Witness, VOLA: recensione

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Alla fine di maggio è arrivato il terzo album dei VOLA: Witness e tutto il mondo è testimone del talento di questa meravigliosa band di progressive rock.

Ritorno al djent per i VOLA

Solitamente, il terzo album sancisce l’affermarsi definitivo dello stile di una band, Witness dei VOLA non è un’eccezione. Le sonorità djent di basso e chitarra, tipicamente sul bassissimo registro vengono riprese dal primo album Inmazes (2015) e migliorate, bellissimo il timbro del basso di Nicolai Mogensen. Le tastiere che determinano la fusione di rock ed elettronica dei VOLA ora sono più pervasive che mai ma non invasive, semmai avvolgenti, accompagnano perfettamente i pezzi. Martin Werner riesce anche a creare armonie molto interessanti, sia nelle parti più tensive che quelle più aperte e rilassate. La voce e la batteria rimangono più o meno invariate dal secondo album ma non è affatto un male, anzi un segno di merito vista l’assenza del secondo cantante/chitarrista Niels Dreijer in Witness.

vola witness recensione

L’inizio di Witness, con il brano Straight Lines ci investe immediatamente con un intricato riff djent che ricorda molto Starburn di Inmazes, I VOLA sono tornati a delle sonorità pesanti e si sente. Come in Inmazes la voce melodiosa di Asger Mygind si insinua in questa pesantezza e ci porta ad un ritornello più aperto e meno tensivo. A differenza di Inmazes si nota una più alta attenzione ai passaggi da una sezione all’altra, specialmente nella terza sezione del pezzo, ancora più aperta del ritornello senza però perdere d’intensità. Ottimo pezzo d’apertura che mostra la maturità dei VOLA.

Witness prosegue con Head Mounted Sideways i VOLA ci portano in viaggio, si inizia con una sezione dura rigida e precisa, molto djent, con tanto di voce robotica, per poi passare a un quarto del brano a delle sezioni molto aperte a partire dal ritornello, le sonorità sono epiche e tragiche, il tutto scandito da un incessante riff che in questo caso accompagna le tastiere, il brano si conclude poi in un’esplosione di djent alla Meshuggah.

Dei VOLA non è presente solo il ritorno delle sonorità di Inmazes, ma anche a quelle di Applause of a Disant Crowd (2018). In 24 Light years dopo un breve intro, veniamo subito accolti da un bellissimo beat di batteria che fa da tappeto a tutto il resto, analogamente al pianoforte di Ruby Pool. Il ritmo è molto serrato, il beat è sottolineato anche da un bellissimo riff alle tastiere. Le chitarre ed il basso entreranno a mano a mano, andando ad accrescere l’intensità del pezzo.

Andando avanti con l’ascolto, Witness ci sorprende con These Black Claws, un brano in collaborazione con il rapper SHAHMEN. Nel brano i VOLA creano dei riff adatti sia a sezioni di beat cupo che ben accompagnano le parti vocali rap, sia più pesanti ed incisive per la voce di Asger. Lo stile non richiama il rap metal degli anni 90’, è qualcosa di diverso tutto da esplorare.

I VOLA fondono i loro due stili

Fin qui Witness ci ha portato su di un percorso regolare, abbiamo visto il ritorno alla pesantezza dei VOLA all’inizio, passare di nuovo a pezzi più leggeri e poi arrivare in territori inesplorati. Il resto dell’album procede in modo disordinato: Freak è il prossimo pezzo, che può essere tranquillamente definito come ballad djent, altro ritorno a sonorità più morbide. Verrà poi seguito da Napalm e Future Bird che invece sembrano essere una via di mezzo tra lo stile del primo e secondo album dei VOLA.

Ci si aspetta quindi che il resto di Witness continui su questo filone ma non è così. Effettivamente si viene interrotti nel cammino da un muro di pietra: Stone Leader Falling Down è un pezzo estremamente pesante, sembra di risentire The Same War (pezzo d’apertura di Inmazes). La decisione dei VOLA di mettere i pezzi in quest’ordine non è necessariamente un male, ogni pezzo è autoconclusivo e non si lega al successivo, un effettivo percorso però sarebbe stato gradito.

Witness si conclude con Inside Your Fur, altro pezzo via di mezzo dai toni accoglienti quasi allegri. I VOLA non ci lasciano in tristezza ma con la certezza che continueranno nella loro brillante carriera a portarci nuova musica.
Eugenio Gabrielli
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