Serenata per chi è nervoso è il terzo album di Luca Carocci, cantautore della scuola romana tra i più conosciuti della sua generazione. In occasione dell’uscita del suo album lo abbiamo intervistato. Ne è nata una bella discussione che ha abbracciato non solo la musica ma anche una visione del mondo e dei suoi cambiamenti che stanno coinvolgendo le nostre vite.
Far uscire un album in questi anni di pandemia richiede più coraggio o più amore per la musica?
In realtà è stata una coincidenza quella della pandemia. Non dovendo rispettare dinamiche di mercato, con molta leggerezza, ho lasciato che le canzoni ed il loro bisogno di essere condivise avessero la meglio. Nella musica come nella vita, ci vogliono sempre amore, coraggio e aggiungerei…verità.
“Serenata per chi è nervoso” sembra, senza volerlo forse, arrivare in un momento in cui davvero in tanti avremmo bisogno di parole capaci di rimetterci in pace con noi stessi ed il mondo circostante. Come sono nate le canzoni dell’album?
L’album nasce dalla necessità di riavvicinamento alla semplice condizione di poter essere se stessi. I continui influssi derivanti dagli stereotipi sociali ed emotivi che spesso ci condizionano, figli di una globalizzazione aggressiva, credo siano devastanti per la serenità personale. Volevo ribadire che essere felici, può essere un nostro diritto e anche un nostro dovere.
La tua storia parla di una persona innamorata del viaggio, come hai vissuto questi ultimi anni in cui questo tipo di esperienza ci è stata sottratta in modo forzato?
Il viaggio è necessario ed a volte istintivamente inevitabile per me. Purtroppo non si misura in chilometri percorsi. Il viaggio è una propensione alla ricerca di noi stessi, alla comprensione di noi stessi…e quindi inevitabilmente alla comunione con gli altri.
Le canzoni sono una delle esperienze che in qualche modo può sostituire un viaggio?
Le canzoni sono la spinta per godersi il percorso, il cammino, di per se importante tanto quanto la meta stessa. Le canzoni di questo disco non hanno la pretesa di essere soluzioni, ma spero abbiano la forza di poter essere condivise come dubbio, come domanda.
A scorrere il tuo curriculum artistico si possono leggere alcuni tra i nomi più interessanti della scena musicale italiana. In che modo hai scelto e continui a sperimentare nuove collaborazioni?
Le mie collaborazioni nascono per osmosi. Io sono curioso per natura e sono attratto dalle differenze, anzi, credo che l’unica possibilità di crescita sia nella grande opportunità del diverso. Il confronto è necessario per me, quasi quanto la condivisione.
Che differenza c’è tra scrivere un album a sé stante rispetto alla colonna sonora di un film?
Nessuna e tutte direi. Ho composto con molta serenità le musiche dell’opera prima di Francesco Marioni, forse anche rassicurato dal titolo stesso del film “va bene così”. Ho seguito l’onda emozionale delle immagini e il ritmo dei dialoghi, ho tagliato delle musiche in alcune parti in cui erano previste proprio per dare respiro alle sensazioni e lasciarle sospese. Essere svincolato dalle parole ha cambiato il mio modo di comporre, devo dire è stato inebriante, ero nel film. Diciamo che “serenata per chi è nervoso” e “va bene così” sono stati scritti nello stesso periodo, e che inevitabilmente in uno c’è un po’ dell’altro.
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