In uscita il 4 luglio, Il Principe è la nuova docuserie targata Netflix che ripercorre i tragici eventi accaduti nel 1978 all’ultimo erede al trono di casa Savoia.
Giustizia, storia, potere, privilegio sono i temi centrali che s’intrecciano e sviluppano nell’arco dei tre episodi de Il Principe, documentario diretto da Beatrice Borromeo Casiraghi. Tutto gira attorno alla torbida vicenda che lega Vittorio Emanuele di Savoia, figura alquanto controversa, all’omicidio del diciannovenne tedesco Dirk Hamer. Il racconto parte dagli eventi successi nella tragica notte del 18 agosto 1978 in territorio francese, precisamente all’isola di Cavallo in Corsica, che cambierà la vita al primogenito del re Umberto II di Savoia, l’ultimo sovrano d’Italia esiliato nel 1946 dopo il Referendum a favore della Repubblica, e a molte altre generazioni.
Alcuni ragazzi della “Roma bene”, una top model tedesca e suo fratello e un principe esiliato con la sua famiglia in vacanza; due spari – per alcuni forse tre o quattro o addirittura cinque – e la vita di tutti loro cambiò radicalmente. Una tragedia che spezzò la vita al figlio del medico Ryke Geerd Hamer, famoso per aver elaborato la discussa cura alternativa nota come “metodo Hamer” per trattare il cancro senza l’uso di farmaci. Una teoria tanto acclamata da Eleonora Brigliadori, per intenderci.
In quella notte del ‘78, lo yacht di Vittorio Emanuele di Savoia era ormeggiato vicino al panfilo del facoltoso medico romano Nicky Pende, uno dei testimoni della tragedia. Armato della sua carabina, il principe si recò da Pende a brutto muso, gridando a squarcia gola “Italiani di merda, vi ammazzo tutti!”, come raccontano i testimoni. Nella rissa col medico, il reale sparò alcuni colpi e a farne le spese fu il povero Dirk Hamer rimasto ferito a una gamba mentre dormiva in un’altra imbarcazione. Il ragazzo perse molto sangue e, nonostante i soccorsi e l’amputazione dell’arto, morì dopo quattro mesi dopo una lunga agonia.
Nel corso dei tre episodi, vengono ricostruite tutte le vicende: l’accusa di omicidio volontario, il processo francese, l’assoluzione del 1991 dal fatto, la sola condanna a 6 mesi con la condizionale per porto abusivo d’arma da fuoco. Il tutto raccontato attraverso delle testimonianze dirette, su tutti Vittorio Emanuele di Savoia e Birgit Hamer, top model e attrice tedesca, sorella di Dirk. Anche i Pende sono stati intervistati, così come Giovanni Malagò, presente nel gruppo dei ragazzi in vacanza in Sardegna; un racconto dato anche da Paola Marzotto, l’amica di Birgit, ed Emanuele Filiberto, il figlio del principe.
È colpevole o innocente? Una domanda che si ripercorre continuamente nella mente di chi guarda. Il principe prima si scusa, poi nega tutto; poi il colpo è partito per sbaglio, anzi no, non è stato il suo fucile a sparare ma una terza persona con un’altra pistola. Una vicenda confusa, strana, ma i ragazzi e gli amici di Hamer non hanno dubbi: “È stato il principe”. Mentre la sorella della giovane vittima rincara: c’era la volontà di uccidere, anche se il fratello non era nei suoi piani.
Un caso controverso e irrisolto, nonostante la sentenza del ‘91. Tra i mille dubbi, però, l’episodio che chiarifica tutto accadde nel 2006, quando il principe viene arrestato per l’inchiesta di Vallettopoli – che poi lo vedrà assolto – dove vennero fuori alcuni retroscena. Nel carcere di Potenza, Vittorio Emanuele di Savoia si lasciò andare a una confessione tracotante, screziata di spocchia e superbia, vantandosi di aver raggirato i giudici francesi e ammettendo di aver sparato. Il principe si difese all’epoca, così come lo fa nella docuserie, replicando che quelle frasi furono estrapolate ad arte.
Peccato che a restituirne la realtà dei fatti fu un video – consegnato a Birgit solamente nel 2011 dopo anni di battaglie – nel quale si vede chiaramente il principe mimare il colpo sparato nella notte del 1978. Nonostante il video, per la giustizia francese il caso era chiuso. Tuttavia, è proprio quel filmato a dare una sorta giustizia a Birgit e alle due figlie, restituendone quella verità che la donna aveva sempre saputo, dando loro la forza ed il coraggio di ritornare nel posto dove tutto è cominciato: l’isola di Cavallo.
La vicenda giudiziaria che ha coinvolto Vittorio Emanuele di Savoia è al centro della docuserie Netflix, un true crime completo e articolato. Borromeo, con una regia dinamica, è brava nel fare una disamina accurata sulla giustizia e sul potere, sul diritto all’oblìo e sul privilegio di alcuni soggetti, mostrandoci la cultura e la società degli anni ‘70, quelli della P2 e del rapporto tra il principe e Licio Gelli. Interessante l’idea – arrivata da Clarissa Cappellani, direttrice della fotografia – di girare parte dello spettacolo in pellicola, regalando al lavoro quel sapore vintage e rimanendo fedele alla ricostruzione storica.
La regista ci consegna una fotografia intima e autentica del principe, facendosi aiutare anche dalle immagini di repertorio. C’è il racconto del caso Hamer, ma anche del difficile rapporto del principe con i genitori, della sofferenza nel non poter tornare in Italia, dei dubbi sul referendum del 1946 e della storia d’amore con Marina Doria, mostrando le varie sfaccettature della sua discussa personalità. La linea direttiva di Borromeo è piuttosto oggettiva e non giudicante, né avalla e né assolve nessuna teoria, ma lascia a chi guarda la scelta da che parte stare.
Fin dalle prime battute si ha diffidenza sulla figura del principe, si fa fatica a credere alle sue parole. Chi è davvero Vittorio Emanuele di Savoia? Quello riflessivo e pacato raccontato dalla moglie, oppure quello nervoso che ha sparato contro un gruppo di ragazzi all’isola di Cavallo? Quello avvezzo agli affetti perché la sua vita è stata educata per non manifestare affetto, oppure quello che ha mentito più volte ed è diventato amico di Gelli? Probabilmente un po’ di tutto.
Ciò che è certo è che rimane molto più semplice empatizzare e solidarizzare con Birgit, la quale ha messo tutta sé stessa nel cercare di dare giustizia al fratello. È lei la vera eroina della vicenda, colei che non si è mai arresa, non ha mai gettato la spugna, anche quando tutto le remava contro. Birgit non si è mai piegata al potere, ai soldi – come fece il padre – e alla stanchezza di un caso tanto facile quanto impossibile da accertare.
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