Diretto da Philip Barantini, al suo secondo lungometraggio dopo Villain (2020), Boiling Point è un film drammatico interpretato, tra gli altri, da Stephen Graham (Snatch, The Irishman, Peaky Blinders), Vinette Robinson (Sherlock), Jason Flamyng (Il curioso caso di Benjamin Button, Lock & Stock), e Lourdes Faberes (No time to die).
Andy (interpretato da Stephen Graham), chef di un prestigioso ristorante di Londra, è alle prese con una serata impegnativa: un controllo sanitario a sorpresa ha appena portato alla luce alcune lacune nel locale. Come se non bastasse, Alastair Skye (Jason Flemyng), chef di fama mondiale e star della TV, nonché amico di vecchia data di Andy, decide di far visita al ristorante dell’amico accompagnato da Sara (Lourdes Faberes), nota critica culinaria famosa per la severità dei giudizi. La presenza di Alastair e Sara metterà Andy sotto forte pressione: in una serata in cui non sono ammessi errori, Andy dovrà riuscire a tenere a bada anche la scontentezza di Carly (Vinette Robinson), il suo braccio destro in cucina.
Senza dubbio, il pregio più notevole di questa bella pellicola risiede nella forma in cui viene proposta allo spettatore – si tratta, infatti, di un unico lunghissimo piano sequenza della durata di circa 1h e mezza, durante la quale la macchina da presa segue gli attori destreggiarsi tra i tavoli del ristorante e tra i fornelli della cucina. La tecnica del piano sequenza è particolarmente apprezzata dai registi per la sua capacità di garantire il massimo del realismo delle scene riprese: se spesso si tratta solo di alcune scene (si pensi ad esempio all’arrivo sulla spiaggia di Dunkirk da parte del protagonista in Atonement di Joe Wright), altre volte si tratta di un segmento sostanziale di un film (si pensi a Climax di Gaspar Noè), o addirittura di film nella loro interezza (più recentemente, si pensi a Sam Mendes nel suo 1917, seppur con più di qualche “trucchetto” per nascondere i numerosi tagli del montaggio).
In Boiling Point, il piano sequenza viene sapientemente utilizzato da Barantini per immergere gli spettatori all’interno delle dinamiche del ristorante e di questa serata così particolare, e l’effetto è quasi teatrale. Dal momento che la macchina da presa segue personaggi sempre diversi, l’effetto per lo spettatore è quello di non aver idea di cosa succederà poi, chi sarà il prossimo protagonista, chi sarà al centro della nostra attenzione: il regista smonta le nostre aspettative e ci gioca, tenendoci letteralmente incollati alla sedia per capire cosa succederà dopo.
Gli attori, in Boiling Point, sono davvero bravi nel tenere alta la tensione della storia e nel reggere la pressione della prova – vedendo il film si percepisce che alcune scene siano state in gran parte improvvisate, ma il risultato non delude mai. Andy è interpretato da uno Stephen Graham decisamente in grande spolvero: nella versione originale del film, Andy utilizza uno spiccato accento gallese che lo rende poco comprensibile non solo allo spettatore (probabilmente poco avvezzo ad una lingua inglese così spigolosa e particolare) ma anche ad alcuni personaggi del film stesso. Questo sembra distaccarlo dagli altri, quasi come se Andy fosse su un gradino diverso. Più in alto o più in basso? La risposta non è scontata. Il personaggio di Andy non è assolutamente manicheo: da qualsiasi angolazione lo si guardi, Andy non risulta mai banale – è capace di azioni moralmente dubbie ma al contempo trasmette un senso di fiducia ed amicizia che i colleghi sembrano apprezzare, soprattutto Carly.
Se da un lato Boiling Point spicca per la prova degli attori e per la loro capacità di intrattenere lo spettatore in molte situazioni differenti, portandolo in ogni angolo del ristorante, quasi fosse legato a loro tramite un filo invisibile tirato in ogni momento da un attore diverso, dall’altro la storia raccontata nel film a volte sembra meno convincente. Alcune dinamiche e rapporti sociali in cui i nostri protagonisti si trovano immersi non sono molto credibili; alcuni personaggi sono un po’ forzati; il finale è decisamente sbrigativo – vorrebbe essere drammatico e risolutivo ma risulta più che altro poco chiaro e plausibile.
Ciò non toglie che Boiling Point sia un film decisamente godibile, offrendo un ampio e affascinante spaccato sulle realtà meno conosciute delle cucine e dei ristoranti. Uno spaccato che probabilmente potrà spaventare un po’ lo spettatore, o magari chi ne ha meno dimestichezza. È un film che ci sentiamo di consigliare caldamente, soprattutto per i suoi singolari aspetti tecnici: non sarà il film dell’anno, ma è sicuramente un film che vi lascerà soddisfatti.
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