Gli O.R.k. costituiscono una delle realtà imprescindibili del rock contemporaneo e il nuovo album Screamnasium è uno di quegli appuntamenti imperdibili per i veri amanti del genere.
Forti di una formazione che consente grandi viaggi di creatività musicale, la loro musica si è sempre potuta fregiare di una massiccia dose di originalità, talvolta dando nuova linfa vitale a soluzioni dei tempi che furono, talvolta sperimentando con grande coraggio, senza mai perdere il contatto col pubblico moderno, sempre più frenetico e con una soglia dell’attenzione molto limitata.
Dal talentuoso singer LEF, all’anagrafe Lorenzo Esposito Fornasari, al chitarrista Carmelo Pipitone, noto anche per i suoi lavori con i Marta sui Tubi, c’è negli O.R.k. una buona dose di Italia a testimoniare quanto il Bel Paese ne abbia da dire sulla musica attuale e quante belle realtà rock possa vantare oltre ai Maneskin.
Gli altri due membri del quartetto, il comparto ritmico di cui la band si dota, sono Colin Edwin al basso e Pat Mastellotto alla batteria. Il primo ha suonato nei Porcupine Tree dagli inizi della band negli anni Novanta fino allo scioglimento nel 2010. Il secondo suona nei King Crimson da quasi trent’anni. Per entrambi un curriculum nella crème de la crème del rock inglese più originale e ricercato delle ultime decadi.
Dopo aver realizzato il loro terzo album nel 2019, eccoci quindi dopo tre anni di attesa ad ascoltare Screamnasium. Un’attesa che, diciamolo subito, viene ampiamente ripagata dalla bellezza di questo disco.
La partenza è di quelle che lasciano subito il segno. As I Leave comincia con un giro di voce e un arpeggio di chitarra che sembrano bussare alle porte dell’universo dei Porcupine Tree per schiudersi molto presto in un chorus energico dai tratti Prog Metal. Tanto basta per renderci subito conto delle numerose frecce all’arco del vocalist LEF, autore di una prova assolutamente brillante. D’altro canto lo stesso riffing di Carmelo Pipitone è d’alta scuola, seguito a ruota da una sezione ritmica ricca di sfumature, ricercatezza sonora, virtuosismi mai fini a se stessi. Tutto questo solo nel primo brano.
Se con la seguente Unspoken Words proseguiamo su un percorso simile (strepitoso lo special, con una straordinaria interpretazione di LEF), troviamo già una piacevole sorpresa nella terza canzone di Screamnasium, Consequence.
Difatti, in questa traccia dall’andamento più lento e dondolante, gli O.R.k. si dotano di un’ospite di livello internazionale e, soprattutto, italiana: Elisa. (Quanto Sanremo in questo album, se ricordiamo che sia la cantante che Carmelo Pipitone con i Marta sui Tubi hanno partecipato al Festival, tra l’altro con grandissime prestazioni). Consequence è un brano vagamente Prog Rock, un po’ sullo stile Opeth, dove le voci dei due cantanti si incrociano in spiraleggianti controcanti, mentre la sezione ritmica smuove tutto il sostrato grazie a un Pat Mastellotto scatenato nelle sue ricercate percussioni.
I Feel Wrong prosegue le atmosfere già tracciate in Consequence, continuando a muoversi su un sound Prog Rock piuttosto oscuro e cupo. La ricercatezza di soluzioni sulla struttura della canzone e sulle sonorità espresse porta in risultato un lavoro pregevole soprattutto nel ritornello quanto mai carico di sentimenti ambigui e contrastanti: i sentimenti di qualcuno che si sente sbagliato, fuori posto, appunto wrong…
Dopo queste due coppie di brani che ruotano su una proposta molto simile tra loro, ecco che la creatività e la rottura degli schemi regna sovrana nella rapida Don’t Call Me A Joke.
Cori dai tempi irregolari (qualcuno ha detto Thela Hun Ginjeet dei King Crimson?), sonorità alla Devin Townsend, una serie di caratteristiche che lo rendono sicuramente uno dei brani più complessi dell’album. Ad accompagnarlo in questa sua “singolarità” c’è il seguente Hope For The Ordinary, mantenendo quella struttura a coppie di brani simili che caratterizza tutto l’album Screamnasium. Anche qui non mancano cori insoliti, tanto per citare uno dei tratti in comune. Tuttavia prevale una leggera e sorridente rassegnazione a definire il mood del brano grazie anche a uno straordinario lavoro nelle chitarre di Carmelo Pipitone: i vari slide a stonare rappresentano un’elegante soluzione di arrangiamento all’interno di questo brano dai sentimenti contrastanti.
Deadly Bite ci offre invece un viaggio che sembra portarci verso sogni psichedelici e vagamente anni Ottanta. I sintetizzatori dell’intro sono un tratto fin troppo distintivo in tal senso e riempiono un brano trascinante nel suo lento incedere (complimenti anche al drumming secco ed efficace di Pat Mastellotto).
E nel ritornello non si può non apprezzare ancora una volta la performance del versatilissimo LEF: quel viaggio sui falsetti, la capacità di spostarsi da delicate voci morbide a sonorità graffianti, il tutto con una facilità disarmante, è una dote comune a pochi grandi artisti. Le capacità interpretative poi di cui è dotato gli permettono un posto al fianco dei grandissimi e risulta spontaneo accostarlo a un gigante come Mike Patton, grande vocalist dei Faith No More e dei Mr. Bungle.
Sonorità decisamente proiettate verso il Prog Metal caratterizzano invece Something Broke, soprattutto grazie ai riff pesanti di Carmelo Pipitone e alla batteria aggressiva di Mastellotto, il quale regala anche alcuni piccoli assoli con le sue percussioni ricercate di scuola King Crimson.
Lonely Crowd e la conclusiva Someone Waits ci guidano invece verso spiagge oniriche.
Il primo brano viene introdotto da delicati arpeggi di pianoforte e dalla voce delicata di LEF, per poi sfociare in un’ambientazione più aggressiva in cui il concorso di synth e voci rende allucinata l’atmosfera.
Il secondo invece, oltre a essere il brano più lungo di Screamnasium, presenta come guest il violoncellista Jo Quill che realizza un giro cadenzato vagamente Pop, sostenuto dalla linea di basso di Colin Edwin e dalla versatilità vocale di LEF. La posizione conclusiva nell’album costringe un po’ la band ad ammorbidire il morso del ritmo di un disco altrimenti sempre molto addosso all’ascoltatore: solo nella seconda parte del brano, con i riff distorti di Pipitone e le percussioni di Mastellotto, il sound si appesantisce in un malinconico saluto.
Per gli amanti dei Pink Floyd, non è inverosimile riconoscere in questo brano le intenzioni di una High Hopes in The Division Bell e nel pregevole assolo di violoncello di Jo Quill gli struggenti slide di David Gilmour.
Al termine dell’ascolto non si può non rimanere estasiati dalla prova in cui si sono cimentati gli O.R.k. con Screamnasium.
In quest’album c’è il meglio dell’unione di più esperienze musicali ricchissime: i Porcupine Tree, i King Crimson, ma anche il Rock italiano più moderno, di cui Carmelo Pipitone con i Marta sui Tubi e LEF sono straordinari testimoni e portavoce. L’incontro tra queste scuole di pensiero così originali, personali e creative si traduce in un disco che riesce a guardare oltre i confini dell’attuale panorama musicale, senza mai perdere di vista l’ascoltatore. Quanto viene proposto dagli O.R.k. è quindi sperimentale, insolito, ma senza esagerare, permettendoci di saggiare a piccole dosi un mondo inedito, ancora tutto da esplorare, affascinante quanto immenso.
Un mondo dove è facile perdersi senza la giusta guida. Con gli O.R.k. non si sbaglia: affidiamoci quindi a loro e facciamoci portare lontano, un passo alla volta, verso frontiere ancora inesplorate. Sarà meraviglioso!
Leggi anche
- Devin Towsend e i superpoteri del “PowerNerd” [Recensione] - Ottobre 23, 2024
- Dimmu Borgir – Inspiratio Profanus [Recensione] - Gennaio 10, 2024
- Riverside a Roma: 5 ottobre 2023 [Live report] - Ottobre 21, 2023