Medal ci racconta “Giungla Urbana” – Intervista

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Shockwave Magazine è lieta di presentare un’intervista esclusiva con Medal, un artista che ha saputo distinguersi per la sua capacità di fondere diversi generi musicali e trasmettere profondi messaggi attraverso le sue canzoni.

Medal ci guiderà attraverso il processo creativo del suo ultimo singolo “Giungla Urbana” e condividerà le sue riflessioni sul significato e le emozioni che spera di trasmettere ai suoi ascoltatori.

Come descriveresti il tuo percorso artistico da quando hai iniziato la tua carriera fino ad oggi?
Direi vario, nel senso che attraverso fasi molto diverse tra loro della mia vita, sono cresciuto sotto molti aspetti, imparando e vedendo, ma soprattutto sbagliando tanto. Dalle lezioni di piano da piccolo, alla band con cui passavo tanto tempo in saletta, di notte o in treno, fino ai van e i tour macinando migliaia di chilometri, le label e le disavventure. E’ cambiato molto, non solo a livello logistico e tecnico di produzione, ma anche a livello personale, su ciò che mi spinge e aiuta a scrivere, nei messaggi e nel sound. Il concetto di amore e solitudine, di rispetto verso gli animali, la difficoltà dei rapporti umani e in qualche modo il racconto di questo posto ancora troppo cinico e crudele, che penso che proprio grazie alla musica e al nostro contributo possa diventare migliore. Perché la musica e gli animali salvano tante vite…

Quali sono state le principali influenze che hanno plasmato il tuo stile musicale nel corso degli anni?
Sono cresciuto ascoltando tante discografie dai cantautori italiani come Battisti, Graziani, Tenco, da piccolo, poi le prime band come i primi Negrita, 883, Lùnapop, per poi conoscere il rock, dalle band grunge, metal e crossover al punk, cercando di conoscere il più possibile tanti artisti molto differenti tra loro. Qui potrei fare una lista infinita, ma i primi ricordi sono dei System Of A Down, Linkin Park, Muse, Children of Bodom, Raphsody, Opeth, Metallica e Iron, Sepultura, El Nino, Manson, Nirvana, Foo Fighters, Smiths, Police, Cure, ma anche Bowie, Michael Jackson, Amy Winehouse, Radiohead, Stone Sour, ma poi anche italiano da Pornoriviste, Moravagine, Peter Punk e poi Cattive Abitudini, L’invasione degli omini verdi, Marsh Mallow, Persiana Jones, Antiflag, insomma ascolto tutt’ora tutto quello che posso, sia per piacere che per curiosità. Ho amato l’hardcore melodico alla Nufan, Rufio, Much the same, Nofx, Lagwagon, che mi ha fatto conoscere le sfaccettature di diversi artisti e band, dalla composizione al palco. Ora ascolto molto più pop internazionale e italiano, ma la verità è che mi è sempre piaciuta la musica per i messaggi che invia, quello che trasmette, a prescindere dal genere musicale, perché penso che la musica possa cambiare le persone e che le persone possano rendere questo posto migliore.

Cosa ti ha spinto a creare “Giungla Urbana” e quali esperienze personali o osservazioni della società hai voluto riflettere nel testo?
Mi ha spinto un particolare momento in cui sentivo e vedevo tutto distante e lontano da me, per questo vuole essere un brano contro la solitudine, ai momenti di down o di buio che a volte possiamo attraversare e che soprattutto in questo periodo storico, sembrano essere più presenti di quanto dovrebbero. Forse si è troppo influenzati dalla fretta di arrivare e raggiungere degli obiettivi, la frenesia di fare o avere tutto e subito, vedere gli altri sui social avere delle vite perfette e sempre da sogno, anche se è tutto patinato e plastificato, chi lo sa.

Come pensi che la tua musica abbia evoluto dall’inizio della tua carriera fino a questo singolo?
Ma più che un’evoluzione, credo che fino ad oggi ci sia stata una maggiore consapevolezza nella composizione dei brani e nei messaggi racchiusi in essi, per raccontarsi sempre in maniera più personale e condividere ciò che ci accomuna. Credo che in generale sia cambiato tanto dagli esordi da adolescente ad oggi. Il modo di comporre e di approcciare alle canzoni, quello di farlo percepire e fare arrivare i messaggi che ci stanno dietro, attraverso la scelta dei suoni, delle parole. Sono tutti aspetti influenzati dall’esperienza e dalla nostra personalità, che col tempo si riflette poi sui nostri brani e da ciò che si porta live.

Quali sfide hai affrontato durante il processo creativo di “Giungla Urbana” e come le hai superate?
Ogni brano è una sfida, nasce da una scintilla ma poi c’è sempre qualche intuizione che può portare verso strade diverse. In questo caso le ritmiche delle strofe e il ritornello che erano abbastanza diversi inizialmente, ci hanno condotto verso questo clima proprio da club notturno, immaginato già con luci soffuse e in giro per la città tra il traffico del weekend. Abbiamo lavorato con Strangis (producer del brano) la prima bozza, che poi è virata su varie ipotesi fino a decidere quale rappresentasse meglio il racconto, dalla parte del sound a quella testuale e di groove, fino al mix. Il brano già dall’inizio rappresentava un racconto visibile subito nella mente dell’ascoltatore, ma abbiamo preferito capire quali parti venissero meglio valorizzate.

C’è un particolare significato o messaggio nascosto dietro il titolo “Giungla Urbana” che vorresti condividere con i tuoi fan?
Giungla Urbana è un messaggio contro la solitudine, vuole dirci di non farci abbattere da quei momenti negativi che a volte sembrano più difficili di quanto non siano realmente, che possono nascere per motivi ovviamente tutti differenti tra loro. Anche se spesso il piacere dell’alcol e della notte ci aiutano, credo dobbiamo imparare ogni tanto a mettere da parte tutto e rallentare. Non si è mai davvero soli, abbiamo le nostre passioni, le nostre famiglie, gli amici, i nostri animali.

Che evoluzioni sta prendendo secondo te la cultura musicale contemporanea?
Nell’era dei Fast Food, del Fast Fashion e del “tutto Fast” credo che musicalmente si stia andando verso il Fast music, ovviamente scherzando, però un fondo di verità c’è, dato il consumo veloce e continuo di canzoni, EP, CD, brani e tour. Non si ha più la pazienza e la voglia di aspettare che esca qualcosa di un’artista, si ha fretta di ascoltare altro e poche settimane dopo l’uscita il disco è già vecchio. Mentre da una parte lo streaming e i social hanno dato voce a chi non potesse prima forse arrivare a determinati ascoltatori, dall’altra ha dato via ad un numero mostruosamente alto di artisti che possono già prodursi in maniera veloce ed autonoma volendo da casa.

Lorenzo Scuotto
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