Harry’s House, Harry Styles: recensione

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Il nuovo album di Harry Styles, Harry’s House, ormai camaleontico cantautore, condivide il titolo con una canzone di Joni Mitchell, ma il cantante sottolinea subito che in realtà il sound si ispira più ad altri lavori dell’artista. Non è una citazione, quindi, ma ciò che queste canzoni sono per lui: casa.

Harry’s House esce oggi, 20 maggio 2022, dopo una promo di mesi iniziata con misteriose apparizioni grafiche con scritto “You are home” su magazine casalinghi. Si apre con un ritmo funk e un pa pa pa che si ripromette di rimanere in testa tutto il giorno: Music for a sushi restaurant è la canzone che ci si aspetta, appunto, di sentire mentre si sta facendo tutt’altro e che poi ci si infila tra i pensieri e viene con noi durante tutte le commissioni quotidiane. La maggior parte di coloro che avevano già ascoltato l’album in seguito a una diffusione non autorizzata aveva classificato questa come una delle peggiori dell’album, ma da quando è stato condiviso col grande pubblico è stata una delle più amate. Probabilmente non sarà un singolo, ma basterebbe poterla davvero sentire al ristorante. Late night talking è invece nata per essere un singolo: introdotta al Coachella durante i weekend in cui proprio lui era artista principale, sin dalla settimana dopo era già stata imparata e veniva cantata dal pubblico del festival. Il ritmo, che ricorda una hit di Bruno Mars o una delle più felici di The Weeknd, la rende perfetta per la radio e soprattutto per l’estate. “We’ve been doing all this late night talking ‘bout anything you want until the morning, now you’re in my life, I can’t get you off my mind”, oltre ad essere magnetica e istantanea nella sua comprensione, è un ottimo riassunto di quello che sarà il felice tropos del resto dell’album.

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La cover di Harry’s House

Per la prima volta, con Harry’s House, si può ascoltare un album di Harry Styles in cui l’amore è presentato nella sua sfera felice e spensierata, ciò che permette di rilassarsi, sentirsi apprezzati, ma anche farsi forza l’un l’altro e non essere mai soli. Da Late light talking, infatti, ci si muove verso Grapejuice: “there is no getting through without you”. Couple glasses, just me and you… Anche qui le atmosfere sono intime, domestiche, rassicuranti. Il testo non spicca se confrontato con le altre, ma anche questa vanta una base di basso ed elettrica che promette benissimo e si inserisce perfettamente nella linea che l’album vuole darsi. Il quarto brano è il singolo di apertura, As it was, al momento al primo post della classifica Spotify da oltre 7 settimane e che non dà alcun segno di voler scendere. Non sono riusciti né Jack HarlowBad Bunny a spodestarlo e sicuramente l’uscita dell’album non farà altro che assicurarne il successo ancora a lungo: “it’s not the same as it was”, né per Harry, né per l’industria. Il cantante ha parlato spesso di questo singolo come di una canzone che sembrava avere in realtà tutt’altra direzione: l’audio che ne aveva inviato come punto di partenza era una “death march”. È infatti una canzone che ricorda i suoi testi usuali, con un ritmo felice, ma un testo che ricorda la paura di rimanere soli e la dipendenza dalle altre persone che non sempre riconoscono e non sempre ricambiano. Ride del fatto che oggi balliamo su uno dei suoi momenti più bassi, ma il resto dell’album decisamente ne segna una ripresa: si balla anche dei suoi momenti più alti, non si preoccupi. Daylight è uno dei testi più teneri di Harry’s House: è stata presentata per la prima volta in live durante la trasmissione radiofonica di Howard Stern e da lì non è più uscita dalle teste dei fans, che l’attendevano con ansia. Little freak ha un ritmo lento, un ritornello delicato che però nasconde un testo sbarazzino: la persona a cui è dedicata non è riuscita ad ottenere da lui l’intimità che avrebbe voluto, è un ricordo felice che però non sarà mai nulla di più se non un delicate point of view. Il titolo è ingannevole e molti pensavano sarebbe stata una degna erede di Kiwi e Watermelon Sugar; invece, è stranamente commovente e si lega perfettamente a quello che è il vero brano struggente dell’album: Matilda. Il titolo è ispirato alla protagonista del romanzo di Roald Dahl, la bambina geniale che veniva rifiutata dalla famiglia e doveva imparare a farsi forza da sola e scegliersi una famiglia fatta da chi la ama, non da chi le ha donato la vita per poi abbandonarla a sé. Il cantante ha spiegato che è ispirata ad un’amica che ha condiviso con lui alcuni racconti sulla sua infanzia aspettandosi che il cantante la considerasse normale, ma l’ha invece rattristato il pensiero che lei avesse vissuto cose così brutte. In questo brano, infatti, lui si rivolge direttamente a lei e le dice di non preoccuparsi di dover tenere nei suoi momenti migliori persone che non la meritano, ma di condividersi solo con chi la ama e merita. Il brano è indubbiamente il meglio scritto e il più triste: una delle più amate dal pubblico fin dal primo ascolto, si prospetta di essere considerata una delle sue migliori canzoni a lungo.

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È invece così forte da poter risultare cacofonica, in Harry’s House, la transizione da Matilda a Cinema. Una canzone che parla senza mezzi termini di sesso, con un sound funky e una base di basso micidiale. “I just think you’re cool, I dig your cinema”, uno dei migliori ritornelli e sicuramente uno dei brani più riusciti dell’album: Styles sa come parlare e di cosa parlare, è difficile che sbagli un brano del genere. La sua posizione nell’album è l’unico punto di domanda, ma nessuno si aspetta di capire cosa passi per la testa dell’artista e dunque non resta che godersi quello che è un brano bomba senza troppe perplessità. Daydreaming arriva subito dopo con un altro coretto iniziale e la riproposta di temi che ricordano una giornata di sole a Los Angeles in cui non c’è altro se non fare l’amore, sorseggiare iced tea e fare il bagno in piscina. “Give me all your love, give me something to dream about”: dice l’artista e non sembra che qualcuno possa dire di no. Living in a daydream: la voglia di cose leggere, sole, cuore e amore è il filone conduttore di quest’album. Keep driving arriva naturalmente appena dopo: un elenco di case, libri, auto, fogli di giornale che conta le cose belle – come i pancakes per due – e i momenti meno belli passati insieme, solo per proporre come bilancio: “Should we just keep driving?”.

Satellite era una delle canzoni più ascoltate di Harry’s House in seguito al leak e di sicuro la più amata. Il ritornello anni ’80 sembra rivolgersi direttamente a chi ascolta e ricorda Late night talking e Matilda per quello che si dimostra essere un vero e proprio desiderio di far sentire meglio le persone che ha accanto. La vicinanza è infatti – come raccontato da lui stesso – la cosa che gli è mancata di più in questi anni di tour ininterrotti e permanenze all’estero: la famiglia ha cominciato a dare per scontata la sua assenza e gli amici hanno cominciato a confidarsi solo sporadicamente e questo l’ha posto davanti ad un bivio tra carriera e relazioni negli anni scorsi. Grazie alla pandemia ha potuto però concentrarsi sull’essere presente come figlio, amico e fratello e questo probabilmente è ciò che si cela dietro questi brani. Dopo averli ascoltati è difficile pensare non siano tra i suoi migliori: la vulnerabilità è veramente ciò che lo rende più forte e convincente, Harry, you’re no good alone.

La penultima canzone di Harry’s House, Boyfriends, era stata presentata al Coachella insieme a Late night talking. È stata scritta nel periodo in cui veniva ultimato Fine Line, ma è stata lasciata indietro per poterne creare tantissime versioni (perlopiù acustiche) fino ad arrivare a quella che esce per la prima volta oggi. Sicuramente è uno dei brani meno d’impatto dell’album, ma è comunque un brano tranquillo e rilassante. È ciò che vorrebbe dire non solo alle ragazze che lo ascoltano e lo circondano nella vita di tutti i giorni, ma a un figlio se dovesse arrivare: sa come ci si sente, è stato il primo a comportarsi così, purtroppo a volte bisogna dire no alle persone che si amano quando ci si rende conto che non meritano le nostre attenzioni.

Love of my life è il brano che chiude Harry’s House: l’artista ha detto di averla scritta pensando a Londra, il posto più vicino a casa che ha. È uno dei brani più belli dell’album: il testo è ripetuto e facile da imparare, soprattutto perché è difficile non ripetere la canzone per dieci volte dopo il primo ascolto. Non si può sapere se davvero queste parole siano per la madrepatria, ma sono sicuramente quelle che più mettono in chiaro cosa significa sentirsi a casa.

Con “Baby, you were the love of my life” si chiude dunque Harry’s house, ma nessuno si aspetta che chiudiate Spotify, sarà sicuramente in loop per tutto il giorno e nelle classifiche per chissà quanto. È così che, dopo l’Odissea di Fine Line, piena di tour cancellati e singoli inaspettatamente di successo (altri, completamente ignorati), l’artista si riassesta e torna alla normalità, dicendoci neanche velatamente: benvenuti a casa.

Giulia Scolari
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