È stato Comandante di Lorenzo De Angelis ad aprire Venezia 80.
Il regista – anche co-sceneggiatore insieme a Sandro Veronesi, autore del libro da cui è stata trasposta l’opera – ha portato a termine il compito con una narrazione vecchio stampo, mostrando a “spizzichi e bocconi” la vera natura del fascismo e incentrando la storia sul gesto coraggioso e di umanità del comandante di un sottomarino che prima di essere difensore della patria si è dimostrato un uomo di mare.
Il protagonista della storia è Salvatore Todaro (Pierfrancesco Favino), il comandante del sottomarino Cappellini in viaggio verso l’Atlantico in missione anonima per combattere le forze nemiche inglesi. Un personaggio controverso, a tratti ambivalente, capace di lasciare la moglie Rina (Silvia D’Amico) e il figlio a terra per lungo terra ed essere altresì una figura paterna per il suo equipaggio, ma senza mai perdere l’autorevolezza. Due sono i momenti centrali del film: quando il viaggio dell’equipaggio attraversa lo Stretto di Gibilterra e si trova a passare tra le bombe di profondità britanniche; e quando il sottomarino incontra una nave belga, apparentemente neutrale durante la guerra. Dopo una battaglia senza restrizione di colpi, la Cappellini riesce ad affondare la nave Kabalo ed i marinai belgi si ritrovano in mare. Per loro la sorte sembra segnata se non fosse per il comandante italiano che prende una decisione tanto coraggiosa quanto inaspettata: salvare la vita a quei marinai portandoli verso un porto sicuro, mettendo a repentaglio la sua vita e quella di tutto il suo equipaggio.
Non so se Salvatore Todaro sia stato davvero un eroe come lo hanno definito tutti. Ciò che però gli va riconosciuto è il gesto di totale umanità altruistica fatto mentre stava dalla parte sbagliata della storia da “buon fascista” qual era. Una narrazione molto più contemporanea di quanto si possa immaginare se si considera il Mediterraneo diventato ormai il cimitero di naufragi “invisibili”. Gli eventi raccontanti in Comandante sono fedeli al reale, una narrazione profondamente italiana che fa luce su una delle pagine più buie della nostra storia anche se faccio fatica ad apprezzare una sceneggiatura che sorvola il contesto storico e glorifica un uomo convintamente fascista, seppur un grande esempio di umanità incastrata negli artigli di un regime disumano e privo di qualsiasi dignità.
Pierfrancesco Favino ha confermato di essere un attore straordinario, nonché perfetto per un ruolo come questo nel quale gli veniva chiesto di impersonare una figura tanto fredda quanto gentile. Ha portato in scena un uomo che lascia che le leggi del mare prevalgono sui comandi dei superiori sprigionando tutto il suo machiavellico talento. Una sceneggiatura che purtroppo non ha saputo valorizzare il personaggio di Rina, la moglie del comandante, interpretata dalla brava e convincente Silvia D’Amico, svilita a donna abbandonata e menzionata ogni tanto nelle lettere inviatele dal marito. Una mancanza narrativa che si percepisce anche nei personaggi secondari, superficiali e poco considerati nel racconto. È come se si avesse costantemente l’impressione che manchi qualcosa di accattivante e sinergico.
Anche la regia non riesce a dare quella spinta che ci si aspettava da un film tanto atteso come Comandante, nonostante sia tecnicamente competente e ben realizzata. De Angelis, in Comandante, ha eseguito inquadrature piuttosto semplicistiche e regolari, mettendo in piedi un film mainstream classicheggiante, ma tutt’altro che avvincente seppur si tratti di un film di guerra.
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