Presentato alla 78° Mostra del Cinema di Venezia, Madres Paralelas è l’ultima fatica cinematografica di Pedro Almodóvar, un racconto storico-politico della guerra civile spagnola intrecciato al melodramma delle vite di due madri agli antipodi. Meravigliose le due interpretazioni centrali: Penélope Cruz, vincitrice della Coppa Volpi, e Milena Smit, nuova musa del cineasta spagnolo.
Chi ama il cinema di Pedro Almodóvar sa bene quanto la maternità sia un tema ricorrente nelle sue opere. A più di due decenni di distanza da Tutto su mia madre e a due anni da Dolor y Gloria, il regista spagnolo riprende il tema come epicentro e lo ricolloca in Madres Paralelas. Un film che gioca su due sponde: da una parte abbiamo la storia di due madri imperfette, dall’altra la ricerca della verità a tutti i costi.
Perché questo film parla di due madri che vivono situazioni opposte ma che, ad un certo momento, i loro destini si legano in maniera irrimediabile; ma parla anche di memoria storica e ricerca della giustizia, rivendicando, in qualche modo, le vittime del franchismo, facendo i conti con quel passato che torna a bussare alla porta. Attraverso questa trama “parallela”, per la prima volta, Almodóvar affronta apertamente una questione politica e lo fa in maniera perfettamente irregolare.
Il film racconta la storia di Janis Martinez (Penélope Cruz), una fotografa appassionata, bella e indipendente. Da anni, però, cerca di far disseppellire i corpi di alcuni suoi antenati, tra cui il bisnonno, in una fossa comune vicino la casa nelle campagne spagnole, brutalmente uccisi all’inizio della guerra spagnola. Ad aiutarla in questo suo obiettivo c’è Arturo (Israel Elejaide), un antropologo forense. La relazione tra i due porta ad una gravidanza inaspettata.
Durante il ricovero in ospedale, Janis incontra Ana (Milena Smit), un’adolescente che condivide la sua stanza nel reparto maternità. Le due, che arrivano da due mondi opposti, hanno anche due approcci diversi all’imminente maternità: mentre Janis sente che questa gravidanza può cambiare il corso della sua vita, Ana è molto più riluttante, data la sua esperienza in una famiglia disfunzionale, la cui madre (Aitana Sánchez-Gijón) è priva totalmente del suo istinto materno. Tuttavia, formano immediatamente un legame che cambierà per sempre le loro vite.
Janie e Anna combattono una guerra civile tutta loro, fatta di lotte, affetti, intimità, diffidenza. Sono madri profondamente imperfette, che conducono faticosamente le loro vite cercando il meglio per loro. Commettono errori, lottano, ma non smettono mai di essere donne, riconoscibili e comprensibili.
Nonostante Almodóvar ami particolarmente i temi melodrammatici, in Madres Paralelas li evolve in maniera più profonda e complessa. Il modo in cui il melodramma moderno può cancellare le tragedie del passato è proprio il punto del film. Ana stessa con la sua giovinezza, il suo background familiare e il suo trauma non è colpevole di aver dimenticato la storia del suo paese, semplicemente non ha mai saputo dello strazio della guerra civile. Allo stesso modo non sa chi sia Janis Joplin, da cui ha preso il nome Janis.
Almodóvar, la cui direzione trasuda sicurezza, non rifugge da momenti spiacevoli, svolte inaspettate e tragiche. In questo è aiutato anche da due attrici ineffabilmente eccezionali.
L’interpretazione di Milena Smit è meravigliosamente cruda, una bambina che diventa una donna, che si riprende da un passato pregno di errori, in cui deve imparare a vivere e sopravvivere nel presente per il futuro. Penelope Cruz regala un’interpretazione memorabile di una donna sicura di sé, che desidera scoprire la verità di un passato ancora troppo presente. Nella prima attrice spagnola, Almodovar ha trovato la sua musa ispiratrice, un’attrice che non solo abita il suo universo, ma lo crea.
Da grande ammiratrice del cineasta spagnolo, ho amato particolarmente questo film per il fatto che al centro di tutto c’è un argomento tabù per la società spagnola: cosa è successo durante la Guerra Civile? Almodóvar cerca di alzare il vaso di pandora su questo argomento, mettendo la questione davanti ad un paese che rifiuta di confrontarsi con la sua storia.
Il personaggio di Janis ci fa capire come le ferite della dittatura franchista non si sono mai rimarginate. Quelle ferite rappresentano le persone morte durante la guerra civile e che non hanno avuto una degna sepoltura; ma anche tutti quei desaparecidos traditi da un Paese che ha deciso di voltare pagina e rimuovere la memoria del proprio passato.
Come negli altri film di Almodóvar, anche qui c’è una particolare attenzione all’estetica. Dove la fotografia è brillante, dettata dai colori prevalentemente primari. L’amore per i rossi e per i contrasti nel portare luce e umorismo anche in luoghi molto bui e drammatici è il segno distintivo del cineasta spagnolo.
La colonna sonora di Alberto Iglesias ci suggerisce ciò che sta per accadere, dettando la forza, la tenacia e la durezza del matriarcato nelle famiglie spagnole di ieri e di oggi con la necessità imperativa di ricordare e chiudere il capitolo della guerra civile.
Ciò che è percettibile è che Almodóvar, come pochissimi altri registi internazionali, è in grado di mostrare e raccontare un ventaglio diversificato ed ampio di personaggi femminili, oltre ad esplorarli e sviscerarli senza giudicare, senza assolvere o condannare. Con Madres Paralelas si conferma uno dei grandi più grandi registi che la storia del cinema contemporanea ha visto all’opera.
Pedro Almodóvar è tornato in grande stile, con il suo film più politico, raccontando un grido di dolore e rabbia attraverso il ritratto di donne e madri incastrate in un paese che ha messo da parte la sua memoria storica. Sicuramente è una delle sue opere più mature: riflessiva, profonda e commovente.
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