Se avete voglia di trascorrere un’ora e mezza adrenalinica e vedere Idris Elba prendere a calci e pugni un leone, allora “Beast” è senza dubbio il film che fa per voi.
“Beast”- La Sinossi del film
In anteprima il 18 settembre e dal 22 in tutte le sale italiane, Beast è il nuovo prodotto degli Universal Studios, diretto da Baltasar Kormákur (Everest, 2015), che vede protagonista Idris Elba nei panni di “Nate Samuels”, un medico statunitense, vedovo e padre di due figlie adolescenti; Nate decide di trascorrere con le figlie una vacanza nel villaggio di Mopani, in Sud Africa, terra natìa della moglie “Mere”. Il viaggio, però, si trasforma in un incubo quando un leone, sopravvissuto all’attacco di un gruppo di bracconieri, cerca vendetta contro ogni essere umano, tra cui, ovviamente, la famiglia Samuels.
Tra Qualità e Difetti
La premessa di base è dunque molto semplice, e non presenta complessità narrative, o tematiche particolarmente elaborate: nonostante ciò, il film vanta alcune qualità che meritano di sicuro una menzione, come non mancano, però, alcuni difetti piuttosto evidenti.
Dopo aver assistito ad una moltitudine di film narranti il solito gruppo di amici bloccati in mezzo all’oceano e, di consueto, attaccati da uno o più squali, Kormakur prende le distanze dalla monotonia di questo genere di storie, cambiandone l’ambientazione, ma mantenendone invariato l’andamento narrativo e la materia filmica chiave, quella del cosiddetto “Man vs Nature”; pertanto, la storia ha luogo sulla terraferma (una vera boccata d’aria fresca!) e il regista identifica nel Re della Savana il fulcro dell’intera sua opera, il feroce intoppo di un tranquillo safari in famiglia: non per questo, però, classifico l’animale come “l’antagonista”, perché (almeno personalmente) i veri antagonisti della pellicola non sono altro che i bracconieri.
Vedere un padre fare l’eroe-protettore della propria famiglia è quasi sempre indice di un generale gradimento tra il pubblico, e qui Idris Elba dà veramente il meglio di sé; alla sua si aggiungono le ottime performance degli attori secondari, perfettamente calati nella parte.
Il dramma di famiglia e il relativo senso di protezione è solo uno dei tanti frammenti di generi cinematografici che si percepiscono durante il corso del film, ma che, purtroppo, non riescono a convergere in un’unica tematica filmica che possa identificare la totalità della narrazione.
Rappresentata attraverso il filtro di una magnifica fotografia che mette in risalto le bellezze naturali del paesaggio africano, l’ambientazione della pellicola non è puramente casuale, e cerca di mettere all’erta il mondo sulla netta distinzione che va fatta tra i vari Zoo, dove le famiglie portano i bambini a vedere animali chiusi in recinti ultra-protetti, e le Terre Selvagge, dove l’animale è in netta prevalenza rispetto all’uomo, e il pericolo può, di conseguenza, essere sempre dietro l’angolo.
Kormákur, d’altra parte, svolge un ottimo lavoro registico: i movimenti di camera sono molto puliti e, soprattutto, in linea con la direzione che intende prendere il film; profondamente ispirato dal Cujo di Lewis Teague (con le dovute differenze del caso), infatti, il cineasta islandese cerca costantemente di mettere tensione nell’animo dello spettatore, in modo particolare nelle sequenze in cui dietro l’inquadratura l’animale sta per sferrare l’attacco.
In Conclusione
Beast, quindi, è una classica pellicola da domenica-in-famiglia che si lascia guardare. Concede momenti di adeguata tensione, offrendo anche alcuni momenti dallo stampo prettamente orrorifico e si pone, senza troppe pretese, come un’ottima chiusura di questa finestra estiva, in vista di quello che, cinematograficamente parlando, si prospetta essere la stagione più ricca e prolifica sin dallo scoppio della pandemia.
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