Il “Multisala” di Franco126 [Recensione]

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Da stanotte i riflettori del cinema “Multisala” di Franco126 sono tutti puntati sul film del suo nuovo attesissimo secondo disco solista.

Preparate i pop-corn e mettetevi comodi perché le luci in sala si spengono e lo schermo proietta finalmente quello che può essere considerato a tutti gli effetti il sequel di “Stanza Singola”, debut album che ha portato meritatamente alla ribalta il talentuoso Franco126, la sua elegante scrittura e l’azzeccatissima produzione artistica curata interamente da Stefano Ceri.

Squadra che vince non si cambia e infatti il filo conduttore delle dieci tracce che compongono “Multisala” (Bomba Dischi/Island) è rappresentato proprio dalle atmosfere malinconiche e nostalgiche che in qualche modo richiamano il cantautorato classico tanto caro all’artista romano (Franco Califano su tutti), anche se non mancano piacevolissime parentesi funk, disco e persino bossa nova!


“Multisala” track by track

Che senso ha
Il sipario si apre su uno dei singoli che aveva anticipato l’uscita dell’album, impreziosito dalla presenza di Giorgio Poi alla chitarra e al basso e Colombre alla seconda chitarra. Il pezzo parla di cause perse, ma forse il mood ricorda fin troppo quello di “Frigobar“.

Blue Jeans
Ballad semi-acustica senza tempo, già certificata disco d’oro dalla FIMI, che vede la partecipazione di Calcutta, dunque ancora un’altra collaborazione con un big della nuova scena musicale italiana per Franchino dopo quella fortunatissima con Tommaso Paradiso.

Miopia
La terza scena di questa pellicola cinematografica di Franco126 racconta l’incontro tra due persone che si annusano, ma che non si capiscono bene: “E forse stiamo accelerando i tempi/E andremo incontro ad un mare di guai/In fondo siamo solo sue incoscienti/E lo sai, lo sai“.

Simone
Il brano sembra trattare l’amicizia nelle sue contraddizioni, in realtà il vero protagonista di questa storia non è una persona in particolare bensì lo stesso Franchino che parla di sé, della sua interiorità e delle sue fragilità attraverso un altro.

Vestito a fiori
Ancora su sonorità bossa nova, arricchite da un piano honky-tonk, si inserisce la traccia che ci accompagna al cosiddetto giro di boa e chiude la prima parte dell’album. Qui a farla da padrone è il delicato tema della depressione.

Maledetto tempo
Ci lasciamo alle spalle l’intervallo, comincia il secondo tempo ed ecco che arriva subito un colpo basso: di gran lunga della canzone più emozionante, caratterizzata da una salita melodica che dalla strofa ci trasporta in un ritornellone strappalacrime da cantare a squarciagola.

Accidenti a te
Probabilmente il passaggio meno riuscito di “Multisala”, almeno per quanto riguarda il sound, troppo simile a “Fa lo stesso”. L’unico merito è quello di spezzare il ritmo con la sua leggerezza e spensieratezza.

Nessun Perché
Ballata dalle impronte funk che rimanda al Lucio Battisti de “Il veliero”. Già estratta come singolo promozionale, si candida a diventare uno dei tormentoni della prossima estate.

Ladri di sogni
Il penultimo ciak racconta l’atmosfera della notte in cui “sembra quasi che Dio stia trattenendo il respiro“. Le sonorità del pezzo strizzano ancora l’occhio al mondo della disco music anni settanta.

Lieto fine
Cala il sipario, il film si conclude con il lieto fine ma “chissà che succede/Quando il pubblico in sala si alza e si appresta ad uscire/E restiamo da soli, senza controfigure/Senza più i riflettori/Senza più le battute da dire“.

Lorenzo Scuotto
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