola che ci permette di addentrarci nelle vite dei personaggi. Questi si rivelano in dettaglio, poco alla volta, consentendo a Giordana e agli sceneggiatori – Sandro Petraglia e Stefano Rulli – di costruire un ritmo romanzato e di coprire minuziosamente tutte le debacle e le vittorie di questo nostro paese. Sono raccontate le pietre miliari della storia italiana: l’alluvione di Firenze negli anni ’60, il terrorismo di sinistra negli anni ’70 e la repressione della mafia negli anni ’80.
La fotografia e la sceneggiatura rivelano gli stati d’animo. Attraversa luoghi, percorre strade, divora sensazioni. I colori caldi e freddi fanno da cornice ai sentimenti, all’amore tradito, deluso, trovato, agognato. Così come la bellissima colonna sonora, degna del film. Che racchiude ricchezze musicali, da Mina a Dinah Washington, e un uso ricorrente e abile di Amado Mio di Doris Fisher e Allan Roberts.
La Meglio Gioventù è un’opera di grande valore estetico, su scala profondamente umana. Un testamento significativo per le generazioni. Una cavalcata storico-familiare, dai tratti psicologici, diretta alla perfezione e recitata magnificamente. Un percorso di 40 anni che mostra come l’idealismo radicale lascia il posto prima alla disillusione e poi ad una comprensione umana e un senso di pace.
Il cinema fa la storia, e viceversa.
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