Big Mouth 6: la sesta stagione si dà al virtue signaling

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In uscita il prossimo 28 ottobre su Netflix, la serie di Nick Kroll e Andrew Goldberg si rinnova per una sesta stagione. Confermata anche la settima, oltre ad una seconda stagione dello spin-off Human Resources.

Dopo cinque stagioni e lo spin-off Human Resources, – dove i protagonisti sono gli hormone monstersBig Mouth continua a reinventarsi e ad esplorare sempre più in profondità i problemi adolescenziali legati alla pubertà e alle crisi ormonali conseguenti.

Andrew (John Mulaney) è nella fase rosea della sua relazione con Bernie (Kristen Schaal), ma i due arriveranno a fronteggiare una serie di difficoltà dovute al fatto che la loro è una storia e distanza. Nick (Nick Kroll) cercherà di darsi un tono adibendo la soffitta di casa sua a quello che dovrebbe essere un bordello per ragazzini, aiutato dagli estrosi genitori smaniosi di promuovere un ambiente sex-positive.
Jessi (Jessi Klein) abbandonerà i suoi pregiudizi nei confronti della sua matrigna, mentre Missy (Ayo Edebiri) sarà alle prese con una nuova cotta. Jay (Jason Mantzoukas) cercherà maldestramente di fare coming out con la sua famiglia; Lola (Nick Kroll) affronterà una solitudine particolarmente forte.

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Big Mouth 6: contro la mascolinità fragile

Con questa sesta stagione Big Mouth si dà al femminismo: uno dei primi argomenti è il tema della vergogna legato a determinati aspetti della vagina, come l’odore e i peli, e trattando lo stigma legato ad essi. Più spesso la serie si pronuncia contro la soggiogazione della donna, che alcuni personaggi in Big Mouth vedono ancora esclusivamente nelle vesti di compagna, madre e donna di servizio; tutto, fuorché una persona dotata di vita propria.

Altro punto interessante è la differenza tra le famiglie di Nick e Andrew, evidenti da sempre ma ancora più visibili in quest’ultima stagione; vengono finalmente svelati i motivi dietro l’eccessiva affettuosità e permissività del padre di Nick e quelli dietro le caratteristiche diametralmente opposte del padre di Andrew.

Ad essere un po’ deludente e contenutisticamente pigra è la puntata finale, che dà l’impressione di voler chiudere tutto in fretta per sistemare i punti rimasti aperti il prima possibile.

Big Mouth 6: la sesta stagione si dà al virtue signaling 2

Big Mouth non perde il tono irriverente e spudorato che lo caratterizza sin dalla prima stagione, e questa è la buona notizia. Ma se persino in una serie così impenitente si sente l’esigenza di schierarsi nel dibattito culturale sul genere, vuol dire che non c’è più scampo per nessun’altra produzione in ambito seriale.

Da un lato, i discorsi su pronomi e sull’idea di genere come spettro si collegano bene all’idealismo tipico dell’età media dei protagonisti e all’esplorazione della propria identità sessuale; dall’altro, i dubbi sulle intenzioni degli sceneggiatori sono tanti.           
È realismo o volontà di posizionamento? Si vuole davvero raccontare qualcosa, oppure si vuole semplicemente confermare a sé stessi di essere quelli buoni? E soprattutto: dobbiamo davvero sorbirci in ogni nuova serie TV i rimbrotti su come sia sbagliato assumere che ci siano solo due generi e che non sia l’utero a fare la donna?

Con canzoncine simpatiche Big Mouth ci fa sapere di essere dalla parte giusta, ovvero quella che rispetta i pronomi altrui e che riduce la nozione di “donna” a una semplice sensazione, slegandola totalmente dall’organo riproduttivo. Ma è davvero coerente rifiutare i tradizionali ruoli di genere per poi essere, in realtà, ossessionati dall’idea stessa di genere?

Vediamo Jessi, la più sveglia del gruppo fino alla quinta stagione, – per quanto sveglio possa essere un adolescente – far sentire in colpa la sua matrigna per il fatto di non voler rivolgersi alla sua bambina appena nata con il pronome neutrale “they”. Non solo; ad esser bene accetti sono anche i neo-pronomi, ovvero quelli totalmente inventati: ce lo dice lo sfondo colorato sul quale Connie e suo figlio cantano allegramente contro il malvagio e arretrato binarismo di genere.

È difficilissimo, al momento, trovare una serie che parli dell’ideologia di genere senza risultare petulante e forzata. Big Mouth, da quel disastro di And Just Like That, non ha imparato proprio niente.

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