In tempi di quarantena dove non si sa quando potremo ricominciare alla quotidianità, numerose istituzioni, musei, fondazioni, cooperative cercano di attivarsi ed offrire al pubblico diversi palliativi.
Per gli appassionati di storia contemporanea, ma anche per i più curiosi, sono qui oggi per offrirvi una chicca: l’archivio del movimento operaio e democratico (A.A.M.O.D).
L’AAMOD ha da tempo deciso di rendere a disposizione gratuitamente migliaia di film sul loro canale YouTube e con schede d’approfondimento sul sito web. Quello dell’archivio è un preziosissimo strumento per ripercorrere una la storia italiana della seconda metà del Novecento.
L’AAMOD nasce nel 1979 come associazione, ed eredita il patrimonio filmico del Partito Comunista Italiano e della Unitelefilm – società di produzione cinematografica legata al Pci. Primo Presidente dell’archivio sarà, Cesare Zavattini, figura fondamentale per il cinema in particolare per il già citato Neorealismo Italiano.
Nel sito web dell’AAMOD vi è una sezione in cui vengono proposte le più importanti battaglie civili, sociali e politiche dei movimenti in Italia.
In un momento in cui le giornate sembrano risucchiarci in un turbine tra monotonia e apatia, è fondamentale fermarsi a riflettere. In molti si sono trovati senza un lavoro dal giorno alla notte, fra attività chiuse e lavoratori autonomi costretti all’inattività – per non parlare di tutte le donne che sono costrette a rimanere a casa, con mariti o compagni violenti.
Per queste ragioni oggi intendo parlarvi di uno dei percorsi dall’AAMOD proposto: le donne, ed, in esso, la gemma della collezione. Essere Donne di Cecilia Mangini.
Tra le lotte più importanti, documentate con inchieste, riprese di manifestazioni durante scioperi e feste della donna nonché interviste, segnaliamo quelle relative alla legge sull’aborto, sul divorzio, per il diritto al lavoro e alla parità, per il diritto alla casa e ai servizi per la famiglia. È possibile, poi, grazie alla visione di tali documenti, ricostruire la storia della condizione femminile in Italia, in quei decenni particolarmente cruciali per la storia della seconda repubblica.
Dalla produzione cinematografica risalente alla rivoluzione culturale, le donne vengono ritratte come combattenti nella storica lotta contro l’oppressione. Grazie all’ingresso e all’attiva partecipazione delle donne in ambiti industriali e politici anche la concezione della stessa nel cinema italiano comincia a mutare. Dal momento in cui le donne sono state così profondamente avvilite nel corso della storia, il loro entrare in gioco nella ricerca di se stesse e del relativo cambiamento sociale può avere un peso enorme.
Tutte le pellicole messe a disposizione dall’AAMOD sono degne di nota, qui deciderò di parlarvi brevemente di quelle che mi sono rimaste più impresse . In Analisi del lavoro il film si apre e chiude con riflessioni di un giovane Gramsci, laddove la musica ha un non comune effetto straniante, un corto circuito tra il visibile e l’udibile. Il suono, dunque, parla al posto di queste donne rappresentate alla catena.
Un’altra pellicola degna di nota è Futuro insieme in cui con particolare arguzia vengono sottolineate le assurdità e gli anacronismi del diritto di famiglia vigente prima del 1974. Desta particolare interesse vedere come il documento viene diviso per temi, ponendo l’accento sulle disparità e le ipocrisie di uno stato che non riconosce la donna come meritevole degli eguali diritti dell’uomo.
E ancora La donna è cambiata l’Italia deve cambiare, un documentario sulle manifestazioni femminili del ’76 in cui viene affrontato il tema attraverso il racconto in prima persona di situazioni reali. Sono infatti genitori e figli a narrare le proprie esperienze individuali combattendo contro quella Democrazia Cristiana che vedeva la donna come una mazza di riserva, e affermando una nuova concezione della società nella quale le donne siano considerate esseri umani a pieno titolo. Rendendo, quindi, ancora oggi, emblematico un titolo come La donna è cambiata l’Italia deve cambiare.
Ho deciso di lasciare per ultima, una chicca di un’attualità straordinaria presente nel percorso AAMOD: Essere Donne (qui visionabile) figlio di una giovane Cecilia Mangini, una delle prime documentariste donne del dopoguerra. La pellicola è un mediometraggio delle donne a lavoro negli anni ‘60. Si tratta, inoltre, di una delle prime indagini cinematografiche sulla condizione femminile in Italia, analizzata nei suoi diversi aspetti: economici, sociali, psicologici, di costume. Il film si apre con una serie di sfavillanti diapositive – coloratissime – per poi accostarsi, poco a poco, ad immagini in bianco e nero. Quei colori così vividi non sono altro che l’immagine di quella società definità dai costumi: un’immagine, quindi, capitalistica, fredda ed edulcorata, piena di contraddizioni che ci portiamo dietro tutt’oggi. Il passaggio da queste smaglianti immagini di modelli femminili imposti dall’industria culturale, alle diapositive di donne a lavoro è drammatico e di forte impatto emotivo:
“donne al telaio, alla catena serrate nel ritmo insostenibile di tempi strettissimi annichilite dalla monotonia di movimento sempre eguali ripetuti migliaia di volte nella fila interminabile delle ore.”[1]
Dalla rassegna stampa del 1965 emerge che il film fu stato escluso dalla programmazione obbligatoria da parte di una commissione del Ministero del Turismo e dello Spettacolo. La programmazione obbligatoria, peraltro, era un meccanismo legislativo che assicurava ai film documentari che avessero necessari requisiti artistici e tecnici una circolazione nelle sale cinematografiche. Il diniego della programmazione obbligatoria a un film le cui qualità culturali, artistiche e tecniche sono indiscutibili si configura quindi come incredibile censura indiretta, dal momento che il visto censura invece era stato rilasciato senza alcun problema. Nel ’64 vinse il premio speciale al Festival Internazionale di Lipsia e l’anno successivo fu presentato ad un festival a Cracovia, ma la pellicola si vide, purtroppo, esclusa nel suo paese d’origine. Non ottenere l’appoggio degli esercenti e neppure il premio di qualità, significava difatti negare una vita sullo schermo al proprio film.
Essere Donne è un ottimo esempio di inchiesta cinematografica che attraverso una serrata analisi mette a fuoco problemi e aspetti della condizione femminile in Italia, quali lo sfruttamento fisico e ideologico a cui il padronato sottopone la donna.
Quello che si evince dalla pellicola è la squallida arretratezza della nostra società e del nostro costume basato su un’imposizione patriarcale persistente nell’individuo del nuovo millennio.
Da quanto emerge dalle critiche giornalistiche il film non è stato escluso per mancanza di requisiti artistici tanto per il legittimo e argomentato tono polemico con il quale il documentario si afferma a dichiarare andando contro a pregiudizi secolari che impediscono alla stessa società di accettare la donna che lavora in tutti i settori anche nell’arte e nella scienza.
Il veto che si esercita nei confronti di Cecilia Mangini e del suo Essere Donne è dunque un veto politico e ideologico. Quello che fa particolarmente riflettere è l’attualità nella quale si può immergere questo documento. Le donne con cui si apre la pellicola potrebbero essere le nostre Belen Rodriguez, o Barbara d’Urso, donne bellissime ma che non danno di certo un buon esempio di emancipazione culturale. Ma ci sono esempi di donne belle quanto loro che danno un ottimo esempio, come Jamelaa Jamil fondatrice del movimento I WEIGH, o Emma Watson, ex cooprotagonista della saga Harry Potter, o ancora la meravigliosa Jane Fonda(leggi qui).
Quello che dovrebbe farci riflettere è l’immagine di bambolina, del sesso debole, di fragilità, che si è andata affermando nel corso della storia. E questo documento dei ruggenti anni sessanta ne è un perfetto esemplare.
Le lotte passate e presenti affrontano soprattutto i temi del lavoro e della parità giuridica e si caratterizzano per la ricerca di nuovi luoghi per le donne, per la conquista degli spazi fino ad allora riservati agli uomini, dal parlamento, alle fabbriche, ai mass media. L’importanza di questi documenti risiede nel fatto che tutto ciò che le donne possono fare oggi come uscire con gli amici, viaggiare da sole, lavorare, ma anche abortire, è dovuto ad anni e anni di lotte per l’affermazione dei pari diritti. Quello che è possibile fare oggi invece, confinati in quattro mura è comprendere come sia possibile il cambiamento, come sia necessario lottare con le unghie e con i denti per non farci strappar via quei diritti per cui tante e tanti si sono dedicati con tanto ardore. Infine, su come sia possibile continuare a cambiare questo mondo costernato ancora di tante ingiustizie e diseguaglianze di genere.
Quello dell’AAMOD è un fondo di inestimabile valore, non solo infatti l’eccezionale qualità artistica, ma per gli stralci di realtà che solo i documentari possono darci.
Martina Trocano
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