Pochi altri registi possono vantare una filmografia che trasuda amore per il cinema come quella di Michel Gondry. È un cinema, il suo, libero da ogni schema e fuori da ogni convenzione e logica di mercato, da sempre sperimentale e fortemente riconoscibile, che è spesso anche un’ode alla manualità, ad un piacere quasi feticistico per fare le cose in maniera artigianale usando la propria immaginazione e creatività in modi sempre nuovi e sorprendenti (come in Be Kind Rewind).
Il suo ultimo film, The Book of Solutions, non fa eccezione in questo senso; presentato in anteprima alla Quinzaine des cinéastes del Festival di Cannes 2023, e poi come proiezione speciale all’interno del programma del Biografilm Festival di Bologna, arriverà ufficialmente nelle sale italiane questo autunno con I Wonder Pictures.
Il film inizia con la fuga del proprio protagonista (che poi forse è quella dello stesso Gondry da un certo modo di fare cinema contemporaneo): Mark (Pierre Niney), regista in piena crisi esistenziale e creativa alle prese con un nuovo e assurdo film (il cui titolo “Ognuno, tutti” sembra quasi un rimando alla sua evidente megalomania), fortemente osteggiato dai suoi produttori e per cui lui stesso prova una repulsione tale da non riuscire a guardare il girato per più di pochi minuti. Mark recluta allora i suoi collaboratori più fidati, in particolare la montatrice Charlotte (Blanche Gardin), una delle poche a sopportare i deliri del regista, e ruba il film per portarlo nella casa di campagna della zia (una straordinaria e commovente Françoise Lebrun), in modo tale da completarlo a modo suo.
Interrompendo la somministrazione di pillole per la depressione per dare libero sfogo al suo estro creativo, il regista si immerge allora nella lavorazione del film, costantemente rallentata dalle folli idee di Mark (alcune solo apparentemente irrealizzabili a quanto pare) e dai suoi deliri di onnipotenza, che metteranno a dura prova la sua sanità mentale (tanto da arrivare a non distinguere più la realtà dalla fantasia) e la pazienza di chi gli sta intorno. Allo stesso tempo, il ritrovamento del “libro delle soluzioni” che dà il titolo al film, un quaderno mai iniziato su cui annotare qualunque idea per affrontare la vita, aiuterà Mark a tenere insieme i pezzi di una vita che sembra in procinto di sfuggirgli definitivamente di mano.
The Book of Solutions è prima di tutto un’acuta riflessione sulla creatività. “Il talento è ovunque, anche nei luoghi più inaspettati” è una delle tante frasi ad effetto pronunciate da Mark nel corso del film. E infatti, quelli che all’apparenza possono sembrare i capricci di un bambino mai del tutto cresciuto si rivelano spesso delle idee geniali, sintomo di uno sguardo cinematografico che è anche uno sguardo particolare sul mondo, come guardare la realtà attraverso il buco di una foglia. In una delle sequenze più riuscite del film, Mark riunisce la banda del paese per creare da zero la colonna sonora del suo film, caccia malamente il direttore d’orchestra e si improvvisa lui stesso compositore, guidando in maniera sorprendentemente efficace i musicisti con gesti improvvisati del suo corpo.
Se infatti il film è pieno di trovate visive e di messa in scena geniali (c’è una sequenza in stop-motion geniale ed esilarante per come è preparata e poi rilasciata in un determinato momento della pellicola), retaggio di una lunga e fortunata carriera nel campo dei videoclip musicali, come per le migliori opere del regista francese è proprio la qualità della scrittura ad emergere. Oltre al classico stile sperimentale che mescola varie tecniche e che da sempre contraddistingue il cinema di Gondry, questo è infatti il film in cui forse più di tutti escono fuori le sue grandi capacità da sceneggiatore oltre che da regista (Eternal Sunshine of the Spotless Mind, il suo film più famoso, era scritto da Charlie Kaufman).
The Book of Solutions è pieno di gag riuscitissime e l’effetto comico non è mai fine a sé stesso, ma serve per mandare avanti la trama e ci dice sempre qualcosa in più sui personaggi, tanto assurdi quanto umani e reali nelle loro idiosincrasie. Mark, in particolare, è un personaggio tanto insopportabile quanto irresistibile, schiacciato dalla mole delle sue idee e dalla sua creatività strabordante, totalmente incapace di relazionarsi con gli altri (che provano per lui un misto di odio e compassione) e che riesce sempre a trovare la chiave per non far perdere mai definitivamente agli altri la fiducia nei suoi confronti.
Grande omaggio al cinema e al fare cinema, con i suoi momenti magici ma anche con le numerose difficoltà e la fatica che effettivamente comporta la realizzazione di un film, l’ultimo lavoro di Gondry non è solo il suo film più divertente e sincero, ma anche il più personale, pieno com’è di evidenti rimandi alla sua carriera e alla sua vita personale: la figura della zia Denise ad esempio, che assurge al ruolo di parte razionale di Mark, è evidentemente ispirata a Susette, la vera zia di Gondry a cui il regista francese aveva già dedicato il bellissimo documentario La spina nel cuore, e il difficile momento attraversato dal protagonista del film ha degli echi in un periodo complicato vissuto dallo stesso Gondry, che qui riesce a parlare di un tema delicato come la depressione attraverso una commedia esilarante, senza risultare mai fuori luogo.
Immergersi nella fantasia e nei mondi fittizi creati dalla nostra mente può allora diventare un modo per sfuggire almeno momentaneamente dai problemi della vita (fil rouge della filmografia del regista), portando avanti un’idea romantica di arte che può aiutare a lenire le sofferenze della vita, a patto che i due mondi non si sovrappongano mai del tutto. In mezzo a tutto questo, c’è poi una storia d’amore tra le più delicate e strambe viste negli ultimi tempi, che riconfermano la grande sensibilità di Gondry in materia.
Dopo otto anni da Microbo & Gasolina (nel mezzo c’era stata Kidding, serie tv sorprendente e fin troppo sottovalutata), Michel Gondry torna alla grande con uno dei suoi film migliori, una commedia fortemente autobiografica che è una lettera d’amore al cinema e un’ode a un approccio non convenzionale all’arte e alla vita. Tra le sorprese più piacevoli degli ultimi tempi, The Book of Solutions è l’ultimo, irresistibile tassello della filmografia di un regista unico che sembra avere ancora molto da dire.
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