Al cinema dall’11 aprile e prossimamente in streaming su MUBI, I delinquenti (Los delincuentes) è il nuovo film dell’argentino Rodrigo Moreno, che ribalta i codici dell’heist movie in un gioco di specchi intrigante e dagli esiti inaspettati, vero e proprio inno contro il conformismo e la monotonia della vita moderna.
E se potessimo passare il resto della nostra vita senza dover più lavorare? Scappare dalla grigia routine della città, dalle giornate tutte uguali e faticose, magari ritirandosi in campagna insieme all’amore della propria vita. È questo desiderio che insegue Morán (Daniel Elías), modesto impiegato di una banca di Buenos Aires, che un giorno decide di coinvolgere un collega in un piano tanto semplice quanto funzionale per poter permettere ad entrambi di smettere di lavorare e godersi le loro vite: rubare l’esatta somma di denaro che i due avrebbero guadagnato nei loro restanti anni di carriera prima della pensione, costituirsi e aspettare di uscire di galera per poterne disporre.
Compito di Román (Esteban Bigliardi) sarà quello di custodire i soldi da dividersi mentre il collega sconta la sua pena, continuando a vivere tranquillamente la sua vita. Le cose non si riveleranno così semplici: il fatto crea scompensi nella banca, tra interrogatori, licenziamenti e tagli degli stipendi, Román è assalito dalla paura di essere scoperto e dai sensi di colpa, e anche per Morán la vita in carcere è più dura del previsto. La comparsa di una misteriosa donna, forse amata da entrambi, complicherà ulteriormente le cose e porterò la storia dei due uomini verso orizzonti inaspettati.
Rifacendosi al film Apenas un delincuente di Hugo Fregonese, classico del 1949, il regista Rodrigo Moreno imbastisce un film-fiume sulla scia del più recente cinema argentino (La Flor, Trenque Lauquen), un’epopea che ha volutamente ben poco di tragico, più in bilico tra il ridicolo e la fascinazione. La prima parte è incentrata sulla vita in banca dei due uomini, il colpo di Morán e le sue ripercussioni, ma ben presto il furto del denaro diventa quasi un MacGuffin, un espediente narrativo per raccontare la crisi di mezza età di due uomini imprigionati in una routine senza uscita, spinti dal desiderio di cambiare le loro vite.
Ecco che allora il racconto prende strade inaspettate, attraverso cambi di prospettiva ed espedienti temporali che mirano a rendere il tutto sfaccettato ed imprevedibile senza mai cadere nell’artificioso, in un gioco sofisticato di aspettative disattese. I codici dell’heist movie vengono scardinati completamente, non si hanno colpi di scena e cambi di marcia appariscenti e che hanno a che vedere con la muscolarità tipica di questo cinema.
Il registro è semmai quello del lirismo, della sospensione tra realtà e sogno, e il film vive di tempi compassati e ipnotici, riuscendo comunque a mantenere sempre viva l’attenzione; è un cinema quello proposto da Moreno (così come da altri suoi colleghi della scuola albiceleste) che sembra vivere di una misura del tempo tutta sua, slegata dalle norme a cui siamo comunemente abituati.
Impossibile in questo senso non pensare a opere del cinema recente come Trenque Lauquen di Laura Citarella (scelto dai Cahiers du Cinéma come miglior film del 2023), con cui I delinquenti ha più di un elemento in comune, a partire dalla suddivisione in capitoli e dalla presenza dell’attrice Laura Paredes, qui nel ruolo di un’ investigatrice dell’agenzia delle entrate.
Come quello è un film proteiforme, che giustifica la sua generosa durata (190 minuti) cambiando pelle di continuo e spostando la propria attenzione su luoghi e situazioni sempre diverse, dando l’impressione di star vedendo dei film dentro al film. Anche qui inoltre, la presenza di una donna, Norma, bella e misteriosa come la Laura di Trenque Lauquen, contesa tra i due protagonisti che si innamorano di lei in circostanze e momenti diversi, può rappresentare la libertà, la fuga verso una nuova vita che permetta di lasciarsi tutto alle spalle.
Molto del fascino de I delinquenti sta anche in questo gioco di specchi, di personalità divise e scomposte, a partire dai nomi anagrammabili di Morán e Román, due facce della stessa medaglia, spesso separati sullo schermo mediante lo split screen che ci permette di seguire le loro vite parallelamente; ma anche il triangolo Norma-Ramón-Morna, simbolo di quell’idillio bucolico che si manifesta come possibilità di una nuova vita per i due protagonisti.
E ancora, la presenza del veterano Germán de Silva nel doppio ruolo del capo della banca e della gang del carcere, a sottolineare il rapporto tra questi due ambienti opprimenti e fondati su gerarchia e denaro. Un gioco di sdoppiamenti, anche narrativi, che apre all’idea della confluenza di più vite in una sola, alla compresenza di più versioni di sé stessi, ma anche agli innumerevoli bivi che ogni scelta umana può comportare.
Una critica feroce al mondo del lavoro, opprimente e soffocante, al denaro come misura di ogni cosa, a cui opporre la ricerca di una libertà individuale, I delinquenti è un mix di generi che non rinuncia anche a strappare più di un sorriso in alcuni dei suoi momenti più grotteschi: l’innesto comico è alle volte così sottile e inaspettato, nonché del tutto incoerente con i toni del momento, da risultare sorprendentemente divertente.
I delinquenti è un film fresco, vivo e pieno di idee, che conferma l’ottimo momento di forma del Nuovo Cinema Argentino, una perla che merita una visione in sala per godere a pieno del suo flusso sorprendente di immagini e suoni.
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