“Pezzi” di Rueda Teatro è il vincitore del Roma Fringe Festival 2019, uno spettacolo delicato e profondo, una “chicca” da riscoprire nelle varie repliche in giro per la penisola ma qual è la situazione attuale dei Fringe d’Italia? Sono davvero una fucina di nuove idee o un calderone da dove escono sempre le stesse realtà viste e riviste?
Non sono un’assidua frequentatrice di festival teatrali. Anzi. L’idea che gli addetti ai lavori vadano a vedere altri addetti ai lavori è interessante ma, allo stesso tempo, frustrante perché non si tratta di pubblico “vero” ma, nella maggior parte delle volte, di persone che vanno a vedere “gli altri” per criticare, per trovare il pelo nell’uovo, per sfogare tutta la rabbia che, spesso, questo mestiere ci fa accumulare.
Una sera di gennaio per caso…
Erano i primi mesi del 2019 quando rimasi folgorata quasi, per caso, da uno spettacolo a Roma allo spazio Pelanda (ex Mattatoio): si trattava di “Pezzi” per la regia di Laura Nardinocchi con Ilaria Fantozzi, Ilaria Giorgi, Claudia Guidi, della giovane compagnia Rueda Teatro. Una segnalazione fatta da un’amica, una serata libera. Entrando nello spazio sono stata investita immediatamente da un profumo di “casa”. Non so come spiegarlo, non c’era nessun odore, eppure la scenografia scarna fatta di scatoloni (che poi ho scoperto essere cubi di legno), le tre attrici già in scena che ripetevano in sequenza delle azioni sceniche vestite in camicia da notte, mi hanno riportato indietro nel tempo. Ad un mondo d’infanzia che non c’è più. È proprio di una famiglia che parla lo spettacolo, di una famiglia dove la figura maschile non appare ma è sempre presente, una famiglia investita da una tragedia che scopriamo a poco a poco nei quadri che si delineano con semplicità e fluidità. La soffitta, la decorazione dell’albero di Natale, un cimitero.
Pezzi: si vive per imparare a restare morti tanto tempo
Il sottotitolo dello spettacolo è tratto da un testo di William Faulkner: “Mentre morivo”. La spinta che fa da fondamento al testo è, infatti, il tema del lutto che delinea una storia qualunque declinata nelle reazioni delle tre protagoniste: la mamma, la figlia maggiore e la figlia più piccola. Ognuna di loro “si frantuma” in seguito alla perdita della figura maschile di casa (marito/padre) e ognuna reagisce a modo suo: la mamma con la forza che contraddistingue una donna rimasta sola che vuole cancellare la perdita focalizzandosi sul futuro delle sue ragazze; la figlia maggiore, Marina, con la ribellione e la figlia minore, Maria, con quell’ingenuità tipica di chi ancora non sa o non vuole vedere pur di non soffrire, di non distruggere il sogno infantile che si è costruita. “Pezzi” è un frantumarsi ma anche un “ricostruire” per andare avanti, per riscoprire i valori semplici che ci permettono di condurre una vita dignitosa anche oggi, nonostante siamo bombardati dalla vita frenetica e dalla scomparsa dell’importanza degli affetti più cari.
“La memoria ha il movimento della marea. Puoi solo subirla e semmai scansarti, se proprio non vuoi bagnarti i piedi”
Risulta chiaro (come ci ha tenuto a sottolineare più volte la regista) che “Pezzi” è un lavoro corale dove ogni partecipante ha messo un frammento di sé partecipando attivamente alla creazione a partire dalla drammaturgia, alla ricerca dei costumi, all’idea della scenografia. Lo spettacolo esula da quel “teatro di regia” che ancora oggi ci viene propinato dove gli attori, tecnicamente perfetti, si muovono come dei robot senz’anima per tre ore lasciando dietro di sé un vuoto incolmabile. I personaggi di “Pezzi” lasciano, invece, lo spettatore pieno, ricco di emozioni e domande.
Ecco, per me il teatro dovrebbe avere ancora un impatto molto forte sul pubblico, dovrebbe provocare, far reagire, lasciarci con un pensiero o con un dubbio, con un sentimento che ci invade, trasmettere un messaggio. “Pezzi” incarna proprio questo ruolo: ci fa riscoprire il potere del ricordo, dell’infanzia, la paura della morte, le difficoltà di persone normali, qualsiasi, in un paese sperduto dell’Italia. A rafforzare il tutto interviene anche un sapiente lavoro sul linguaggio, un utilizzo del dialetto mai scontato, “il caprolatto”. Un dialetto lontano che la compagnia definisce “né romano né ciociaro” e che accompagna i dialoghi delle tre attrici. L’epoca è superflua e non viene definita, il lavoro fisico è molto importante per la rappresentazione dei tre personaggi e ci restituisce un lavoro basato sulla verità e sulla semplicità.
Come un quadro di Segantini come un film neorealista, “Pezzi” ci porta con sé perché sa toccare le corde di movimenti umani comuni a tutti. Mi ha stupito il fatto che sia stato proprio questo spettacolo a vincere il Fringe. Vittoria che gli ha dato la possibilità di girare in tutta Italia e di farsi conoscere al grande pubblico. Mi ha stupito che questa piccola pietra preziosa venga da una compagnia molto giovane ma che ha già ben chiari i propri obiettivi. Per questo e per tutto il teatro autentico bisogna battersi, bisogna sostenere, bisogna far conoscere. Il 12 novembre Pezzi tornerà dove il suo viaggio ha avuto inizio, a Roma, al Teatro Vascello, non perdetevelo.
PEZZI
uno spettacolo di Rueda Teatro
regia e drammaturgia Laura Nardinocchi
con Ilaria Fantozzi, Ilaria Giorgi, Claudia Guidi
scene Ludovica Muraca
suono Francesco Gentile
Foto Simone Galli
produzione Theatron Produzioni – Rueda Teatro – Florian Metateatro
Tournée:
12 novembre – Teatro Vascello – Roma
7 dicembre – Teatro Giustiniano – Villa (Rimini)
10 dicembre- Rassegna teatrale Dogville – Area Metropolis 2.0 (Milano)
14 dicembre – Rassegna Intransito – Teatro Akropolis (Genova)
24 gennaio – Teatro delle Temperie – (Bologna)
1 febbraio – Proloco Babilonia – (Bari)
7 febbraio – Spazio Farma – Mestre (Venezia)
9 febbraio – Carichi Sospesi – (Padova)
15 febbraio – Teatro degli Oscuri – (Siena)
6 marzo – TMO Teatro Mediterraneo Occupato – (Palermo)
8 marzo – Teatro Coppola – (Catania)
14 marzo – Teatro Francigena – (Viterbo)
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