I podcast vanno ormai di gran moda. Tra di loro, un progetto recente ma che funziona è il Riff di Marco Mengoni, un appuntamento che cade ogni 15 giorni, e in cui ogni episodio ruota attorno ad un elemento costante e ricorrente nella vita di ogni ospite, il Riff, appunto. I protagonisti provengono dai mondi più svariati: dalla politica al mondo dello spettacolo, dal digitale alla televisione.
Il Riff ci offre la possibilità concreta di conoscere storie interessanti, vere e crude e l’opportunità di esplorare mondi a noi sconosciuti.
“Ascoltando tanta musica, ho iniziato a pensare alla potenza del riff, quando funziona e quando è fatto bene. Così mi sono chiesto: che cosa è un Riff nella vita di una persona? Una cosa che ti caratterizza, nella vita come nel lavoro, una costante che ognuno riconosce in sé stesso. L’ho chiesto prima di tutto a me e credo di aver trovato la mia risposta… poi mi è venuta voglia di chiederlo agli altri”.
Marco Mengoni parla di come è nata l’idea che ha dato vita a questo progetto.
Per quelli di voi che non sanno ancora cosa sia il Riff è una frase musicale che si ripete frequentemente all’interno di una composizione e che viene utilizzato di solito come accompagnamento. E così dopo i primi 7 episodi di cui vi avevamo già parlato qui, proseguiamo questo “viaggio”.
Tutto quindi per arrivare alla domanda che chiude ogni puntata e che dà il titolo al podcast, ovvero quale sia l’elemento ricorrente nelle vite dei due produttori che, esattamente come il riff, ritorna continuamente e diventa il segno distintivo nella nostra esistenza così come in una canzone.
Episodio 8 – Paolo Nespoli
In questa ottava puntata il riff supera idealmente i confini terrestri con un ospite che nello spazio ci è stato per 313 giorni, 2 ore e 36 minuti. Si tratta di Paolo Nespoli, astronauta “con il grande talento di saper raccontare ciò che ha vissuto con passione e semplicità, tanto da riuscire a portare nello spazio con sé chiunque lo ascolti.”
Con AstroPaolo, Mengoni si immerge in una chiacchierata tra scienza e fantascienza. Senza dimenticare la componente umana e artistica, sempre molto presenti in tutte le esperienze dell’astronauta.
“Io sarei curioso di vedere un extraterrestre. Gli farei tante domande, vorrei capire. Sulla Terra noi abbiamo la tendenza ad essere padroni del nostro orticello, di controllarlo, metterci i confini e non farci entrare nessuno, poi estendiamo i confini dell’orticello al paese, alla regione, e poi alla nazione. Ma prima o poi ci dobbiamo fermare.
Pensiamo che quando hai il controllo della tua zona tutto vada bene. Quando però esci e vai nello spazio ti rendi conto che questa è una cosa un po’ effimera. Non ci sono nazioni diverse e separate, siamo tutti sullo stesso pianeta, sulla stessa roccia in viaggio nell’universo.
E se è vero che non abbiamo mai incontrato altre forme di vita esterne, è anche vero che di questo universo conosciamo niente. Solo la Terra e la Luna, che sono un granello di sabbia e nel resto dell’universo ci sono tanti granelli di sabbia quanti ce ne sono in tutte le spiagge del mondo.
Sono convinto che da qualche parte dell’universo ci siano forme di vita. Non so se siano più avanzate di noi o meno, più aggressivi o non aggressivi. Io spero non abbiano fatto il nostro stesso errore di voler controllare il giardinetto e non volere gli altri visti come nemici.”
Non mancano inoltre aneddoti divertenti e curiosità sulla vita quotidiana in missione. Dal pigiama spaziale al tapis roulant senza forza di gravità, fino ad una serie di domande a bruciapelo che mettono Nespoli davanti a scelte a volte divertenti a volte più profonde e grazie a cui l’ospite si racconta sui temi più disparati.
Per finire l’astronauta svela a Marco Mengoni che la costante che ha caratterizzato tutto il suo percorso, il suo riff appunto, è la passione.
“Ci sono stati momenti della mia vita in cui ho dato molta più importanza a quello che stavo facendo, a concentrarmi sulle cose che mi servivano professionalmente, a cercare di cambiare perché vedevo che gli altri avevano successo e io no. Invece ho scoperto che devo essere me stesso e devo seguire le mie passioni: solo così sono vero, solo così arrivo dove voglio arrivare.”
Episodio 9 – Beatrice Venezi
Beatrice Venezi, a soli 30 anni, ha già diretto orchestre in tutto il mondo. È una delle migliori e abbiamo imparato a conoscerla in qualità di membro della giuria di Sanremo Giovani.
Durante la chiacchierata, lei e Marco Mengoni hanno affrontato diversi argomenti: la formazione per il ruolo di direttore d’orchestra, il rapporto tra musica classica e musica leggera, i ricordi musicali dell’infanzia e perché è difficile trovare giovani, soprattutto donne, a dirigere un’orchestra.
“Effettivamente è impressionante il fatto che essere una donna direttore d’orchestra nel 2020 faccia ancora notizia. Mi stupivo già qualche anno fa quando ho scoperto di essere la prima donna a dirigere in Armenia, in Georgia, in Azerbaijan. È vero che si tratta di luoghi culturalmente e geograficamente lontani da noi, ma si tratta comunque di una propaggine di una certa cultura europea”, ha detto Beatrice Venezi su quest’ultimo tema.
“C’è ancora moltissimo lavoro da fare, non solo nella direzione d’orchestra. Quando ho iniziato, volevo solo fare questo, non ho pensato di fare una rivoluzione. Volevo esprimermi attraverso la musica, in particolare con la direzione d’orchestra che per me significava la massima libertà d’espressione”, ha poi concluso.
Il dialogo tra Beatrice Venezi e Marco Mengoni è ricco di spunti di riflessione e non può che concludersi con la domanda che dà il titolo al podcast: “Qual è il tuo Riff?”.
Beatrice Venezi ha svelato che la costante che ha caratterizzato tutto il suo percorso (il suo Riff appunto) è la testardaggine. “Sono molto testarda: può essere un aspetto sia positivo che negativo, ma credo sia davvero una costante nella mia vita. Se dovessi pensare a un brano invece direi L’Inno alla Gioia”, ha infine dichiarato.
Episodio 10 – Takagi & Ketra
Marco Mengoni ha invitato Takagi & Ketra, due produttori multiplatino, nella decima puntata del suo Riff qualche giorno prima dell’uscita della canzone Venere e Marte nata in collaborazione con Frah Quintale.
“L’ispirazione, e con lei i risultati, non arriva se la aspetti a braccia conserte, ma se ogni giorno lavori duro e ti dai da fare. Me l’hanno detto Takagi & Ketra in questa nostra chiacchiera nel loro studio… e io non potevo essere più d’accordo” svela l’artista annunciando l’ultima puntata de Il Riff di Marco Mengoni.
Takagi & Ketra sono riconosciuti come infallibili hitmaker, hanno collaborato con alcuni dei più importanti artisti italiani e internazionali, hanno collezionato oltre 130 dischi di platino e un disco di diamante e, come racconta Marco in questa nuova puntata, “hanno iniziato a lavorare insieme stravolgendo le classifiche della musica italiana, sfornando un successo dopo l’altro… e non sembrano avere intenzione di fermarsi”.
In questa mezz’ora sono molti gli argomenti affrontati, in un dialogo ricco di spunti: dal vero significato del termine tormentone, all’evoluzione del ruolo del produttore, la loro scelta di non apparire nei videoclip “restando sempre un passo indietro rispetto alla canzone”, passando per il loro rapporto “di coppia” e di come siano proprio sempre le canzoni a metterli d’accordo in caso di divergenze.
Takagi & Ketra si soffermano sull’importanza della conoscenza del passato nel loro lavoro, con un tipo di ricerca che definiscono archeologia musicale:
“Il passato musicalmente è tutto. Quello che si poteva fare è già stato fatto. Oggi puoi fare una sorta di ‘archeologia musicale’, che è quello che vogliamo fare noi con il nostro progetto. Ci chiediamo cosa ci abbia colpito nel passato: mi ricordo ad esempio dell’estate del 1990, quando ero a Vasto in spiaggia, e passavano Bamboléo. Ha delle caratteristiche che oggi sono un po’ desuete nella musica, il nostro compito è riuscire a tirarle fuori da quegli anni e inserirle in un contesto attuale, italiano. Proprio come quando si entra in un palazzo storico e si decide di ristrutturarlo, ma senza stravolgerlo. Cerchiamo di mettere nella musica quello stesso tipo di attenzione”.
E ancora svelano i loro inaspettati miti musicali, i Queen “perché erano già troppo avanti in quegli anni” e Ennio Morricone, di cui ammirano la costanza nel lavoro e riflettono sul falso mito della Musa ispiratrice e di quanto invece sia necessario impegnarsi per ottenere un buon risultato: “Come è stato detto, l’ispirazione è per i dilettanti. Se apri il tuo computer o il blocco degli appunti e ti impegni, l’ispirazione arriva, ma non è una cosa da aspettare a braccia conserte”.
Infine Ketra svela a Marco Mengoni che la costante che ha caratterizzato tutto il suo percorso, ciò che può essere definito il suo riff, è il non accontentarsi mai e chiedere sempre di più a sé stesso. Mentre per Takagi è l’America: gli Stati Uniti e la cultura che sono riusciti a esportare, gli hanno insegnato a sognare. E questo desiderio di continuare a sognare, porta proprio a non essere mai “sazi”, a cercare costantemente di migliorarsi.
Episodio 11 – Vincenzo Venuto
E’ poi il turno di un’altra eccellenza, Vincenzo Venuto, volto noto di tante trasmissioni tv, divulgatore scientifico, biologo, etologo, nonché grande amante dei viaggi e della natura, proprio come il cantautore.
“Un uomo è composto da carbonio, ma anche desiderio e curiosità”, potrebbe essere sintetizzata così la risposta di Venuto, al primo interrogativo “Di cosa è fatto un essere umano?”, unendo le competenze scientifiche ad una dimensione più umana, filosofica. Da qui parte un appassionato confronto intorno all’essenza più pura dell’essere umano, che l’uomo può ritrovare nella bellezza della natura, come è successo ad entrambi in Africa: “La prima volta che sono stato in Africa mi sono affacciato su un promontorio del Tarangire e, quando ho visto il paesaggio, mi sono messo a piangere di commozione perché ho sentito una connessione”.
“Quel paesaggio ce l’abbiamo stampato nel DNA. L’Africa ti cambia profondamente. Quella è casa, noi ci siamo evoluti lì, è inconscio“. Anche Marco confessa di essersi emozionato davanti a un paesaggio nello Ngorongoro e nel dialogo tra i due è crescente la complicità nel domandarsi il perché delle cose, ciò che ci rende esseri umani.
Vincenzo Venuto racconta del suo trascorso da studente, la grande passione per i pappagalli, e il compito dell’etologo: “solo studiando il comportamento degli animali possiamo capire qualcosa in più su noi stessi”. E poi ancora l’ingegneria genetica: una scienza storica che si è evoluta fino a raggiungere la fantascienza “Quante sono ora, per esempio, le razze canine? Non saprei nemmeno contarle, 300 razze, tutte diverse, dal chihuahua al dobermann e magari quel cane prima era un lupo. Questa è ingegneria genetica! E oggi possiamo addirittura correggere delle parti di DNA per curare gravi malattie”.
Vincenzo Venuto svela che le costanti, i riff appunto, che hanno accompagnato tutto il suo percorso e la sua carriera, sono la curiosità e il racconto: “mi piace raccontare, lo facevo quando avevo i miei studenti in classe, lo faccio adesso davanti a una telecamera e lo faccio anche qui, con te”.
Episodio 12 – Paola Cortellesi
Nell’ultima (almeno per ora) di questa stagione del Riff, l’ospite è una grande amica di Paola Cortellesi.
Ascoltando il podcast, emerge fin da subito infatti l’immediata affinità che lega i due, ritrovata dopo aver condiviso il profondo monologo sul bullismo, ispirato a “Guerriero“, nel programma tv “Laura e Paola“. Questa intima e spontanea chiacchierata guida Paola Cortellesi ad abbandonarsi ai ricordi e quello più vivo è sui film in bianco e nero visti da bambina col papà, dove ha trovato i modelli di riferimento e i mentori che l’hanno aiutata a prendere consapevolezza del suo talento.
Tra questi l’indimenticabile mattatore Gigi Proietti: «Andavo a vedere Gigi Proietti a teatro, il sentimento nei suoi confronti è proprio quello della gratitudine. Ho avuto la fortuna di frequentarlo, e conoscere una persona, un uomo e un artista che ti piace è sempre un regalo, perché in qualche modo senti che racconta una parte di te». Poi, da madre, spera che la figlia si affezioni a modelli altrettanto positivi che la ispirino a fare grandi cose.
La puntata scorre veloce tra giochi e risate, con il ricordo delle prime esilaranti imitazioni di Paola a “Mai dire gol“, e momenti di commozione e confidenze, come quando l’attrice svela a Marco l’importanza dell’ironia, chiave con cui è riuscita a superare la timidezza e che l’ha portata a realizzarsi senza scendere mai a compromessi. Attraverso un percorso di crescita in continua evoluzione, l’ironia ha lasciato spazio anche a ruoli drammatici, realizzando quella che secondo Paola è la formula magica del cinema, infatti «I film perfetti sono quelli che ti fanno ridere e piangere insieme», rivela l’attrice.
Paola Cortellesi svela che la costante, il riff appunto, che ha accompagnato tutto il suo percorso e la sua carriera, è il legame con le sue origini, mantenuto vivo dal domandarsi spesso “Chi sei? Da dove provieni?”.
Allora dopo avervi dato un’idea più che sufficiente di cosa contiene questo podcast, cosa si prefigge come obiettivo, vi chiedo: qual è il vostro Riff?!
Leggi anche
- Il tempo che ci vuole: la lettera d’amore di Francesca Comencini al padre Luigi e alla Settima Arte - Ottobre 5, 2024
- Numeri da record per i capolavori di Monet in mostra a Padova fino al 14 luglio - Luglio 8, 2024
- “Marconi – L’uomo che ha connesso il mondo”: Stefano Accorsi interpreta l’inventore nella fiction Rai - Maggio 15, 2024