“I wish I was flawless, I’m not”, l’ultimo EP di BANNERS, è uscito lo scorso 13 gennaio.
Dopo aver raggiunto oltre un miliardo e mezzo di streaming su Spotify ed aver creato brani che sono entrati nelle nostre vite tramite pubblicità, videogiochi e serie tv, BANNERS regala altri 6 brani scritti durante la pandemia che mostrano un artista molto intenso e autoconsapevole.
Ho sperato di poter andare a fondo facendogli qualche domanda e ho così avuto modo di conoscere qualche retroscena e la sua opinione su come stanno andando le cose dopo questi anni difficili.
“I wish I was flawless, I’m not” è un’affermazione importante, soprattutto per un uomo. Nella nostra società non è permesso agli uomini di mostrarsi vulnerabili, ma tu hai scelto di mostrarti in modo veritiero in questo EP. Hai avuto paura? Ti senti sollevato ora che questa parte di te è uscita allo scoperto?
Hai ragione, immagino che tradizionalmente la società abbia celebrato un modello di uomo forte e silenzioso. Usiamo tante frasi come “Fai l’uomo” o “Sii uomo” che sono pericolose perché implicano che, come uomo, devi semplicemente andare avanti, non parlare dei tuoi sentimenti e portare avanti il lavoro. È una cosa stupida perché implica che rialzarsi e svolgere il lavoro sia una prerogativa degli uomini. Il che ovviamente non ha senso. Ma penso davvero che la società stia cambiando in questo ambito. Se stai faticando mentalmente o emotivamente, come uomo, sei incoraggiato a parlarne molto di più ora rispetto a prima. Questo è molto importante e spero che, col passare del tempo, questo trend prosegua.
Non avevo paura di essere esplicito. Quando fai musica, la cosa principale che vuoi fare è connetterti a livello emotivo con le persone e penso che l’unico modo per farlo sia essere il più aperti ed onesti possibile. Quando “ti apri”, lasci che le persone entrino. Avere la possibilità di fare uscire musica è una cosa davvero meravigliosa perché tutte queste persone ti mandano bellissimi messaggi. Le persone ci tengono davvero a supportarmi e fare del bene e sono molto fortunato a poter condividere le mie emozioni con loro perché abbiamo un legame. Un’esperienza collettiva. E quindi non bisogna mai preoccuparsi di aprirsi con persone meravigliose e buone.
Mi piace molto “Keeps me going”: anche se il testo non è così felice, la musica è molto orecchiabile e divertente e non si può fare a meno di sorridere. È sempre stata così o ce ne sono state versioni più tristi? C’è stata una visione sin dall’inizio?
Mi fa piacere che ti piaccia! No, direi che è sempre stata abbastanza ritmata. L’ho scritta con i miei amici Breagh e Andrew su Zoom durante il primo lockdown. Penso che il testo sia molto speranzoso! Dice semplicemente che non importa quanto la giornata stia andando male, c’è quella persona che rende tutto migliore. Credo volessimo creare una canzone gioiosa e speranzosa. Il mondo era molto spaventoso in quel momento e volevamo fare qualcosa che ricordasse alle persone che avranno sempre qualcuno e che non importa quanto le cose vadano male, torneranno sempre a migliorare.
Il tuo EP è stato creato durante la pandemia, ma oltre all’autoconsapevolezza c’è molto spazio dedicato all’amore. Hai passato la quarantena con qualcuno o eri da solo?
Ho passato la pandemia da solo. È stata un’esperienza profonda. Penso che la pandemia abbia toccato ognuno in modi differenti. Sono soddisfatto di aver passato la pandemia come ho fatto. È stato assolutamente orribile, ma non darò mai più per scontato poter stare con le persone e abbracciarle. Mai più per tutta la mia vita. Perciò se questo EP è dedicato all’amore è perché stare da solo mi ha fatto apprezzare le persone che amo molto di più. Una canzone o un EP o un album sono piccole capsule del tempo in cui sono state scritte e registrate. Una registrazione di cosa stava accadendo in quel momento per cui sono felice di avere qualcosa da poter rivisitare. Sono davvero fiero di come tutti abbiamo continuato ad andare avanti, tutti dovrebbero essere fieri di loro stessi. E questo EP è la registrazione di come sono andato avanti.
“Happier” è un’altra canzone che parla molto bene della vulnerabilità. Le insicurezze riguardo alle relazioni sono normali e sane, ma è strano sentire una canzone che ne descriva le sensazioni così chiaramente. Puoi dirmi un po’ di questa canzone e del processo creativo?
Ho scritto “Happier” con i miei amici Olly e Kieran che sono in una fantastica band chiamata Circa Waves. Amo collaborare con altri artisti perché se ne escono con melodie o concetti a cui non avrei mai pensato. Dopo la pandemia, cerco di stare con gli altri il più possibile. Sono stato troppo tempo da solo! È un brano interessante perché il testo è un po’ triste, ma la canzone è ritmata. Mi piace molto quando le canzoni sono così. Help dei Beatles è così, anche Girlfriend in a coma degli Smiths. Penso sia un’idea molto sempre e un pensiero che, se hai avuto una relazione, avrai fatto anche tu. Quella sensazione che se qualcosa non va è perché magari sei tu che non vai bene per quella persona.
Negli ultimi giorni ci sono state un po’ di discussioni riguardo ai cosiddetti “nepo babies” (figli di persone famose o comunque agiate che ottengono successo e carriera, letteralmente “figli del nepotismo”, ndr). Tuo padre è una figura importante nell’industria musicale, cosa pensi di questo dibattito? Senti che ammettere di essere privilegiati in qualche modo oscuri il duro lavoro che gli artisti devono fare?
Ovviamente è un vantaggio. Sarebbe assolutamente da pazzi affermare il contrario. Penso che sia anche molto importante ammettere questo privilegio. Non penso però che funzioni come pensano le persone. Perlomeno non nel mio caso. Mio padre era un produttore, quindi per me si è trattato soprattutto di avere l’opportunità di girare per studi di registrazione quando ero piccolo, passare il tempo con le band, era una cosa che amavo tantissimo. Volevo semplicemente passare la vita facendo questo. Quindi il primo privilegio che ho avuto è stato avere la possibilità di passare tempo in posti che mi instillavano il fuoco dentro. Avevo veri e tangibili idoli a cui poter guardare. Ho imparato ad amare questo ambiente. Il secondo privilegio è stato avere una sicurezza risoluta che fosse possibile fare carriera nella musica, perché vedevo le persone farlo. Devi avere questa risolutezza e io sono molto fortunato perché mi è stato insegnato che è possibile. A pari importanza, ho avuto modo di vedere quanto duramente queste persone lavoravano quindi mi è stato insegnato a lavorare duramente. Nemmeno per un secondo ho creduto che fosse glamour. Ho visto che non lo era. Era solo duro lavoro. E soprattutto ho potuto provare ad essere un cantante grazie ai miei genitori. Molte, moltissime persone non hanno l’opportunità di provare e questa è la parte più ingiusta. Ci sono persone molto più brave di me che semplicemente non hanno mai avuto opportunità di provare per una serie di ragioni. Non posso non menzionare che mia madre ama la musica e mi ha incoraggiato a cantare già da bambino. Suonava sempre il pianoforte e il clarinetto. La musica era ovunque in casa mia. Non è nepotismo questo, ma sono molto molto fortunato ad avere avuto l’infanzia che ho avuto. C’era musica ovunque.
Quindi sì, ci sono molte ragioni per cui avere un genitore che lavora nell’industria è davvero vantaggioso. Ti aiutano ad aprire un po’ la porta, riuscire ad avere un piede dentro è davvero una parte complicata. Però non possono assicurarti una carriera. Devi lavorare al tuo progetto ed essere bravo. Per questo devi lavorare davvero, davvero tanto. Ho imparato a cantare nel coro della cattedrale di Liverpool. Dall’età di 7 anni andavo lì ogni giorno dopo scuola e tutto il giorno al sabato e alla domenica. Mentre tutti i miei amici guardavano film o giocavano al computer o al parco io cantavo. E poi ho lavorato in uno studio di registrazione facendo tazze di tè e connettendo i microfoni e cercando di imparare. E fare carriera cantando è stato tanto difficile. È molto difficile. Però ci ho provato tanto, ho lavorato per migliorarmi e sono molto fiero di me stesso. Quindi sì. Ovviamente avere una connessione fin dall’inizio aiuta ad innamorarsi dello studio. Ti dà l’opportunità di innamorarti del duro lavoro. Ma rimane duro lavoro.
ENGLISH VERSION OF BANNERS’ INTERVIEW BELOW
“I wish I was flawless, I’m not” is a strong statement, especially for a man. Society doesn’t usually allow men to show their vulnerability, but you chose to portray yourself truthfully in this EP. Were you afraid? Do you feel relieved now that this part of you is out in the world?
You’re right, I suppose traditionally society celebrated the strong, silent male role model. We use all these phrases like “Man up” or “Be a man” or “grow some balls” which are damaging because they imply that, as a man, you’re supposed to just get on with it, not talk about your feelings and to just get the job done. It’s also stupid because it implies that being strong and getting the job done is somehow an inherently male trait. Which is obviously nonsense. But I do think society and culture is changing in that respect. If you’re struggling mentally or emotionally, as a man, you are encouraged to talk about it far more now than you used to be. Which is so important and I hope that, as time passes, this trend continues.
I wasn’t afraid to be open. When you make music the main thing you want to do is to connect with people emotionally and I think the only way to do that is to be as open and as honest as you can. When you open yourself up, that lets people in. Getting to release music is such a wonderful thing because all these lovely people send you such lovely messages. People are so supportive and caring and I’m so grateful to get to share my emotions with them because then we have a bond. A collective experience. And so you never have to worry about opening yourself up to wonderful, caring people.
I really love “Keeps me going”: even though the lyrics aren’t the happiest, the music is really catchy and fun and you can’t help but smile. Has it always been like this or did you make versions that sounded more sad? Was there a vision since the start?
I’m glad you like it! No, I think it was always quite upbeat. I wrote it with my friends Breagh and Andrew over Zoom during the first lockdown. I think the lyrics are really hopeful! They’re just saying that no matter how badly your day is going you’ve always got that person that makes it all better. I think we wanted to make a joyful, hopeful song. The world was so scary at the time and we wanted to make something that reminded people that they’ve still got each other and no matter how bad things get, things will always get better.
Your EP was created during the pandemic, but along with self – awareness there is a lot of space dedicated to love. Did you spend the quarantine with a partner or were you alone?
I spent the pandemic on my own. Which was a profound experience. I think the pandemic was for everybody in their own way. I’m glad I experienced the pandemic the way I did. It was absolutely horrible but I’ll never take being with people and getting to hug them for granted ever again. For as long as I live. So if the EP is dedicated to love I think it’s because being on my own made me appreciate the people I love so much more. A song or an EP or an album is a little time capsule of the moment when you wrote and recorded it. A record of what was going on in the world at the time so I’m glad I’ve got something that I can revisit. I’m mainly proud of how everybody just kept going, everybody should be proud of themselves. And this EP is my record of how I kept on going.
“Happier” is another song that portrays vulnerability really well. Insecurities about relationships are normal and sane, but it’s unusual to hear songs that describe the feelings so clearly. Can you tell me more about this song and the process of creating it?
I wrote “Happier” with my friend Olly and Kieran who are in a really great band called Circa Waves. I love collaborating with other writers because they’ll come up with melodies or concepts that you wouldn’t have thought of. Since the pandemic I try to be with other people as much as I can. I spend too much time on my own! It’s an interesting one because the lyrics are quite sad but it’s a really up-tempo song. I love when songs do that. Help by the Beatles is like that, so is Girlfriend in a coma by the Smiths. I suppose it’s a very simple idea and a thought that, if you’ve ever been in a relationship, you’ve probably had. That feeling that something isn’t right, and maybe you’re just not right for that person.
Last question: let’s have a laugh! In the last few days there’s been a lot of discussion regarding so called “nepo babies”. Your father is a really important figure in the industry, what do you think of this whole debate? Do you feel like admitting to being somewhat privileged takes away the hard work that artists do?
Of course it’s an advantage. It would be absolutely crazy to claim otherwise. And I think it’s really important to acknowledge that privilege. I don’t think it works quite the same way people might think it does though. Not in my case anyway. My dad is a record producer so the massive thing for me is that I got to hang out in recording studios when I was a little kid and to hang out with bands and I just loved it so much. I just wanted to spend my life being around it. So the first privilege is that I got to spend time in a place that lit such a powerful fire inside of me. I had actual, tangible role models that I could look up to. I got to learn to love it. That’s really important because when things get really tough as a singer you’re going to keep on going. The second privilege is that I had an unwavering belief that it was possible to have a career in music because I’d seen other people do it. You have to have that belief so I’m really lucky that I was taught it was possible. Just as importantly I got to see how hard they all worked so I was taught to work hard at it. I never for a second believed it was glamorous. I’d seen that it wasn’t. Just very hard work. And then most importantly I was allowed to try to be a singer by my parents. Many many people never get the chance to try and that’s the most unfair part. There are people far more talented than I am that just never got to try for any number of reasons. I have to say too that my mum loves music and she encouraged me to sing from a really young age. She was always playing the piano and the clarinet. Music was everywhere in our house. That’s not nepotism but I am very very lucky that I had the upbringing I did. That there was music everywhere.
So yes, there are a lot of ways that having a parent that works in the industry is hugely advantageous. They can help you open the door a little bit and getting your foot in the door is a really tricky part. They can’t provide you with a career though. You have to work at your craft and be good at it. For that you have to work really really hard. I learnt to sing in the cathedral choir in Liverpool. From the age of 7 I was there every day after school and all day Saturday and Sunday. When all my friends were watching movies or playing computer games or playing in the park I was singing. And then I worked in a recording studio making cups of tea and plugging in microphones learning things. And then having a career as a singer has been really really tough. It’s really hard. But I’ve tried really hard, and I’ve worked at getting better and I think I’ve made some music that people really like and I’m really proud of myself. So yes. Of course having a connection to the music industry from a really young age helps. Of course it’s an advantage because you get to have role models, you get to fall in love with being in the studio. You get to fall in love with the hard work. But it’s also really hard work.
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