L’ultimo DPCM, firmato dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per il contenimento e il contrasto del diffondersi del Coronavirus (Covid-19) sull’intero territorio nazionale, consiglia vivamente di rimanere il più possibile a casa. Chiusi i cinema, i teatri, i musei, annullati eventi sportivi e concerti. Essendo costretti in casa abbiamo tanto tempo per riflettere, per pensare, per leggere, ascoltare musica e guardare film. Insomma, volenti o nolenti, siamo costretti a passare più tempo con noi stessi.
Ecco la seconda parte della nostra carrellata: un film al giorno, per quindici giorni.
Into The Wild, di Sean Penn, 2007
Into the Wild – Nelle terre selvagge, un film che costringe a riflettere, grazie al quale si riscopre il vero valore della vita.
Basato sulla vera storia di Christopher McCandless, il film, uscito nell’ormai lontano 2007, affronta il tema della ricerca di sé. Chris, appena diplomato al college, scappa di casa, esasperato dalla società di oggi, che rivolge l’attenzione soltanto alle cose materiali. Decide di abbandonare tutto e parte on the road alla ricerca di sé, stando il più possibile a contatto con la natura selvaggia.
Sicuramente la riscoperta di Chris è avvenuta in modo diversa rispetto a quella alla quale possiamo aspirare noi oggi, ma il fatto di essere costretti a casa ci incentiva a concentrarci su di noi e a riscoprirci.
Guardare Into the Wild – Nelle terre selvagge è il primo passo per una vera riscoperta della propria anima. Quindi, buona visione!
Blade Runner 2049 di Denis Villeneuve, 2018
In giorni in cui la società umana per come la conosciamo sta vacillando, ecco che Denis Villeneuve, grazie alla fantasia di Philip Dick, ci offre un possibile scenario, distante meno di trent’anni.
La società umana descritta in Blade Runner 2049 si mostra in numerose sfaccettature. Vediamo una tecnologia illimitata, auto volanti, ologrammi, realtà aumentate tramite il mondo virtuale… Eppure, due cose ci colpiscono profondamente: la fragilità della tecnologia stessa e l’alienazione dell’essere umano moderno.
Non tanto il confronto con gli androidi, già di per sé molto rischioso. La fragilità tecnologica sta in quello che Vint Cerf ha definito “medioevo digitale“. In Blade Runner 2049 viene menzionato alcune volte un evento traumatico svoltosi precedentemente ai fatti narrati. Un black out globale, in cui tutta l’informazione digitale è andata perduta per sempre. Un invito a riscoprire il piacere della carta stampata, in modo da conservare concretamente tutte le informazioni e lo scibile. Saremmo perduti senza tutto questo.
La nostra vita sarebbe definitivamente alienata e alienante, la nostra esistenza ruoterebbe attorno a una costante noia, alla quale daremmo interruzioni tramite impulsi effimeri e illusori. Come la realtà virtuale.
Un film per riscoprire, durante una delle peggiori crisi delle ultime decadi, i veri valori della vita…
Schindler’s List di Steven Spielberg, 1993
Schindler’s List è il racconto, basato su una storia vera, di come Oskar Schindler abbia salvato, con degli stratagemmi, attraverso la propria azienda, la vita di centinaia di ebrei, durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale. Un vero e proprio capolavoro, con il protagonista interpretato da uno strepitoso Liam Neeson. Il tutto è sapientemente diretto da Steven Spielberg, mentre l’ispirazione proviene dall’omonimo libro di Thomas Keneally.
Non è forse il film più adatto per risollevare il morale in quest’ora buia, ma è forse la pellicola che meglio può mostrarci dove possa condurre l’assenza di empatia. A dominare la scena non è infatti solo la personalità positiva di Schindler, ma anche la drammatica crudeltà di Amon Goeth, il nazista interpretato da uno straordinario Ralph Fiennes. All’interno della pellicola sono molti i momenti tristemente indimenticabili, densi di una crudeltà disumana.
Al tempo stesso, in questo momento così oscuro, non può che far bene ricordare quanto ciò che stiamo attraversando sia davvero nulla, rispetto al peso di una delle più grandi tragedie della storia umana. La riflessione su quanto le scelte personali possano fare la differenza è un messaggio imperdibile, in ogni epoca.
American Psycho, di Mary Harron, 2000
Tratto dall’omonimo romanzo del 1991 di Bret Easton Ellis, American Psycho è il ritratto di una fetta della società yuppie anni ’90 in America.
Lo sguardo è focalizzato sul protagonista Patrick Bateman (Christian Bale), consulente finanziario ventisettenne residente in un lussuoso attico a New York. Bateman conduce una vita di totale apparenza; maniacale nella propria routine, si circonda spesso dei suoi colleghi nonostante covi per loro un segreto disprezzo.
Alcuni suoi comportamenti poco ortodossi lasciano già intendere che si è in presenza di un individuo freddo e chiaramente egoista. L’empatia non rientra neanche lontanamente tra le sue doti e lui stesso lo ammette:
“Ho tutte le caratteristiche di un essere umano: carne, sangue, pelle e capelli. Ma non un solo, chiaro e identificabile sentimento, a parte l’avidità e il disgusto”. Non nega mai questo suo lato, accettando tutto ciò come innegabile parte di sé stesso. Contemporaneamente – e paradossalmente – è sempre concentrato a nascondere la sua reale essenza agli altri.
L’apice della sua assenza di empatia è rappresentato dai numerosi omicidi che commette, spesso a danni di persone innocenti. Patrick è spietato e le sue azioni sono motivate da un profondo senso d’odio; è un individuo tormentato, totalmente succube delle malattie mentali che lo affliggono.
Il dolore che provo è costante, acuto, e non spero in un mondo migliore per nessuno. In realtà desidero infliggere agli altri il mio dolore.
Lady Bird di Greta Herwig, 2017
Interpretato da una magistrale Saorsie Riordan, Lady Bird è un affascinante spaccato della vita di un’adolescente nel prologo della sua età adulta. Christine, che ama farsi chiamare Lady Bird, ad inizio millennio, frequenta un liceo cattolico a Sacramento in California, e cova il sogno di studiare in un college liberale dell’East Coast. Lady Bird è fin troppo simile a sua madre, una straordinaria Laurie MetCalf, con la quale è continuamente in contrasto: fin troppo realistiche entrambe, eppure sognatrici allo stesso tempo. Attraverso la scoperta dell’amore – e non – per l’altro sesso (rappresentato da un ancora acerbo Timotheè Chalamet), Christine accetterà se stessa: in un mondo ancora a tinte pastello quale era il 2002, ma col ricordo dell’11 settembre ancora vivo, Lady Bird vi emozionerà, e vi farà rivivere la magica epoca dell’adolescenza – una testa piena di sogni – che non tornerà più.
The Resolution/The Endless, di Justin Benson e Aaron Scott Moorhead, 2012/2017
Originalissimo dittico fantascientifico, il primo volume, The Resolution, è interpretato esclusivamente dai due registi, che si ritrovano incastrati in un loop temporale senza fine. Con un budget limitatissimo, il concept piacque così tanto che il duo ottenne abbondanti finanziamenti per il suo sequel, The Endless, attualmente un classico dell’horror fantascientifico della nuova scuola: il terrore della ripetizione, dell’infinita routine priva di sbocco, si mescolano a divinità lovecraftiane in una sceneggiatura che ha del geniale. E che, soprattutto, porterà ad una più profonda riflessione: quanto della nostra quotidiana è davvero scelto da noi?
Akira di Katsuhiro Otomo, 1988
Tuttora un classico dell’animazione e della fantascienza tutta, Akira è un thriller post-apocalittico nonchè romanzo di formazione, che ha, dalla sua, un finale decisamente rose e fiori, ed è prevalentemente per questo che è incluso in questa lista, inaugurata da Orizzonti di Gloria. Tetsuo e Kaneda, assieme ad un potere più grande di quanto l’umanità abbia mai conosciuto, si ritrovano impigliati in una trama di sofferenza, violenza, dolore, passioni fin troppo estreme ed una matrice sostanzialmente pessimista, che si apre, però, ad un rincuorante futuro. Un classico da vedere e rivedere.
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