The Serpent è una miniserie travolgente, prodotta congiuntamente da BBC One e Netflix, che racconta in maniera non lineare la storia del truffatore e pluriomicida di Charles Sobhraj.
La miniserie in otto episodi creata da Mammoth Screen è basata su eventi realmente accaduti. Charles Sobhraj, nell’arco della sua vita, ha commesso almeno una dozzina di omicidi tra il 1975 e il 1976, ed era noto come “The Serpent” dalle autorità della zona per la sua abilità nello schivare sia le accuse che la cattura. Nel 1976 fu condannato a oltre 20 anni di carcere. Al suo rilascio, nel 1997, è tornato a Parigi.
La prima sequenza di The Serpent ci catapulta proprio nella capitale francese, in cui si è nel vivo dell’intervista del 1997 al criminale francese di origini indo-vietnamite Charles Sobhraj (Tahar Rahim), capace di eludere come pochi altri le domande della giornalista in merito se lui fosse o meno un assassino. Capiamo immediatamente che quello che abbiamo di fronte è l’immagine di un uomo freddo, impassibile, condiscendente, anaffettivo.
E’ qui che facciamo la conoscenza di uno dei serial killer più famosi al mondo negli anni Settanta che prese di mira in modo specifico i viaggiatori occidentali che andavano verso l’Hippie Trail – sentiero hippie del continente asiatico – in paesi come Thailandia, India e Nepal. Non è un caso che gli è stato dato il soprannome di The Serpent (il serpente). Fin dal primo episodio capiamo quanto è stato abile a schivare la legge, aggirando le autorità e, quindi, il suo arresto in molteplici occasioni, fino a quando la sua arroganza non ha avuto il sopravvento. Oggi si trova in una carcere in Nepal e rischia l’ergastolo.
Negli anni, Sobhraj non ha operato da solo. Il suo fascino magnetico e l’innato savoir faire hanno ingannato prima di tutti Marie Andrée-Leclerc (Jenna Coleman) colei che è diventata la sua amante e la sua complice. Ma nei primi episodio, Charles e Marie non esistono, ci vengono presentati i loro alter ego: Alain Gautier e Monique. I due si fingono commercianti di gemme pronti a raggirare i giovani viaggiatori grazie all’aiuto di Sobhraj Ajay Chowdhury (Amesh Edireweera).
A quei ragazzi pieni di vita, di speranza e di futuro promettono momenti divertenti, offrono un alloggio, delle droghe e alcol a volontà. Ma la loro casa al centro di Bangkok, in un condominio chiamato Kanit House, diventa improvvisamente un luogo di terrore in cui i tre decidono di avvelenare e derubare le loro vittime. Gli prendono tutto: soldi, effetti personali e, soprattutto, i passaporti.
The Serpent lavora sui dettagli, racconta alla perfezione l’orrendo modus operandi di quel trio, usando fatti realmente accaduti, che sono impreziositi dall’interpretazione strabiliante e dai manierismo degli attori: la calma e il contegno taciturno di Rahim, il sorrisetto e lo sguardo malizioso di Coleman, l’enfasi e l’inquietudine di Edireweera sono tutti dettagli che alimentano la maestria narrativa.
Come le migliori produzioni, anche questo spettacolo trova una importante base emotiva in altri personaggi fondamentali come Herman (Billy Howle), un diplomatico olandese che all’epoca era di stanza a Bangkok, in cui la sua missione primaria diventa quella di scovare Sobhraj, mettendo in secondo piano la sue relazioni personali e la sua vita privata.
Le indagini di Herman trovano un aiuto prezioso nella moglie Angela Knippenberg (Ellie Bamber), così come nel coraggio dei vicini di Sobhraj, Nadine Gires (Mathilde Warnier) e dal suo allora marito Remi (Grégoire Isvarine). L’arduo e pericoloso viaggio intrapreso da questa squadra disordinata, con l’aiuto di altri agenti come Paul Siemons (Tim McInnerny) del Servizio Esteri Belga.
The Serpent è essenzialmente una drammatica rievocazione di come il trio ha portato avanti le proprie trasgressioni e i propri crimini per diversi mesi, in diverse città, senza essere mai scoperto.
La trama è veloce e avvincente, non riesci a staccare gli occhi dallo schermo per tutti gli otto episodi dove siamo frequentemente catapultati da un anno all’altro, mostrando le conseguenze di alcuni incontri fatali dei protagonisti e l’inizio di quello che è stato il regno del terrore di Sobrhaj. L’incessante balzo avanti e indietro della sceneggiatura, grazie a continui flashback e flash forward, potrebbe far perdere il filo del racconto, per questo è fondamentale non perdere l’attenzione.
E’ stato fatto un lavoro maestro nel riprodurre un racconto realmente accaduto, introducendo nuove informazioni ed esplorando aspetti sconosciuti di una delle figure più temute dell’Asia. Uno dei pregi dell’intera serie è ritrarre il decennio portato in scena attraverso la moda sfarzosa dell’epoca, le atmosfere spensierate e la colonna sonora.
Tutti gli elementi della cinematografia portati in scena sono fantastici, perché riescono a catturare per davvero il caos dell’Asia: dalle strade rumorose di Bangkok, alla fiorente oasi hippie che era l’ostello per i viaggiatori occidentali degli anni ’70. Impossibile, poi, non amare la moda retrò, l’estetica e le immagini che catturano la bellezza di quei posti.
The Serpent non è solamente il racconto di un uomo spietato, ma è anche la descrizione degli anni Settanta, di quel decennio che deve fare i conti con i postumi della rivoluzione giovanile e che ostenta l’ingenuità dei ragazzi bianchi privilegiati, troppo giovani per aver sperimentato il presunto nirvana controculturale promesso alla fine degli anni Sessanta, ma abbastanza ricchi da perseguirlo tramite viaggi internazionali.
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