Giovanni Verga, l’uomo oltre la letteratura

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“Il matrimonio è come una trappola per topi, quelli che son dentro vorrebbero uscirne, gli altri ci girano intorno per entrarvi.” O “Bisogna assolutamente che mi procuri gli schizzi e le fotografie di paesaggio e di costumi per mio volume di novelle siciliane […] e qualche paesaggio di campagna di Mineo, ecco quanto mi basta, ma mi è necessario.” (Rivolto all’amico Capuana).

E ancora “Era plateale (rivolto al cinema), adatto alle masse analfabete, per le quali andavano bene tutti quei soggetti comici o melodrammatici o anche quei film storici ridotti o parodiati – un castigo di Dio – Romanzo d’appendice per analfabeti”. Conoscevate queste perle del nostro grande autore Giovanni Verga? Se la risposta è NO siete fortunati nel leggere questo articolo scritto per ricordarlo del suo 180esimo compleanno! Voglio mostrarvi un Verga che nessun libro di scuola vi ha mai mostrato. Pronti? Via!

Giovanni “Womanizer” Verga – l’amore per le donne

Siamo abituati alla sua figura un pò burbera, introspettiva, timida, un pò sulle sue. Nonostante non fosse l’anima della festa il nostro Giovanni frequentava assiduamente la vita mondana del suo tempo dove conobbe molte donne. E lui amava le donne. E loro amavano lui! Ha iniziato molto presto il ragazzo! A 16 conobbe Maria Passanisi, suo primo amore, un’educanda del convento dove si trovava sua zia suora. Si trattò per lo più di un amore platonico che gli darà l’idea per “Storia di una Capinera”. Grazie agli amici e scrittori Luigi Capuana e Mario Rapisardi fu introdotto nei migliori salotti letterari e modaioli a Firenze. Festa grande per Giovanni! E dalle lettere inviate a sua madre si capisce bene che non ha badato a spese.

E’ proprio a Firenze che conobbe la giovane e bella maestra elementare Giselda Fojanesi, tra l’altro moglie di Rapisardi migliore amico di Verga, con la quale da una solida amicizia scattò la scintilla. Nacque una vera e propria relazione clandestina tra i due dominata da un fitto rapporto epistolare. Una di queste lettere sarà fatale per i due: Rapisardi viene a conoscenza di tale rapporto, farà licenziare la moglie e troncherà ogni rapporto con Verga. Giselda era in qualche modo sollevata da ciò che era successo poichè non ne poteva più del suo matrimonio visto che suo marito era geloso e ossessivo possessivo.

Giovanni Verga

La loro relazione continuò per un pò ma naufragò presto. Sopratutto quando ella voleva sposarsi con il nostro caro Giovanni che scappò a gambe levate. Lui di legami non ne voleva sentir parlare! Ma le sue storie più tormentate sono state quelle con le contesse milanesi Paolina Greppi Lester e Dina Castellazzi. Uno dei primi biglietti di Verga a Paolina recita “Basta un vostro sorriso per farmi nascere il sole dentro”. Romantico non trovate? Si conobbero in uno dei salotti culturali a Milano e fu per entrambi un “colpo di fulmine”. Furono tanti i loro incontri. La contessa fu invitata da Verga a Catania ma dormì in albergo. Sono circa 208 le lettere inviate da Verga a Paolina che possiamo leggere al museo allestito nella sua casa natale a Catania al n°8 di Via Sant’Anna.

La loro relazione per lo più epistolare durò circa 25 anni. Ma allo stesso tempo Verga, da vero sciupa femmine, aveva un altro asso nella manica o meglio, nel cuore: la contessa Dina Castellazzi. Con lei condivise più di 500 lettere e un amore molto passionale, carnale, tanto che alcune di queste lettere diedero scandalo. A differenza di Paolina con cui condivideva un sincero affetto, con la quale si confidava soprattutto riguardo le sue inquietudini a seguito di eventi poco piacevoli nella sua vita tra cui un patrimonio economico che stava finendo allo sfacelo, con Dina era diverso. Dina era considerata da Verga la sua “amante”. Che fine hanno fatto queste lettere? Dina prima di morire nel 1945 le vendette al Ministero per la Pubblica Istruzione, per bisogno a quanto pare.

Verga passione fotografia

Verga e la fotografia erano una cosa sola. Iniziò a fotografare servendosi di rudimentali prototipi di macchina fotografica da piccolo vedendo suo zio scattare. La passione aumentò influenzato dal suo amico Luigi Capuana. Nel 1966 nella sua abitazione a Catania, in un vecchio armadio, sono stati ritrovati più di 400 negativi fotografici! Tutta la produzione fotografica è stata suddivisa in 3 gruppi: le foto di famiglia, agli amici, a sè stesso. Le foto ai paesaggi, l’ambiente siciliano e quello del Nord. Sembra che la gran parte della produzione fotografica in realtà sia andata perduta poichè di molti anni non vi sono traccia di foto, visto che era solito annotare sempre i soggetti, il luogo e la data.

La fotografia sembra essere “necessaria” per Verga: è fonte di ispirazione per i suoi scritti, per i suoi personaggi, per le ambientazioni. Rappresentano ciò che di più si avvicina alla realtà che lo circonda. Rappresentano la realtà in modo oggettivo. Ad esempio da molti negativi ritrovati emergono scatti rivolti a figure umili, braccianti per lo più, segnati dalla fatica, dal sole e dalla miseria. Scatti di campi, di vie desolate prive di gente. Scatti che sembrano quindi essere ispirazione per le sue opere della fase pienamente verista come la raccolta di novelle “Vita dei campi” ai romanzi del “Ciclo dei Vinti” come “I Malavoglia” e “Mastro Don Gesualdo”. Come ho già detto nella citazione a inizio articolo, Verga chiese aiuto a Capuana per farsi procurare le foto necessarie a scrivere le novelle siciliane, perche per lui “era necessario”.

Giovanni Verga

Verga e il cinema: amore o odio?

Verga non si dedicò solo al teatro. E no. Si ritrovò a essere anche cinematografo… suo malgrado. Ebbe con esso “numerosi e frequenti contatti conflittuali”. Strinse infatti rapporti con diverse case cinematografiche. Realizzò ben 7 film tratti dalle sue opere. Le riadattò cinematograficamente scrivendone la sceneggiatura come ad esempio “Caccia alla volpe” ,“Storia di una Capinera”, soprattutto varie edizioni della “Cavalleria Rusticana”. Fu fonte di ispirazione per numerose altre opere cinematografiche ma lui il cinema lo odiava. Per lui era un “castigo di Dio”, un “romanzo d’appendice per analfabeti”. Ma allora perchè vi si dedicò tanto? Se lo fece andare a genio per forza a quanto pare per problemi economici, soprattutto negli ultimi anni della sua vita.

Ecco a voi Giovanni Verga, l’uomo oltre la letteratura

Chiara Petrera

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