Jinjer: Wallflowers [Recensione]

| | ,

Wallflowers dei Jinjer è uno degli album metal più attesi del 2021. Una band che non è più considerabile una rivelazione, anzi, sono ormai una vera e propria “band di punta” nel panorama metal internazionale.

Mi ero già occupato dei Jinjer, nel lontano 2019, per l’uscita proprio del predecessore di questo loro nuovo album, Wallflowers, ovvero Macro. Un album che come dissi gli aprì le porte della parte “principale” della scena metal internazionale, visto che, fino a quel momento, erano considerabili di nicchia, quasi uno di quei gruppi che solo i più curiosi scoprono (che è un po’ il modo in cui li conobbi io).

Da quel 2019 si è “avverato” quello che io, insieme a tanti altri appassionati della band, prevedettero, ovvero che i Jinjer entrassero a far parte della grande scena metal internazionale cominciando ad avere sempre più fans e sempre più ascolti sulle piattaforme di streaming. Dunque non si può parlare di “band rivelazione”, perchè con Wallflowers dovranno dimostrare di meritarsi il posto nell’Olimpo.

Le caratteristiche dei Jinjer ormai le conosciamo tutti, una band a cui piace andare oltre ogni regola del metal e nel caso di Wallflowers si è davanti ad un aggiornamento di quello stile su cui tanto hanno puntato in Macro

Come già ampiamente dimostrato con Macro gli album dei Jinjer sono sempre pieni di variazioni sonore, caratteristica confermata anche in Wallflowers. Nel caso di questo nuovo lavoro in studio si è cercato di rimanere concentrati nel tentativo di aggiornare quello che possiamo definire il loro genere principale, ovvero il Progressive Death Metal, ma senza rinunciare del tutto alle sperimentazioni (che spesso troviamo all’interno di tracce “classiche” della band).

Le prime due tracce di Wallflowers sono una l’opposta dell’altra: la prima, “Call Me A Symbol” che presenta delle divisioni ben calcate tra la parti più dure (che a sua volta si dividono tra il death più puro e quello più progressive) e quelle melodiche. La seconda, “Colossus”, risulta essere più confusa (che tra l’altro mantiene alta l’attenzione dell’ascoltatore) ma contemporaneamente più completa rispetto alla traccia precedente. Si cambia completamente registro con “Vortex”, che calma la situazione con i suoi riff sì più placidi, ma più studiati, facendo sì che la canzone passi per essere quasi puramente progressive death metal.

Con la quarta traccia arriva di Wallflowers arriva la prima dimostrazione dei Jinjer a cui piace spaziare tra vari generi e sound. Con “Disclosure!” ci si allontana dalle atmosfere più cupe e dure delle prime tre tracce e ci si avvicina a qualcosa di più semplice e dalle sonorità catchy. Stesso discorso per “Copycat”, una traccia decisamente più complicata ma che contemporaneamente rimane di facile presa sull’ascoltatore (si può dire che ci si avvicini al djent).

Wallflowers dimostra come i Jinjer abbiano lavorato sempre con il loro modo di fare, ma riuscendo ad essere molto più organizzati, come si evince anche dall’ordine della tracklist e dal modo in cui certe tracce risultino essere ben divise tra un sound e l’altro

Si torna alle atmosfere delle prime tracce con “Pearls And Swine” e con “Sleep of The Righteous” che però presenta, in minima parte, un’influenza Nu-Metal, ma solo per qualche minuto della canzone. La title-track “Wallflower”, che corrisponde all’ottava traccia, è il singolo che mi ha impressionato di più di tutto l’album. Una canzone che grazie al suo essere lenta e molto più calma rispetto alle altre tracce dell’album riesce a farsi apprezzare in ogni suo minuto ed in ogni singolo particolare. Ma in questo caso non sono io a raccontarvela, dovrete essere voi a cogliere il vostro spunto preferito che la traccia offre (nel mio caso è la prima parte della canzone, che per certi versi ricorda molto lo stile dei Tool).

Wallflowers jinjer recensione

Si torna, ancora, alle “origini” di Wallflowers, album di cui le ultime tre tracce, purtroppo, non stupiscono del tutto, lavori ben fatti ma che dopo la title-track risultano essere molto al di sotto delle aspettative. Un vero e proprio peccato, un “tracollo” (non completo) che si poteva evitare facendo finire l’album anche alla nona traccia, che poteva essere “As I Boil Ice” invece di “Dead Hands Feel No Pain”.

Wallflowers è un album che dimostra la maturità dei Jinjer, più organizzati nel muoversi tra tanti generi ma che contemporaneamente tendono a confermare la loro voglia quasi di specializzarsi nel Progressive Death. Si nota ancora quella voglia di andare contro le regole del metal, ma che piano piano, probabilmente, scomparirà. Al secondo album da “grandi” si dimostrano ancora giovani, senza dar segnali di cedimento.

Wallflowers jinjer recensione
Marco Mancinelli
Previous

Bellaria Film Festival 2021: premiati Pupi Avati e Silvio Orlando

Premio Kinéo a Venezia 78: il 4 e 5 settembre i primi vincitori

Next
Wordpress Social Share Plugin powered by Ultimatelysocial