Citadel: Diana, lo spin-off spionistico tutto al femminile | Recensione in anteprima

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A poco più di un anno dal lancio del primo capitolo Citadel, con Richard Madden e Priyanka Chopra Jonas, Matilda De Angelis è stata scelta per vestire i panni di Diana Cavalieri, la protagonista dello spin-off italiano Citadel: Diana, disponibile su Amazon Prime Video dal 10 ottobre. Abbiamo visto e recensito i sei episodi in anteprima.

Le donne hanno dimostrato, cinematograficamente e televisivamente, che possono essere incredibili quanto gli uomini nel dimostrare coraggio e abilità in fatto di spionaggio. È il caso di Citadel: Diana, dove al centro della storia c’è un’agente speciale scaltra e fragile, magnetica e vulnerabile; un’eroina d’azione che si muove su più fronti, una spia astuta e credibile nel fare il doppio e triplo e quadruplo gioco tra Citadel, l’organizzazione che l’ha ingaggiata con l’obiettivo di arrivare a un mondo libero, e Manticore, un’agenzia di intelligence super segreta in cui entra sotto il codice identificativo “agente 308”.

Diana (Matilda De Angelis), che porta il nome della dea della mitologia, è forte e indipendente, una testardaggine riconducibile al suo passato in cui c’è un dolore indicibile che le ha cambiato la vita: la morte dei genitori su un volo aereo precipitato tra le Alpi prima di atterrare a Milano. Un evento che le ha dato altre priorità e che non le dà pace, spingendola verso la ricerca ossessiva della verità. Cambia la sua esistenza e mette a rischio la sua stessa vita con le sue azioni che generano una consequenzialità di causa-effetto.

Sebbene sia stata addestrata per “chiudere le emozioni in cassaforte”, Diana non riesce completamente ad estraniarsi dagli eventi che la circondano, una donna divisa tra mente e cuore, razionalità e istinto. Ad aiutarla a diventare una spia è Gabriele (Filippo Nigro), che nota la determinazione e la recluta in Citadel, instaurando con lei un rapporto paterno e di estrema fiducia. Dopo essersi infiltrata in Manticore è determinata nel portare avanti le “missioni impossibili” che le vengono affidate sia da Citadel che da Matincore così da scoprire la verità e poter abbandonare la sua vita da agente segreto.

Citadel: Diana, lo spin-off spionistico tutto al femminile | Recenzione in anteprima

A capo dell’agenzia Manticore Italia c’è la dinastia Zani guidata dal capofamiglia Ettore (Maurizio Lombardi), un uomo algido e senza scrupoli, privo di ogni empatia e pronto a tutto pur di ottenere quello che vuole: il controllo sul mondo. Ma per fare ciò deve scendere a patti con le controparti europee in Francia e Germania che continuano a sanzionare l’Italia ed escluderla dai loro interessi: la costruzione di un’arma letale. Insieme a lui c’è il figlio Edo (Lorenzo Cervasio), il prossimo in linea di successione per prendere il controllo dell’agenzia di intelligence italiana, cresciuto all’ombra ingombrante del padre manipolatore. È ambizioso e ha una visione dell’agenzia meno autoritaria del padre, anche per questo accetta la proposta di alleanza di Diana.  

I 6 episodi di Citadel: Diana sono ambientati nel 2030, in una Milano grigia e cupa, un futuro dispotico e dispotico dove gli esseri umani non sono liberi ma governati dai “più potenti” della Terra. Il carattere internazionale della serie di genere spionistico, con gli intrighi di potere e armi potentissime capaci di scatenare una guerra su scala globale, si sposa alle azioni doppiogiochiste dei personaggi e alla passionalità tutta italiana.

La spy story diretta da Arnaldo Catinari, il quale è stato bravo nel catturare i primi piani dei personaggi con angolazioni precise, è stilisticamente e concettualmente migliore dal primo capitolo con Madden e Chopra. La colonna sonora è intensa e la sceneggiatura è certamente ambiziosa e ha una sua identità. Lo sviluppatore Alessandro Fabbri, che ricopre anche il ruolo di head writer e scrittore dello spettacolo con Ilaria Bernardini, Gianluca Bernardini, Laura Colella e Giordana Mari, ha dato ai fan del genere tutto ciò che serve: una missione super segreta di cui la protagonista non può parlare, il suo partner in crime, il desiderio di tornare a una vita normale, l’ufficio di spionaggio con porte enormi.

Citadel: Diana, lo spin-off spionistico tutto al femminile | Recenzione in anteprima

Le sequenze adrenaliniche, ricche di azione e pathos, sono poche, pochissime per essere un thriller di spionaggio. Anche Milano è poco sfruttata. È vero che non è facile raccontare una città nel futuro, ma è vero anche che non stiamo parlando di un futuro così lontano, d’altronde il 2030 è dietro l’angolo, no? Quello che risalta maggiormente è la scelta dell’acconciatura inusuale della protagonista, un dettaglio che però avrei esplorato e approfondito: cosa rappresenta quel look?; perché lo ha scelto?; è un modo per differenziarsi o mimetizzarsi?. È un peccato, perché questa era una delle tante opportunità che avrebbero portato lo spettatore a immergersi più a fondo nel personaggio.

In generale, Citadel: Diana ha momenti davvero interessanti, questo anche grazie alla grafica high-tech, che mostra quanto siano all’avanguardia le agenzie di spionaggio. Il merito va riconosciuto anche all’interpretazione di Matilda De Angelis, molto brava a calarsi nella parte di supereroina imperfettamente doppiogiochista, la sua fatica – insieme a quella di Maurizio Lombardi – è uno dei punti forti della serie, la cui personalità duale è messa ben in evidenza da una narrazione piena di flashback e in cui è possibile immaginare, più che capire, come la giovane Diana sia diventata quella del 2030, come se fossero due personaggi diversi.  

In definitiva, è interessante notare come Diana si trovi in un posto non adatto a lei, ma che sa gestire e condurre, è la più brava e scaltra delle spie, sebbene ci si trovi per caso. Alle volte però risulta frustrante fare il tifo per lei, perché è impossibile immaginare le sue mosse e prevedere come reagiranno gli altri personaggi in base a ciò che sceglierà di fare. Un approccio non convenzionale, fatti di continui giochi mentali, ma che funziona e lo rende godibile fino alla fine, fino all’ultimo colpo di scena. 

Isabella Insolia
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