Il 20 novembre è andata in scena la prima del musical Charlie e la Fabbrica di Cioccolato (Wizard Production), alla Fabbrica del Vapore di Milano.
Dolci, zucchero e cioccolato: queste sono le parole d’ordine per poter entrare nel mondo magico di Willy Wonka. E la sua fabbrica è arrivata anche qui, precisamente in via Procaccini 4, a Milano.
Ad ospitare in scena la storia del celebre romanzo di Roald Dahl, portato sul palcoscenico a partire dall’8 novembre con un musical fiabesco, è la Fabbrica del Vapore, luogo solitamente adibito a mostre ed eventi, ma allestito opportunatamente ed esclusivamente per l’occasione.
Lo spettacolo sembra adatto a tutte le età, con la predilezione per un pubblico più piccolo.
Ad affermarlo è già la presenza del giovanissimo e ancora dilettante Alessandro Notari, nelle vesti del protagonista Charlie Bucket: seppur con qualche leggera sbavatura ed imprecisione, è riuscito ad incarnare il suo personaggio con estrema tenerezza e delicatezza.
A dividere con lui il ruolo di primo attore il grandissimo Christian Ginepro, a cui viene attribuito il ruolo di Willy Wonka e che, con voce chiara ed un’interpretazione calzante e scherzosa, ha portato allegria in tutta la sala.
La storia del piccolo Charlie inizia con un allestimento scenico che ci immerge in una Londra povera e fredda. Da una parte la grigia e piccola abitazione della famiglia di Bucket, con la madre e i quattro nonni infermi nel letto, dall’altra un negozio colorato e sgargiante di dolciumi e delizie, in cui lavora uno strano ma simpatico venditore, riconosciuto dal pubblico, ma non da Charlie, come il famoso cioccolataio Wonka, il quale chiuse la fabbrica per via di alcune spie tra i suoi dipendenti che gli rubarono segretamente le ricette.
Sullo sfondo troviamo, invece, la fabbrica vera e propria, chiusa dietro ai cancelli, cupa, quasi spaventosa.
Tutta la scenografia, cambiata durante lo spettacolo più volte con velocità e prontezza, gioca sulla prospettiva dello stabilimento, che nel momento dell’apertura per i cinque visitatori appare luminosa e maestosa e per le scene che si svolgono al suo interno è stata realizzata secondo una scenotecnica vivace e degna di nota.
Particolarmente stupefacenti sono gli effetti special della Fabbrica di Cioccolato: dal bastone svolazzante di Wonka, al perfetto rendimento delle peripezie accadute ai quattro ragazzini capricciosi, compagni di visita di Charlie: Augustus Gulp (Davide Marchese) risucchiato dalla macchina che produce le tavolette; Violetta Beauregarde (Michelle Perera), che a tutti i costi vuole provare una gomma da masticare sperimentale al mirtillo senza curarsi delle possibili conseguenze; Veruca Salt (Marta Melchiorre), ragazzina viziata, che viene aggredita dagli stessi scoiattoli che tanto possessivamente desiderava avere; ed infine Mike Tivù (Simone Ragozzino), che finisce per essere rimpicciolito della grandezza di una barretta al cioccolato. Soprattutto quest’ultimo effetto appare molto realistico e ben riuscito.
Ma l’espediente scenografico più magico e fantasioso dello spettacolo rimane l’ascensore di cristallo, che si dondola a mezz’aria sul pubblico in una danza volante mozzafiato.
Se, quindi, le tecniche sceniche di Charlie e la Fabbrica di Cioccolato risultano sorprendenti ed inaspettate, la cura per quanto riguarda la complessità dei testi musicali appare meno elaborata. Resta tuttavia da sottolineare la bravura e l’efficacia della band che accompagna live gli attori: precisa, equilibrata, armoniosa.
Sulle note e sulle parole prendono vita i corpi dei ballerini, che si trovano soprattutto tra gli stessi interpreti, tra cui Simone Ragozzino o Marta Melchiorre. L’obiettivo è creare una dinamica tra il fantastico e lo stravagante, come le scene degli Umpa Lumpa, o inscenare atteggiamenti, vizi e reazioni dei personaggi che si esprimono attraverso passi di danza in modo del tutto originale.
Alcuni inserimenti testuali e contestuali sono volutamente riferiti alla nostra realtà, per poterci trascinare ed immedesimare profondamente nello spettacolo, riconoscendo quanti punti di contatto vi siano tra essa e il romanzo.
La propensione a presentare i ragazzi viziati come caricature della società d’oggi, ossessionata dai social media, da un ego spropositato, dall’indifferenza e dalla passività intesa come inattività, dalla trasgressione senza sapere in favore di cosa si trasgredisce, sono tutti elementi che inducono alla riflessione su un mondo che, dall’epoca moderna, è forzatamente alterato in favore di un grigio e nebbioso individualismo, spento e improduttivo.
Charlie e la Fabbrica di cioccolato vuole riportare, almeno nella finzione dell’incantato mondo del teatro, una realtà che sfiori l’irreale. Il cioccolato ed i dolci assumono qui il valore metaforico del sogno, dell’impossibile che può realizzarsi, o che può rimanere una semplice fantasia della quale necessitiamo per sentirci davvero umani.
E’ il tentativo di spingere una generazione ormai stanca a convincersi di non smettere mai di sognare, perché i sogni portano sul sentiero della creatività, unica arma sana, intoccabile ed inattaccabile che possediamo per difenderci da quelle vesti che ci vengono imposte, ma che possiamo decidere non appartenerci.
Il fatto che i cinque ospiti della fabbrica siano affiancati da uno dei loro genitori durante la visita o, nel caso di Charlie, dal nonno, è fondamentale per comprendere davvero appieno il messaggio di questo racconto maliardo: i sogni non hanno età e solo chi continua a volare con lo spirito non si abbandonerà mai alla nuda e insipida noia.
Ciò che più releghiamo nei ricordi dell’infanzia e tacciamo come falso, inutile, ed irreale si rivela come l’unica chiave della porta per un’esistenza reale, piena e libera: l’immaginazione.
Marta Maderna
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