Théodore Géricault(1791-1824): un pittore che naufragò nel Romanticismo

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Disperazione, morte, paura, rassegnazione questi sono solo alcuni dei sentimenti che l’opera La zattera della Medusa può trasmettere in chi la osserva tra le sale del Louvre. L’opera, datata 1819, viene considerata manifesto pittorico dell’artista francese romantico Théodore Géricault.

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Théodore Géricault, Autoritratto (1821)

La pittura romantica francese segna un punto di svolta nella storia dell’arte, l’attenzione si sposta sulla potenza e l’inquietudine che dalla natura può scaturire, si interessa al mondo interiore e alle passioni che muovono l’uomo con una profondità mai vista prima: nostalgia, sgomento, nazionalismo, sogno e paura sono tra le passioni ricorrenti nei dipinti romantici.

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Théodore Géricault, Ufficiale dei cacciatori a cavallo della guardia imperiale alla carica, (1812)

Con Théodore Géricault, inoltre, si sviluppa quella che potremmo chiamare “pittura di cronaca”. A partire dal XIX secolo, infatti, nasce tra i pittori il bisogno di raffigurare su tela scene di battaglie, di assassini e di, come in questo caso, naufragi. Già Francisco Goya con l’opera 3 maggio 1808 aveva sdoganato questo modo di fare arte.

Le notizie di cronaca che diventano metafore di vita, interessano gli artisti più della mitologia e degli episodi di storia antica. Infatti, dopo il neoclassicismo che aveva segnato un punto di ritorno allo studio dell’antico e della scultura antica, il tutto guarnito da un gusto antichizzante e archeologico, e che aveva condizionato e dettato regole all’interno delle Accademie di pittura, l’Ottocento è il secolo che rompe gli schemi per parlare della società, per parlare dell’uomo moderno, dei suoi drammi, delle sue paure e inquietudini; per parlare di una natura che sempre più viene sottomessa ai bisogni industriali delle città che crescono ma che non può essere domata del tutto.

La vicenda della Zattera della Medusa:

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Théodore Géricault, La zattera della Medusa (1819)

L’uomo dell’800 valica i mari con grandi navi, ma in men che non si dica si ritrova solo, nell’oceano, su una zattera di salvataggio malridotta e costretto inevitabilmente a riflettere sul proprio destino. Questo è proprio ciò che accadde nel 1816 ad un gruppo di 15 uomini sopravvissuti ad un naufragio davanti alle coste della Mauritania e appartenenti alla fregata francese chiamata “Méduse”.

La nave si incagliò su un banco di sabbia e in parte affondò, costringendo circa 150 persone a salire su una zattera e a restarci per due settimane, tra freddo, fame e disperazione. La storia vuole che al nono giorno i sopravvissuti si dessero addirittura al cannibalismo pur di sopravvivere. La notizia dell’intera vicenda fu raccontata da Henry Savigny (un sopravvissuto) alle penne del foglio “Journal des débats”, dando voce ad uno scandalo senza precedenti, che denunciava come ai meno privilegiati presenti sulla nave fosse stata data come unica chance di sopravvivenza la zattera, mentre ai generali furono garantite delle scialuppe di salvataggio.

La zattera della Medusa fu mostrata a Parigi al Salon del 1819 e mentre per lo storico Jules Michelet:

«Tutta la nostra società è a bordo di quella zattera».

molti furono gli insulti e i commenti insoddisfatti. Diversa invece fu l’accoglienza riservata all’opera di Géricault a Londra, dove fu considerata sintomo di un rinnovamento nell’arte francese.

La struttura

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La zattera della Medusa piramidi

L’opera di Géricault struttura le figure su forme geometriche piramidali. La più grande ha per base la zattera stessa e si estende fino alla vela gonfia per il vento in cui sono comprese le tre figure in primo piano, tra cui spicca l’immagine di un uomo anziano, padre del giovane morto che trattiene tra le braccia. L’uomo è ormai disinteressato a ciò che accade intorno a lui, rassegnato e stanco, attende la vicinissima morte.

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Théodore Géricault, La zattera della Medusa dettaglio (1819)
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Dettaglio del Giudizio Universale di Michelangelo, nella Cappella Sistina

Le figure dei morti si concentrano nella parte bassa e sinistra dell’opera mentre quelle dei vivi, spinte e innervate delle ultime energie che solo lo spirito di sopravvivenza può indurre, si slanciano creando quella che è la seconda piramide della tela, nel tentativo di farsi notare da quella che potrebbe essere una nave soccorsi, ma che di fatto, nell’opera, è un piccolo puntino nero, lontano e sfocato, in mezzo ad un mare in tempesta.

Dall’opera si evincono gli studi e le riflessioni fatte da Géricault su artisti del grande Rinascimento italiano, il Michelangelo del Giudizio Universale e della volta che Géricault stesso dichiarò avergli fatto provare i brividi alla schiena, il Raffaello della Trasfigurazione, ma poi anche il Caravaggio per la scelta dell’illuminazione. A sua volta Géricault e la sua Zattera della Medusa diventa modello per numerosi artisti della sua e delle epoche successive tra cui Delacroix, che disse:

Géricault mi permise di vedere La zattera della Medusa quando ancora ci stava lavorando. Fece una tremenda impressione su di me tanto che quando uscii dal suo studio cominciai a correre come un pazzo e non mi fermai finché non raggiunsi la mia stanza.»

Eugène Delacroix
Eleonora Turli
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