Lo abbiamo visto ritirare la Coppa Volpi al Festival del Cinema di Venezia per la sua straordinaria interpretazione di Martin Eden, ma Luca Marinelli è molto di più. E’ un attore d’altri tempi, di quelli che alla vita mondana preferisce quella privata, che sceglie il buon gusto agli eccessi del glamour, che il talento non lo enfatizza allo stremo ma lo mostra con meticolosa generosità
Per sentirsi parte integrante di un film a volte c’è bisogno di una sceneggiatura senza sbavature, altre di una fotografia imperante, altre volte ancora basta empatizzare con un solo protagonista, o antagonista. Quest’ultimo è il caso di Luca Marinelli capace di riempire una sequenza con un gesto o uno sguardo. Perché quegli occhi tendenti al verde acqua sono incisivi, prepotenti ed eleganti che mi hanno -e non solo a me- conquistata da subito, dal 2010 con la favola-horror La solitudine dei numeri primi dove Bette Davis Eyes è la colonna sonora del mio amore per lui. Eh si, perché la nostra storia d’amore platonica -ahimé- dura da ben nove anni, “io ti conosco da sempre e ti amo da mai” canterebbe Gino Paoli. Ancora oggi, a distanza di diverse primavere, quando mi capita di ascoltare la canzone di Kim Carnes penso alla fortuna e al privilegio che abbiamo nell’avere un attore così brillante, coraggioso e a suo modo rivoluzionario. Un bello senza addominali, di quelli che ti conquistano con il loro carisma e con il loro talento incontaminato.
“Non ci si può affidare unicamente al talento. Bisogna essere curiosi, mangiarsi la vita, viverla fino in fondo”
Presto lo vedremo impersonare “Il Re del Terrore” Diabolik, diretto dai Manetti Bros., al fianco della sempre più brava Miriam Leone e dell’indiscutibile Valerio Mastandrea. Ma Luca Marinelli ha prestato il suo volto a molteplici personaggi, senza mai deludere le aspettative. Tra tanti è stato il solitario Mattia in La solitudine dei numeri primi, il timido Guido in Tutti i santi giorni, l’allucinato Cesare in Non essere cattivo, il leader della malavita Lo Zingaro in Lo chiamavano Jeeg Robot, il sensibile Paolo in Il padre d’Italia, un partigiano in Una questione privata, il poeta maledetto in Fabrizio De André – Principe libero, uno scrittore in Martin Eden. Tutti ruoli che lo hanno portato ad essere considerato uno dei più bravi attori che l’Italia abbia mai avuto. Uno di quelli che ti rendono soddisfatta del cinema italiano e che ti fanno gridare “Luca Marinelli è roba nostra” in segno di orgoglio. Ah, ci tengo a sottolineare che a mio avviso è il più bravo e completo di tutti. E non perché ho una sua foto fissata come immagine della home sul mio telefono, ma perché è proprio di un altro livello.
Dal cattivo dark allo scrittore wannabe-borghese
Premiato con la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile, lo scorso mese abbiamo assistito forse al momento più alto della carriera di Luca Marinelli. Un film d’autore politico-civile gestito magistralmente tanto da essere selezionato nella rosa dei candidati agli Oscar 2020, superato in corsa da Il Traditore di Marco Bellocchio.
Tuttavia, nonostante l’impeccabile esegesi nei panni di Martin Eden, molti hanno conosciuto Luca in Lo chiamavano Jeeg Robot grazie alla rappresentazione di un personaggio tra il dark, il grottesco e lo psicopatico, che strizza l’occhio ai cinecomics. Perché il suo Fabio Cannizzaro, per tutti Lo Zingaro, è un Joker di borgata, un antagonista bizzarro che si è fatto amare alla follia non solo dagli appassionati di cinema, ma anche dal mondo dei social. La sua personalissima e sui generis interpretazione di Un’emozione da poco, è tra le scene più iconiche del cinema italiano, oltre che una delle migliori cover della canzone di Anna Oxa. Trasformista, sanguinario e totalmente sopra le righe, quegli occhi sgranati e quell’accento romano lo hanno consegnato agli amanti dei meme e delle gif, facendolo diventare uno dei cattivi-dark simbolici, una vera e propria star del web. Una performance magistrale che gli valse il David di Donatello.
Luca Marinelli un perfetto “principe libero”
Come ho sottolineato in precedenza, la versatilità dell’attore romano non si consuma soltanto in queste due pellicole. Il carisma e il coraggio di Luca Marinelli sono stati l’archetipo della rappresentazione cinematografica di Fabrizio De André – Principe Libero. Luca ci ha restituito non l’artista -perché questo è impossibile, nonostante la bravura incondizionata- ma il Faber uomo, con le sue fragilità, le sue paure e i suoi limiti, facendolo emergere con una naturalezza senza precedenti. Ha ridato vita ad uno dei cantautori più sacri, un omaggio elegante al più grande tra i grandi, senza cadere nel facile errore di una brutta copia sgangherata. Una trasposizione cinematografica intima e poetica che solamente i giganti del cinema sanno fare. Che solamente la gestualità e la voce di Luca Marinelli potevano fare.
Dopo dieci anni di ruoli irreprensibili, non riesco ad immaginare il cinema italiano senza Luca Marinelli. Perché Luca è un puro. E’ uno di quelli capaci di immedesimarsi completamente e con professionalità nella storia di un personaggio, imprimendo ad ognuno la sua personalità.
E allora dobbiamo ringraziarlo per averci reso partecipi della sua arte, per averci fatto conoscere il suo enorme talento di cui non ci sentiremo mai sazi.
Sopra di Lui solo il cielo.
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