Francesco Gabbani è tornato con un nuovo album “Viceversa”, a distanza di tre anni da Magellano (BMG), a mezzanotte di oggi, 14 febbraio, giorno degli innamorati per antonomasia.
Un vinile questo che concentra tutto intorno all’amore nelle sue mille forme, soffermandosi soprattutto su quanto sia importante ritornare al potere della condivisione, in un mondo sempre più incentrato intorno all’individuo a all’individualismo. Gabbani, riesce in dialoghi introspettivi con se stesso e chiedendo aiuto ad alcune eccelse figure del passato come Einstein o Adamo, ad estrapolare da ogni contesto in cui ogni persona può trovarsi, almeno un punto di contatto con la collettività.
Rieccoci, pronti a ripetere il solito rito settimanale, la confort zone di ogni malato di musica, in compact disc, in streaming o in vinile. Una routine che settimana dopo settimana ha portato me a scoprire perle nascoste nella discografia mondiale e gemme che stanno venendo alla luce nel momento di lancio del pezzo, alimentando l’esigenza di condividere tutto ciò con voi lettori, esattamente come il monito di questo album ci insegna. Partiamo con una premessa: avete presente come suona Magellano? Bene, dimenticatelo; piuttosto attingete ad Eternamente Ora. Gabbani ha fatto un passo indietro per farne dieci in avanti.
Viceversa il nuovo album di Francesco Gabbani e l’avverbio che meglio esprime la reciprocità alla base di ogni rapporto umano
Che Francesco Gabbani sia un paroliere nato lo abbiamo già capito con Occidentali’s Karma, con il giochetto di “Tra Le Granite e Le Granate” e il tormentone “E-State”, che sovrapponeva la stagione avallata dalla solarità della sonorità del brano, al verbo che sottintende quasi come sfottò. E le sue doti di penna che sottolinea una “impegnata leggerezza” perenne non si sono fatte attendere anche in questo nuovo album, che analizzeremo traccia per traccia, non prima di aver fatto ricorso al nostro alleato serale. Stasera tocca ad un Vermentino Nero delle Alpi Apuane, la linea di monti che nasce nella Toscana settentrionale per trovare la massima espressione nella confinante Liguria, Apuane rifugio di un Gabbani giovane, in continua ricerca della sua ispirazione che lo ha condotto fino a qui, in un successo inaspettato nel 2017 e una conferma in questa settantesima edizione del Festival di Sanremo.
Einstein, il genio della fisica apre Viceversa il nuovo album di Francesco Gabbani, fungendo da interlocutore con un artista dubbioso, che si chiede spesso il punto fisso della sua esistenza in cosa risieda. Albert Einstein, padre della teoria della relatività, dal suo canto gli ricorda un presupposto fondamentale: tutto è relativo, anche i punti di vista di chi ci circonda, anche la stessa percezione che si ha di sé a seconda della fase della vita in cui si incappa, ci si vede vincenti dopo un successo, perdenti dopo un fallimento. Tutto è relativo e in continuo mutamento, nel costante caos delle esistenze.
Questo brano di Viceversa, nuovo album di Francesco Gabbani, mi fa tornare in mente un pensiero della sociologa Brenè Brown, che ha fatto dell’essere fallibili e della potenza della fallibilità in mondo in cui si rincorre sempre e solo l’esatto contrario, l’oggetto di interesse di un’intera vita.
“Non è così infatti che vogliamo sentirci. Vogliamo essere forti, determinati, disciplinati, pieni di forza di volontà e fiducia nelle nostre capacità. Abbiamo obiettivi da raggiungere, c’è la felicità là fuori che ci aspetta, che ce ne facciamo della fragilità, della paura, delle incertezze?”
Un pensiero che associato spesso all’immagine che abbiamo di noi stessi, quando proiettiamo in noi delle speranze, anche a volte audaci per quelle che sono le nostre conoscenze o semplicemente i nostri limiti umani, ci fa sentire fallibili, incompresi, inespressi, eppure basterebbe definirci soltanto “umani”, provando a cambiare il nostro punto di vista, perché tutto è relativo e funzionale rispetto al modo in cui si guardano le cose.
Il sudore ci appiccica, secondo brano di Viceversa, il collante fra le razze universale
Un discorso di individualismo contrapposto alla condivisione che continua anche nel secondo brano “Il sudore ci appiccica”. Torniamo al punto di partenza, Francesco è un paroliere, è capace di giocare con le parole esattamente come se fossero il cubo di Rubik, smontandole e rimontandole a suo piacimento, senza perderne l’essenza, anzi regalando loro nuovi significati e sfumature.
In questo brano la parola “vittima” di questo gioco sadico è il suo nome: “Fra-l’altro”, in un dualismo tra il complemento e un dialogo con sé stesso “Fra, io ti volevo dire che”.
Un brano che accompagna un tema molto spinoso negli ultimi anni, quello della connessione, sempre più connessi col mondo eppure sempre più soli, apparentemente triste e che fa riflettere, ed un sound energico che ricorda la disco-music degli anni d’oro italiani, di fine anni ’80. Un messaggio importante che porta addosso un vestito di lustrini e paillettes in perfetto Italian Style, così come lo è il sempreverde equilibrio precario tra chi ti ruba e prova a fregarti e il restare sempre in piedi nonostante tutto.
Insomma Gabbani nel suo nuovo album non la tocca affatto piano, lo ha dimostrato chiaramente già in questi primi due brani.
“Che sei tu che mi fai stare bene quando io sto male e viceversa!”
Sì lo so, l’avete tutti letta cantando. Dopo il primo ascolto era già tormentone. Questo è il potere di un grande comunicatore. Ma io, cuore di marmo con core in cioccolato fondente e liquido, prima di ascoltare per la milionesima volta questo brano, ho bisogno di prendere fiato, respirare a pieni polmoni e riflettere su quanto abbiamo bisogno di Amore e Coraggio. Capirete presto il perché.
Così, bevo un sorso del mio vino carrarese, mi affaccio al balcone per respirare la brezza di questa vigilia di San Valentino e mi preparo psicologicamente a gustare l’assenza. L’assenza di cuore pulsante, di sentimenti che ti bloccano il respiro, che ti fanno mancare la terra sotto ai piedi, ti responsabilizzano alla condivisione facendoti dimenticare di declinare i verbi alla prima persona singolare, barattando questa con la prima persona plurale. Non esiste più un “io” ma solo un “noi” in ogni pensiero e azione.
Questo è stato un anno di corse, di treni presi per poche ore altrove, di scelte importanti, di consapevolezze talvolta pesanti. E’ stato l’anno della resa. Mi sono arresa sentendo il fiato mancare dal troppo fare e dalla necessità di rispondere fin troppo spesso alla mia severità di giudizio. L’anno in cui per la prima volta ho avuto una sensazione di stanchezza ingombrante e talvolta così spessa da dovermi fermare anche quando avrei voluto fare di più. Svuotare invece di riempire, selezionando scrupolosamente cosa tenere vicino e cosa allontanare. Mi sono arresa all’amore, prima accettandolo, poi allontanandolo, e adesso maledicendolo. Perché sì, io un amore a cui dedicare questa canzone me lo merito. Anzi, per dirla alla Gabbani, ce lo meritiamo, io, tu, noi, tutti.
Eccoci dunque al brano, riabbasso la testina del giradischi e parte subito il brano, secondo classificato al Festival di Sanremo che ha due messaggi insiti in se, l’Amore e il Coraggio (Sì, l’ho già detto, ma è centrale tutto ciò).
È la paura dietro all’arroganza
È tutto l’universo chiuso in una stanza
È l’abbondanza dentro alla mancanza
Ti amo e basta!
È l’abitudine nella sorpresa
È una vittoria poco prima dell’arresa
È solamente tutto quello che ci manca e che cerchiamo per poterti dire che “ti amo!”
Questo brano è una poesia, uno di quei testi che ogni persona vorrebbe sentirsi dedicare dal proprio compagno. Parliamoci chiaro, “è la paura dietro l’arroganza” è quella maschera che ognuno di noi indossa per protezione, per paura di lasciare che l’altro possa ferirci. Ma il punto chiave di questo brano è un altro, “Ti Amo e basta!”. Ci avete fatto mai caso al fatto che è almeno un decennio che gli artisti non si assumono più la responsabilità di dire queste due paroline magiche, Ti-Amo? Usano spesso panegirici ed escamotage per arrivare comunque a parafrasarla, ma nessuno lo dice più (ok, fa eccezione Brunori Sas in “Per due che come noi”, ma siamo agli stessi giorni di “Viceversa”). Come mai accade ciò? Perché viviamo in una condizione di totale precariato sociale, che parte da una situazione di stallo lavorativa, noi giovani ormai viviamo da precari perenni, tra richieste di “apprendisti con esperienza” a “partite IVA con garanzia di unicità”, vediamo la possibilità di mettere su famiglia così lontana e remota che la precarietà la proiettiamo di default anche nei sentimenti. Eppure qualcuno quelle parole ha ancora il coraggio di pronunciarle e dovrebbe essere preso da esempio. Sul palco più prestigioso d’Italia Gabbani non ha portato un brano, ha portato un messaggio “Tutto quello che ci manca e che cerchiamo per poterti dire che ti amo!”.
Ha avuto coraggio, lo stesso che dovrei avere io, di smetterla di soffocare parole e dirle, esprimerlo, perché la vita riserva sempre sorprese e meglio vivere di rimorsi che di rimpianti.
Cinesi, il quarto brano di Viceversa è un invito a rallentare nei rapporti, per goderne appieno della loro essenza
Ok lo ammetto, quando ho letto il titolo della traccia ho pensato che in Viceversa Francesco Gabbani fosse stato un po’ Cassandra nella scrittura di questo album. Dopo la querelle sanremese tra Morgan e Bugo, ormai qualsiasi cosa riporta alla mente una ottima strategia di marketing, e potrebbe davvero sembrare ciò con questo brano che porta il nome di un popolo così tanto citato nelle ultime settimane a causa di una vicenda triste che sta coinvolgendo l’intero mondo, che ha come epicentro proprio la Cina e che ha fatto alzare ai massimi livelli di razzismo negli altri punti del globo. Eppure questo titolo è solo un’analogia per sottolineare che l’amore e la condivisione, nella purezza dei sentimenti, è fatta di piccole cose, e che non serve un pantalone costoso ma va bene anche un vestito dei cinesi per sentirsi bene, perché basta la luce dell’amore ad illuminare i volti.
Fondamentalmente la canzone di Viceversa nuovo album di Francesco Gabbani non dà una risposta, ma pone una domanda: ma che fretta c’è? I rapporti attuali sono mordi e fuggi, oltre che precari. La conoscenza, la frequentazione, il sesso, il tutto avviene in modo frenetico, dove l’assaggiare la portata successiva diventa ossessivamente più importante che gustare ciò che abbiamo già nel piatto. Non si ha neppure il tempo di godersi la fase in corso che si brama già di passare oltre. Se anche lo splendore di un fiore è destinato ad appassire, forse varrebbe davvero la pena di rallentare ed imparare ad assaporare l’attimo attuale, prima che diventi un ricordo.
“Che fretta c’è se passa il tempo e tu sei qui con me, se tutto è veramente irripetibile non me lo voglio perdere. […] Dammi la mano, respira piano, chiudi gli occhi e guarda lontano!”
La mia preferita, senza dubbio.
Shambola, Adamo ed Eva e il compromesso alla base dei rapporti e di Viceversa
Francesco Gabbani nel suo nuovo album non si ferma con le consultazioni. Se Einstein ha preso il posto di Freud in una seduta psicoanalitica con il se stesso confuso e senza veri punti fissi, risale fino all’origine del mondo per indagare i rapporti di coppia, arrivando addirittura ad Adamo, il primo uomo che era talmente adepto e credente nella condivisione che arrivò perfino a dare una costola per creare Eva.
Con un coinvolgente ritmo dal sapore latino, Francesco Gabbani in questo brano di Viceversa, suo nuovo album, racconta gli equilibri necessari a portare avanti un rapporto di coppia, pur tra illuminazioni e lati oscuri. Nell’intercapedine che c’è tra il detto e il mai confessato, tra la concessione e il compromesso, proliferano sentimento e complicità, che diventano la linfa vitale di un rapporto capace di andare al di là del tempo e dello spazio. Quando si ottiene questa preziosa alchimia, allora è “Shambola”, che in questo caso rappresenta un’esternazione gioiosa di successo (tipo “Eureka”, “Urrà”, o simili…).
Il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse una mela: quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disubbidienza, diceva Oriana Fallaci.
“Io comunque resto qui, dietro a quello che si vede”, Francesco Gabbani
E’ una strofa contenuta nel testo di Duemiladiciannove, il brano che ha segnato il ritorno di Francesco Gabbani, un regalo che il toscano ha fatto a tutti i suoi fan lanciandola via WhatsApp. Un testo che suggerisce di non limitarsi a ciò che è in superficie o si percepisce a primo acchito, ma a scendere più in profondità. Solo così c’è la possibilità di scoprire quello che sono davvero gli individui che abbiamo accanto. “Duemiladiciannove” è inoltre un brano che, come la traccia d’apertura, invita ad approcciarsi all’analisi del mondo con il presupposto che tutto è relativo e tutto è in divenire. Ripercorre così l’anno appena concluso e getta un fascio di luce anche sul fondamentale concetto di equilibrio “tra il sublime e il verme”, ovvero tra l’aulico dello spirito e la carne nel suo livello più infimo.
Si ritorna al ritmo vivace e coinvolgente di Viceversa nuovo album di Francesco Gabbani, che abbiamo messo in stand by dopo Shambola, il cantautore racconta come nel tessuto sociale, cucito da retaggi culturali standardizzati (ove talvolta è difficile ritrovarsi singolarmente), la soluzione non possa essere la fuga, bensì l’accettazione e il conseguente cambio di prospettiva nell’osservare le cose. La naturale sinergia che si crea tra due persone che sentimentalmente, passionalmente, amichevolmente ed intellettualmente condividono un punto di vista differente da quello comune e socialmente accettato è, per l’appunto, un’altra cosa.
Bomba Pacifista, penultimo brano di Viceversa, nuovo album di Francesco Gabbani, è una canzone “visionaria”, che già nel titolo si presenta come un ossimoro. Suggerisce che la vera rivoluzione del singolo e della società potrebbe essere quella di trasformare quelle caratteristiche che tendenzialmente consideriamo delle debolezze, in punti di forza. Ecco quindi che la compassione, la gentilezza, la tolleranza, la comprensione, la timidezza o la tenerezza possono diventare scintille (o vere e proprie armi pacifiste) da condividere con gli altri come un’offerta, per porsi per ciò che si è, ma soprattutto per contrastare il cinismo del mondo individualista. Senza né filtri, né timori.
Cancellami, la piaga della sovrastimolazione da social quando una storia finisce
Si riesce davvero ormai a guarire da una storia finita se continuiamo ad essere informati sui vari spostamenti, azioni e pensieri dell’ex partner sbirciando i suoi social network? Pare di no. Oggi siamo la generazione delle porte semi chiuse, anche quelle che dovrebbero essere sbattute in facce. Dei visualizzato ma non risposto, o peggio, dei messaggi letti direttamente dalle anteprime e lasciati nel dimenticatoio finché all’altro non si accende una lampadina, che sia di malinconia, di opportunismo o di altro, così da riciclare quel vecchio messaggio e avere una passerella pronta verso un nuovo contatto, senza neppure prendersi la responsabilità di una chiamata o messaggio ex novo.
Cancellami è il brano di chiusura dell’album, con cui l’artista sceglie di raccontare la fine di un rapporto d’amore con un imperativo: “Cancellami”. Ma a dispetto di ciò che sembra apparentemente, quell’ordine è la richiesta di essere cancellato dalla vita del partner, non per voler essere dimenticato, bensì per evitare che i ricordi possano diventare una dolorosa zavorra con cui convivere. E’ quindi un estremo atto di condivisione e di generosità, che celebra così la ricchezza che ogni storia d’amore può comunque lasciare: l’importanza di essere vissuta fino in fondo.
Per questo San Valentino vi auguro di ridere di più, svegliarvi con l’aroma di caffè già in giro per casa, di ascoltare musica bella come questo vinile di Francesco Gabbani, di essere curiosi, di alleggerirvi e circondarvi di persone straordinarie, quelle che ci aiutano a pittare l’ordinario di blu e “Viceversa”.
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