Una dark comedy tutta italiana in stile pulp. The Bad Guy è un piccolo gioiello della serialità disponibile su Amazon Prime Video. Luigi Lo Cascio in stato di grazia e Claudia Pandolfi regala una prestazione eccezionale. Abbiamo visto e recensito i sei episodi in anteprima.
Nel corso degli anni ci sono state una quantità spropositata di serie tv e film il cui tema centrale era la mafia: dalle biografie alle commedie, passando per i classici thriller. Registi e sceneggiatori si sono sbizzarriti nel portare sul grande e piccolo schermo tanti titoli che sono diventati dei veri cult sulla criminalità organizzata, in cui narrano i fatti più significativi dell’evoluzione di un fenomeno che ancora ha un posto di rilievo all’interno della nostra storia.
In The Bad Guy le cose sono un po’ diverse. Siamo di fronte ad uno spettacolo rigenerante, dove c’è un eroe anomalo, inconsueto, vendicativo.
Che sia qualcosa di nuovo ed irregolare lo capiamo fin dalla prima sequenza del pilot: un uomo fa flessioni in un casolare abbandonato mentre risuona Bandiera Bianca. Si tratta di Nino Scotellaro (Luigi Lo Cascio), un magistrato, pardon, ex magistrato di Palermo che per quindici anni è stato sulle tracce del boss di Cosa Nostra Mariano Suro (Antonio Catania).
La moglie di Nino, Luvi Bray (Claudia Pandolfi), è una avvocato di Roma il cui padre è stato ucciso da Suro alcuni anni prima. E mentre sta presentando il docufilm sul padre, Scotellaro viene arrestato e condannato ingiustamente con l’accusa di essere colluso con la mafia dopo alcune intercettazioni che lo hanno incastrato. E per questo ottiene una pena di quindici anni.
Cinque anni dopo, durante il tragitto che lo porta dal carcere a un incarico di assistenza sociale, il ponte sullo stretto di Messina – si, esatto, proprio quello – su cui si trova il camion che lo accompagna verso la destinazione crolla improvvisamente e Nino è l’unico sopravvissuto di quella strage raccontata nientepopodimeno che da Enrico Mentana durante il Tg7 Speciale.
È l’inizio di un piano di vendetta che lo porterà a sottoporsi ad un intervento chirurgico e diventare Balduccio Remora, uno dei mafiosi che per anni è vissuto all’estero ed è tornato in occasione del battesimo del nipote di Suro. L’obiettivo di Scotellaro/Remora? Quello di vendicare il padre di Luvi e avvicinarsi a Suro per finire il suo piano.
E mentre Luvi e la sorella di Nino, Leonarda (Selena Caramazza), ex tossicodipendente e agente del Ros, piangono la sua morte, Scotellaro segue un machiavellico piano di vendetta contro coloro che lo hanno messo in carcere, diventando così il “bad guy”. Uno dei suoi alleati diventa il mafioso e criminale Salvatore Tracina (Vincenzo Pirrotta).
Nonostante gli alti e bassi e gli imprevisti portati in scena tra crime e grottesco, la vendetta di Scotellaro sembra proseguire dritta per la sua strada, instaurando un legame inaspettato con Teresa Suro (Giulia Maenza), la figlia del Capo dei Capi, sempre messa ai margini dalla famiglia ma che, grazie al suo matrimonio con Enzuccio (Ivano calafato), diventa mamma del piccolo Marianuccio, l’unico erede maschio dei Suro, prendendo l’attenzione.
The Bad Guy, serie diretta da Giuseppe G. Stasi e Giancarlo Fontana, è un piccolo gioiellino narrativamente tortuoso ed esageratamente interessante, come non se ne vedevano da tempo.
Siamo catapultati in un viaggio vendicativo di un uomo che è disposto a tutto per mettere a segno il suo piano. Un eroe atipico, non un semplice agente sotto copertura, ma un uomo che ha un disegno in mente per riprendersi la sua rivincita su chi gli ha tolto l’amore, la famiglia, la dignità, la vita. Una serie scritta con intelligenza, dove ogni puntata racconta tutte le sfaccettature della personalità del protagonista. Lo vediamo evolversi fino ad un finale aperto che ci proietta verso un secondo, inevitabile, capitolo.
Gli sceneggiatori – Ludovica Rampoldi, Davide Serino e lo stesso Stasi – hanno scritto un capolavoro di originalità, in cui la mafia gioca un ruolo di primo piano, ma è vero anche che il grottesco ed il noir riescono a dare una sferzata inaspettata, un colpo di genio le cui scene violente non sono le classiche sequenze di un’opera sulla mafia.
Ci viene mostrata una parte della Sicilia così asettica e fredda, specchio di una società che ha accettato in modo passivo la violenza e l’amoralità come elementi di pura ‘normalità’, facendosi così simbolo di un mondo tanto feroce quanto grossolano e perciò assai più pericoloso. Il tono è incastrato fra la commedia dell’assurdo, il thriller noir e la parabola morale in cui chiunque, anche l’anima più pura, se messo alle strette, finisce per macchiarsi delle peggiori nefandezze.
Un merito lo hanno i personaggi eccentrici e meschini che si rendono protagonisti di dialoghi a volte bizzarri e apparentemente nonsense. È in questo contesto che non perdono occasione nel rivelare la propria meschinità intrinseca, vettori di una spietata e lucida analisi sociologica su come il male sia una forza radicata nella società e su come la stupidità sia la madre di ogni genere di orrore.
Lo stile della regia, con un ritmo veloce e dinamico, sottolinea i punti di vista soggettivi e stravaganti dei protagonisti, dove le inquadrature ed il montaggio non sono altro che il riflesso del loro stato d’animo. La scenografia racconta in chiave pulp la provincia siciliana che diventa teatro di violenze efferate all’interno di una doppia morale che si fa strada all’interno di un uomo, diviso tra bene e male.
Le interpretazioni stralunate degli attori danno una dimensione da teatro dell’assurdo, inquietante e divertente al tempo stesso. Luigi Lo Cascio domina la scena, portando sullo schermo una performance fuori scala e confermandosi uno degli attori italiani più clamorosi. Preziosa l’interpretazione di Claudia Pandolfi, centrata e dinamica, al massimo del suo splendore attoriale. Una menzione a parte merita anche Selena Caramazza che non sgarra di mezza virgola nella sua interpretazione, mostrandosi un personaggio tanto forte quanto vulnerabile.
E che dire della scelta della colonna sonora? Magistrale non solo affidare il soundtrack a Colapesce e Dimartino – che firmano Cose da Pazzi – ma anche quello di ‘buttarli nella mischia’ con un piccolo cameo. E poi Bandiera Bianca di Franco Battiato, Se telefonando di Mina e Attenti al lupo di Lucio Dalla che diventa una splendida metafora nell’episodio finale, sono tutti ingredienti che lasciano piacevolmente stupiti chi ha il privilegio di prendersi poco meno di sei ore per gustarsi l’intero spettacolo.
The Bad Guy è una scommessa riuscita. E su questo non ci sono dubbi. Uno spettacolo che gioca tra crime e comedy in modo brillante e fine.
I generi si mescolano. È complicato trovare una chiave unica a The Bad Guy. Viene messa in evidenza la legge del far west tratteggiata da ombre noir che talvolta assumono caratteristiche drammaticamente comedy. La musica accompagna tutto lo spettacolo, soprattutto quando ci sono episodi raccapriccianti, mostrandoci un mondo imbevuto di black humor.
Macabro, ridicolo, disincantato, terribilmente reale e meravigliosamente grottesco, The Bad Guy è una creatura di stile tarantiniana splendida, una dark comedy pulp complessa e originale che vive di vita propria.
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